Sono un frate domenicano. Docente di teologia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘santa Caterina da Siena’ a Firenze. Direttore del Centro Espaces ‘Giorgio La Pira’ a Pistoia.
Socio fondatore Fondazione La Pira – Firenze.
“Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, faccio una cosa nuova, proprio ora germoglia e non ve ne accorgete?”
Il messaggio del profeta suggerisce di guardare ad un’opera di Dio come germoglio che apre a vita nuova in un tempo di violenza e desolazione. Nel tempo dell’esilio il profeta indica una novità di piccoli germogli, come nel deserto questi segnano la gioia della vita che contrasta e vince l’aridità che sta attorno.
Il profeta annuncia una realtà nuova che porta a lasciarsi alle spalle la tragica esperienza dell’esilio. Invita a non lasciarsi imprigionare da cose passate, il ricordo della sofferenza, la distruzione di Gerusalemme, la devastazione del tempio, la deportazione verso i campi di Babilonia. E’ annuncio di un nuovo esodo, cammino che rinnova l’esperienza di incontro con Dio vivente e liberatore, il passaggio da un’esperienza di morte e oppressione ad una vita e speranza nuove.
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La pagina del vangelo, considerata da molti come non appartenente al IV vangelo ma inserita come parte aggiunta, testimonia un aspetto dell’agire di Gesù e del suo sguardo verso chi è tenuto ai margini e condannato.
La vicenda è quella di una donna portata in mezzo perché sorpresa in adulterio. E’ portata lei sola, donna, e posta nella condizione di chi non ha alcuna difesa e sottoposto alla condanna. La sua identità è anonima, calpestata dal giudizio implacabile di maschi ipocriti: uomini che intendono di lapidarla ergendosi a detentori della moralità e giudici della vita altrui. Gli accusatori si rivolgono a Gesù con l’intendimento di presentargli un tranello e trovare motivo di accusa anche nei suoi confronti: lo interrogano infatti sulla questione se questa donna deve essere messa morte. Se egli prendeva posizione sulla liceità o meno della lapidazione si sarebbe posto in contrasto con un sistema giuridico, quello ebraico da un lato – perché essi leggevano nella legge di Mosé la prescrizione di lapidare – o con quello romano, perché solamente ai romani spettava il diritto di condanna a morte.
Gesù non accetta questa provocazione e sceglie il silenzio. E’ tuttavia un silenzio pesante e che reca con sè una provocazione. E’ una reazione alla violenza non nei termini della violenza, ma nella nonviolenza attiva. Inizia scrivere con il dito per terra: è un atteggiamento enigmatico che cela forse un riferimento alla voce dei profeti: ‘Sulla terra verrà scritto chi ti abbandona, perché hai abbandonato il Signore sorgente di acqua viva’ (Ger 17,13). C’è un adulterio profondo molto più grave di ogni mancanza di fedeltà umana, ed è abbandonare il Signore, scegliere le vie del potere religioso, del dominio e della violenza sugli altri al posto della fedeltà al Dio che vuole la liberazione dei suoi figli. Di fronte all’insistenza di chi voleva una sua presa di posizione Gesù non risponde alla loro questione ma ha parole che svelano l’ipocrisia: ‘Chi di voi è senza peccato scagli per primo la pietra contro di lei’. Queste parole racchiudono una critica radicale nei confronti di chi si atteggia a giudice implacabile degli altri. “chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani”.
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Il lento, silenzioso e progressivo andarsene di tutti i presenti, a cominciare dai più anziani, è momento sorprendente del racconto: questi uomini tronfi del loro potere sono smascherati nel loro preteso rigore che nasconde il grande peccato di tradire la fede d’Israele. Il distaccarsi ‘uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi’, è una presa di congedo che lascia spazio solo al silenzio, in contrasto con l’agitarsi delle accuse e la violenza delle parola di accusa. La forza del silenzio di Gesù manifesta la sua opposizione nonviolenta alla violenza in atto, che addossava su quella donna una colpa per affermare un potere religioso e maschile.
‘Rimase solo Gesù con la donna là nel mezzo’: nel mezzo è indicazione non tanto della centralità di uno spazio, ma simbolo di un essere di Gesù nel mezzo della sua vita, nel profondo del suo cuore. La sua parola non condanna, è altra rispetto a tutto ciò che rinchiude la vita e la schiaccia. Fa rinascere ed apre una novità: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».
Dopo che tutti se ne furono andati Gesù rivolge alla donna un unico invito che è rivolto al futuro. Se c’è peccato è qualcosa che appartiene al passato: ‘d’ora in poi non peccare più!’. Queste parole recano con lor il, messaggio che il peccato è condizione che tutti coinvolge. Per questo è relativizzato di fronte alla possibilità di un superamento ed alla novità offerta da Dio liberatore. Se da un lato c’è il peccato quale esperienza che segna il cammino umano è più forte il dono di speranza e di apertura ad un futuro nuovo che viene dallo sguardo di Dio. Gesù rende possibile questo nel suo stare lì davanti alla donna, nell’offrirle la sua presenza e il suo sguardo di bene: le apre possibilità di un futuro che è già cominciato.