E’ domenica della Parola di Dio. E la prima lettura presenta una assemblea in cui risuona la Parola come chiamata ad essere insieme, ad essere una comunità che trova orientamento nell’ascolto e accoglie un dono di presenza, di Dio vicino che si comunica nel libro letto quale testimonianza di una storia di alleanza per un cammino da vivere insieme lasciandosi cambiare e commuovere.
Nella pagina del vangelo è riportato il paragrafo iniziale dello scritto di Luca, che segue le regole delle introduzioni dei libri di storia del tempo. Si rivolge ad un certo ‘Teofilo’, nome che significa amante di Dio. Forse è un destinatario preciso o forse dietro questo nome si nasconde il volto di ogni cercatore, cercatrice, di un orizzonte pieno, bello della vita. Capace della spinta di amore che fa uscire e capace di stare in attesa verso una luce.
E per Luca ciò che deve stare al centro è quello che Gesù ha detto e ha compiuto nei suoi gesti e scelte nel suo stile di vita, la sua storia. In questa storia, che è stroai dei margini, storia piccola e insignificante nel quadro di un mondo dominato dall’impero romano e dalle vicende di una terra di periferia, si è compiuto qualcosa si nuovo, il farsi vicino di Dio, la presenza di una parola che cambia la vita: “gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi”, letteralmente ‘quanto è giunto a compimento’, è la storia di Gesù.
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Nella sua vita – che Luca racconta a partire dalla sua nascita di bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia – si è compiuto qualcosa di grande e particolare che ha trasformato coloro che lo hanno seguito e diviene una catena di testimonianza. Da qui sorge la ricerca di Luca attento alla storia, da qui sorge ogni percorso che rimette al centro Gesù: non il Dio dei filosofi, ma il Dio raccontato nei gesti e nelle parole del profeta di Nazareth, il segreto della sua esistenza, il respiro del suo cammino.
Gesù viene poi presentato nel suo primo recarsi a predicare nella sinagoga di Nazareth. La sinagoga è il luogo di ascolto delle Scritture in cui si accoglie la comunicazione di un Dio che parla e si dona in un rapporto di alleanza. Poteva scegliere un brano e tra tanti altri sceglie un passo del profeta Isaia. Gesù riprende nella sua vita linguaggio e messaggio dei profeti. Non solo questa scelta dà a pensare ma anche la sua lettura non è pedissequa e neutrale.
Interpreta infatti quel testo, elimina ogni ambiguo riferimento al Dio dell’ira e della collera, e prende le parole che evocano la presenza di liberazione, di un tempo nuovo: “mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione, e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore”. ‘Mi ha mandato’: tutta sua vita è invio, missione: la sua vita sorge da una radice di comunione e di incontro.
Al cuore del suo cammino è la presenza di un Dio Abbà che ha a cuore la liberazione, che con-soffre con le sofferenze e inquietudini di ogni vittima e di ogni sofferente. In un mondo, davanti a persone imprigionate, cieche, private della libertà e oppresse, i poveri e i tenuti ai margini, la passione di Dio è offrire aperture di gioia: dare una bella notizia. E questa bella notizia è per chi è tenuto fuori e ferito. Gesù intende la sua vita quale ascolto radicale di questa Parola. E’ parola che narra di dono, di liberazione, di nuova possibilità di vedere, di cammini di libertà. E’ Parola che apre ad una spiritualità della gioia e fa cogliere la presenza di Dio nei luoghi della vita. Lo sguardo di Gesù va alle sofferenze delle persone e annuncia una liberazione che si fa vicina come dono. E’ Parola che cambia la vita. Gesù stesso testimonia questa parola.
“Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio”. Ci sono delle parole nella vita che la possono cambiare, nel male e nel bene. Una parola di disprezzo, di esclusione, un giudizio discriminatorio o un’offesa che va al cuore e fa male, sono ferite che rimangono, intristiscono, rendono la vita incurvata nella paura e nell’insicurezza. Ci sono altre parole che nella vita spalancano orizzonti inediti: sono le parole sussurrate dell’amore, sono le parole silenziose di chi ascolta e accompagna sofferenze, sono anche le parole che infondono coraggio e aiutano a scoprire preziosità nascoste da condividere con gli altri, sono le parole che indicano orizzonti di impegno e di passione che guidano l’intera esistenza.
Gesù nella sua vita è parola: avverte la forza dello Spirito che lo copre come una unzione e lo spinge ad andare. E scopre di essere inviato a portare ai poveri la bella notizia di una liberazione sin da ora possibile. «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». ‘Oggi’ è una parola cara al vangelo di Luca. E’ un oggi che dice la visita di Dio, la sua vicinanza nelle parole e nei gesti di Gesù. Nell’oggi di questa visita passano le parole che danno speranza ed aprono l’esistenza. E in quest’oggi si fa strada il vangelo come bella notizia per chi fa fatica ed è incurvato, per chi non vede ed è chiamato ad una nuova luce, per chi è imprigionato a vivere da libero. Bella notizia in un oggi che diviene il nostro oggi. Quel piccolo frammento di storia in cui possiamo accogliere parole buone e farsene testimoni, per altri, per un cammino insieme.
Per gentile concessione di p. Alessandro – dal suo blog.
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p. Alessandro Cortesi op
Sono un frate domenicano. Docente di teologia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘santa Caterina da Siena’ a Firenze. Direttore del Centro Espaces ‘Giorgio La Pira’ a Pistoia.
Socio fondatore Fondazione La Pira – Firenze.