Il cammino di Abramo inizia con una chiamata ad uscire, ad andare… Abramo accoglie una voce che è parola di Dio sulla sua vita: lo invita ad abbandonare una situazione conosciuta, le sue sicurezze, per aprirsi ad una novità, per intraprendere un cammino verso un futuro nascosto nelle mani del Dio della promessa: ‘va’, lascia…’. E’ cammino verso una terra da cercare, ma è anche cammino verso se stesso: ‘Esci, vai verso te stesso…’
La parola di Dio spinge Abramo ad uscire: è un cammino che lo coinvolge nella solitudine ma anche lo apre ad un futuro nuovo: la sua vita non sarà da isolato, ma dovrà allargarsi alla relazione con altri, spostando i confini della propria famiglia ad uno sguardo a tutte le famiglie della terra. La promessa lo apre di diventare benedizione per tutte le famiglie della terra: ‘farò di te un grande popolo e ti benedirò… in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra’.
Abramo è chiamato a superare lo scandalo dell’attesa e della non evidenza, il dubbio e la prova. E’ fatica non solo di un momento, ma di un lungo viaggio che prende la sua esistenza: è chiamato a ricordare la benedizione e la promessa di Dio nonostante le contraddizioni. Il suo cammino è quello di ogni credente per divenire benedizione per gli altri.
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Il racconto della trasfigurazione è passaggio decisivo nel cammino di Gesù. Matteo lo colloca a metà del racconto dopo l’annuncio della passione e l’invito a seguirlo: Gesù sta camminando verso Gerusalemme. La via che con decisione ha preso è quella che lo condurrà ad affrontare l’ostilità e la morte. Ma sul monte il suo volto è quello del risorto: le sue vesti divengono splendenti. Con il linguaggio proprio dell’apocalittica Gesù è presentato con il volto luminoso (Dan 10,6). E’ accompagnato da Mosè ed Elia che dicono il riferimento al cammino d’Israele nel Primo Testamento ma anche l’arrivo degli ultimi tempi perché Elia rapito in cielo era atteso (2Re 2,11). Il monte, lo splendore, la nube, la voce sono tutti elementi che richiamano il cammino del Sinai e la presenza di Dio nella tenda (Es 40,34-38). Tenda e dimora in cui si rende vicina la luce della presenza di Dio è il volto di Gesù che cammina davanti ai suoi discepoli. Pietro si rivolge a Gesù chiamandolo ‘Signore’. E’ il titolo del risorto. Il suo riferimento alle tende rinvia alla festa delle tende o capanne, festa di attesa messianica. Pietro dice i suo desiderio fermarsi: ormai i tempi del messia sono presenti (2Pt1,16-18).
Nel racconto si delinea un messaggio sull’identità di Gesù: sulle acque del lago i discepoli lo avevano riconosciuto come ‘messia’: ‘tu sei veramente il figlio di Dio’ (Mt 14,33), e così Pietro aveva presentato una professione di fede (Mt 16,16). Al momento del battesimo la voce dall’alto aveva indicato la sua identità in rapporto al Padre (Mt 3,17; cfr. Gv 12,27-28).
L’evento di luce sul monte apre i discepoli a scorgere una profondità nascosta dell’esistenza del loro maestro. Il volto sfigurato di colui che affronta la sofferenza e la croce è il medesimo volto del risorto: la sua risurrezione è vittoria del male e della morte ed acquista il suo senso profondo dalla via del dono e del servizio. Gesù incontra fallimento e rifiuto da parte degli uomini che cercano una religione della affermazione, della sicurezza e del potere, ma verrà confermato da Dio nel suo essere il vivente.
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Il testo suggerisce anche una risposta alla domanda ‘chi è il discepolo?’: è chiamato a seguire Gesù per la via da lui percorsa. In questa via vi sono momenti di gioia in cui si fa presente il desiderio di fermarsi: ‘è bello per noi stare qui’. Ma il cammino del discepolo deve seguire Gesù. L’ultimo invito è un rinvio alla sua parola: ‘Ascoltatelo’: l’ascolto della Parola di Dio e l’ascolto di Gesù sono via aperta verso l’incontro con il Padre.
Fonte: il sito di don Alessandro Cortesi
p. Alessandro Cortesi op
Sono un frate domenicano. Docente di teologia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘santa Caterina da Siena’ a Firenze. Direttore del Centro Espaces ‘Giorgio La Pira’ a Pistoia.
Socio fondatore Fondazione La Pira – Firenze.