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p. Alessandro Cortesi op – Commento al Vangelo di domenica 28 Gennaio 2024

Commento al brano del Vangelo di: Mc 1, 21-28

“Il Signore disse: Io susciterò loro un profeta e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò” (Dt 18,16)

Non un ‘lettore del futuro’, non un mago che risponde a domande relative ad una vita già predeterminata nelle linee delle mani o delle carte. Profeta è invece uomo, donna della Parola. La sua condizione è ben distante dalla illusoria conoscenza dei venditori di certezze. E’ invece la precarietà e la fragilità di chi ha accolto l’invito di una chiamata ed imposta la vita sull’ascolto della parola di Dio.

La sua parola richiama così ad una fedeltà a Dio che passa attraverso relazioni nuove di giustizia, di cura per gli altri. Il richiamo alla parola di Dio si accompagnerà con lo scontro con ogni istituzione che chiude la parola in un sistema in un possesso di una classe clericale o di una élite di sapienti o schiaccia le vite impedendo parole di bene. Le voci dei profeti si alzeranno soprattutto per richiamare il disegno di pace di Dio contro l’ingiustizia, la prevaricazione e la guerra.

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Marco nel suo vangelo presenta Gesù come ‘uomo della parola’. Egli infatti insegna ed il suo insegnare è parola che fa trasparire la direzione della sua esistenza. Coinvolge chi lo ascolta perché proveniente da un’esperienza di libertà interiore “non come gli scribi”. Nel giorno di sabato, giorno della memoria del riposo di Dio e del dono della legge, al centro della sinagoga Gesù insegna nella sinagoga, luogo della comunità e luogo della Parola. E’ il suo un insegnamento pacato, non gridato, parola capace di incontrare le attese e le sofferenze di chi ascoltava e sapeva essere benedizione, apertura alla speranza.

Marco sottolinea il contrapporsi di questo insegnamento di Gesù – maestro che non s’impone ma attrae e coinvolge – con il grido di un uomo dominato da uno spirito immondo –. Lì, al centro del luogo religioso, della sinagoga -: “si mise a gridare: ‘che c’entri con noi Gesù nazareno? Io so chi tu sei: il santo di Dio!’. E Gesù lo sgridò: ‘Taci, esci da quell’uomo’. E lo spirito immondo, straziandolo e gridando forte, uscì da lui.”

Gesù impone di tacere ad una voce che grida la sua identità in modo prepotente. Invita al silenzio: ‘Ammutolisci ed esci da lui’. La forza del male è presentata in contrasto con la Parola. Con la sua parola Gesù porta liberazione. Il suo insegnare diviene gesto di liberazione e apre il passaggio dal grido all’ascolto. Non una parola che rende schiavi e domina facendo morire, ma un parola che apre la possibilità di vivere.

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Con la sua parola Gesù restituisce quell’uomo a se stesso, attua una liberazione che è permettere che la persona sia se stessa, non sdoppiata o dominata. Marco delinea in Gesù il modello di un educatore che lascia spazio alla crescita, alla vita di ognuno.

La parola di Gesù richiama il profeta annunciato nel Deuteronomio: “All’udire queste parole, alcuni fra la gente dicevano: ‘Questi è davvero il profeta’ (Gv 7,40; cfr. Gv 6,14). Non si tratta di una ‘dottrina’, piuttosto di  una parola capace di toccare la vita e di accoglierla e prendersi cura.

Il dono di essere profeti nel popolo di Dio è dono di ascolto di questa parola che può coinvolgere e trasformare la nostra esistenza.

Per gentile concessione di p. Alessandro – dal suo blog.


p. Alessandro Cortesi op

Sono un frate domenicano. Docente di teologia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘santa Caterina da Siena’ a Firenze. Direttore del Centro Espaces ‘Giorgio La Pira’ a Pistoia.
Socio fondatore Fondazione La Pira – Firenze.

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