“Venite benedetti dal Padre mio prendete possesso del regno preparato per voi sin dall’origine del mondo…” La grande scena del giudizio del Figlio dell’uomo conclude il capitolo 25 di Matteo centrato sui temi del ritorno del Signore, dell’attesa, della responsabilità e della vigilanza.
“Quando il Figlio dell’uomo verrà…”. Tutta la storia umana e il cammino dei popoli – Matteo usa un termine per indicare tutte le genti – sono indirizzati ad un incontro che vede al centro un ‘venire’… verrà. Questa pagina del vangelo, posta prima della narrazione della passione e morte, conduce a scorgere la fine della storia: l’incontro con Gesù come Figlio dell’uomo. Figlio dell’uomo è titolo ripreso dal libro di Daniele (cap. 7).
In Daniele indica una figura che proviene dal cielo e alla fine dei tempi compie un giudizio sulla storia mostrando come l’ultima parola non è quella dei dominatori ma la parola di Dio stesso. Il Figlio dell’uomo da Matteo è identificato in modo paradossale con Gesù che vive la passione (Mt 26-27). Proprio davanti al sommo sacerdote Gesù riprende l’annuncio del libro di Daniele: “d’ora innanzi vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza e venire sulle nubi del cielo“.
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Il regno che il Figlio dell’uomo rappresenta è di tipo diverso dai domini della potenza umana: è un regno che ha come criterio la parola della croce. Gesù è quindi il re con tratti paradossali L’intera pagina è da leggere ponendo attenzione alla prima parte che assume risalto proprio per il contrasto con la seconda parte: ‘venite benedetti del Padre mio, prendete possesso del regno preparato per voi sin dall’origine del mondo’. La fine della storia appare indicata nei termini di una grande accoglienza, e sarà una parola definitiva di comunione: ‘Venite’.
La scena presenta l’accoglienza di tutti coloro che hanno dato attenzione concreta all’altro, anche senza adesione esplicita a Gesù. Indica quindi che un giudizio si sta compiendo nelle scelte quotidiane nel modo di intendere e vivere il rapporto con gli altri. Nell’incontro con gli assetati, i senza dimora, i rifugiati, i poveri senza mezzi di sostentamento, i malati, i carcerati si compie un incontro con Gesù stesso. La domanda al re colma di stupore rivela il messaggio centrale di questa scena: “Quando ti vedemmo affamato e ti demmo da mangiare o assetato e ti demmo da bere? Quando ti vedemmo pellegrino e ti ospitammo, nudo e ti coprimmo? Quando ti vedemmo infermo o in carcere e venimmo a trovarti?”
Il regno di Gesù non è costruzione di potere mondano, non è un progetto politico di dominio, non si identifica con alcun sistema religioso che pretende affermazione e privilegi. Il regno si attua nella condivisione con la vita dei poveri: ed in questa apertura all’altro nella sua povertà è già incontro con Dio che desidera la vita e la liberazione dei suoi figli, di tutti. Il regno si sta attuando laddove percorsi di giustizia, di custodia, di accoglienza, di pace sono aperti. Il regno sarà infine un dono quando sarà rivelato il senso profondo della nostra vita.
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Questa pagina presenta una provocazione alla comunità a non pretendere di rinchiudere la presenza di Gesù entro i limiti di un riconoscimento esplicito di lui. La comunità di Gesù ha come suo fine il lasciare spazio alla crescita del regno. In essa si rende presente la chiamata ad intendere la vita al servizio del regno. Nelle parole del re che siede e chiama ‘venite’ si un annuncio decisivo: l’incontro con lui avviene nell’incontro con il volto del povero. D’ora in poi egli si identifica con i più piccoli: e così richiama all’incontro con i volti di chi soffre.
La scena del re e del giudizio manifesta come il giudizio va considerato non in un futuro mitico, ma nella quotidianità della nostra vita: nel presente e nelle scelte concrete di rapporto agli altri possiamo vivere la compassione oppure possiamo vivere l’indifferenza e l’allontanamento. In questo incontro si sta attuando un giudizio: se incontrare Cristo o allontanarsi da Lui. Gesù ci raggiunge e viene nei volti dei poveri con cui Lui si è reso solidale fino alla fine.
Per gentile concessione di p. Alessandro – dal suo blog.
p. Alessandro Cortesi op
Sono un frate domenicano. Docente di teologia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘santa Caterina da Siena’ a Firenze. Direttore del Centro Espaces ‘Giorgio La Pira’ a Pistoia.
Socio fondatore Fondazione La Pira – Firenze.