p. Alessandro Cortesi op – Commento al Vangelo di domenica 5 Novembre 2023

✝️ Commento al brano del Vangelo di: ✝ Mt 23,1-12

“Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente… Ma voi non fatevi chiamare rabbì, perché uno solo è vostro maestro e voi siete tutti fratelli”

Filatteri, frange, posti nelle sinagoghe… sono tutti segni relativi a preghiera e culto. Piccoli astucci di cuoio con dentro rotolini di pergamena recanti brani biblici, i filatteri sono da legare a braccia, mani e sul capo. Un segno dell’importanza della Parola di Dio: “Questi precetti che oggi ti do ti stiano fissi nel cuore… te li legherai alla mano come un  segno…” (Dt 6,8-9). Così le frange legate alla veste ricordano i comandamenti del Signore (Num 15,38-40). La sinagoga è poi luogo di preghiera, di ascolto e incontro con la Parola. Propria dei ‘maestri’ (rabbi) è la funzione di insegnare la legge. Se questi segni non svolgono la funzione di ricordo e appello risultano svuotati, restano solo forme vuote di un culto esteriore.

I profeti hanno richiamato insistentemente contro la continua tentazione di dimenticare che la fede in Dio, la preghiera stessa chiede corrispondenza con la vita, non può essere concepita in modo separato dalla concretezza di un impegno, dal coinvolgimento dell’esistenza: “Cessate di fare il male imparate a fare il bene, ricercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova” (Is 1,11,17). Gesù riprende tale critica verso chi è maestro ma vive una religiosità chiusa e indifferente che non si traduce in comportamenti e testimonianza della fede.

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La sua polemica è rivolta a quel modo di essere religiosi in cui grande enfasi ha l’esteriorità, il ruolo pubblico, la dimensione cultuale, la ricerca del successo e del riconoscimento sociale. Chi agisce in tal modo genera steccati, coltiva un senso di superiorità, assume criteri di esclusione e discriminazione. La religione è intesa come motivo di appartenenza, si fa possesso di gruppi che si concepiscono in contrasto con gli altri, genera attitudini di disprezzo verso l’altro identificato come nemico. La tensione all’incontro con Dio – che sempre sfugge ad ogni pretesa di tenerlo nelle proprie mani o nei propri pensieri – si perde e si confonde in progetti umani: le energie si concentrano sulla ricerca del potere, sulla gestione di un dominio.

Gesù chiede ai suoi di vivere in modo alternativo: disponibili a camminare in una conversione mai conclusa, non tranquilli e appagati ma consapevoli di non considerarsi mai ‘maestri e di non farsi chiamare tali. Seguire Gesù non apre a percorsi di carriera, ma fa vivere nella condizione di chi segue, è discepolo, orienta ad intendere la vita come quella di Gesù stesso che si è fatto servo. Ciò porta a rimanere in ascolto di Dio e degli altri, a mantenere il senso della fragilità e della precarietà – in questo senso fratelli e sorelle di tutti – per lasciarsi istruire e guidare dalla Parola che rinvia sempre oltre i gretti confini di certezze date per scontate e di chiusure identitarie.

Si possono svuotare anche i segni che richiamano all’ascolto della Parola di alleanza. L’invito di Gesù è scorgere la gioia del dono del Dio che si fa vicino. Porre la sua presenza al centro, seguire Gesù come unico maestro e guida rende così anche attenti a relativizzare i tanti maestri e le tante guide che pretendono di essere tali, per non affidare la propria esistenza a chi la può esaurire e sfruttare. Gesù indica di cercare la via della vita autentica. Propone il ribaltamento del modo di intendere l’autorità e di pensare le gerarchie. “Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo”.

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Fonte: il sito di don Alessandro Cortesi


p. Alessandro Cortesi op

Sono un frate domenicano. Docente di teologia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘santa Caterina da Siena’ a Firenze. Direttore del Centro Espaces ‘Giorgio La Pira’ a Pistoia.
Socio fondatore Fondazione La Pira – Firenze.

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