“Il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita…” L’inizio della Quaresima ci riporta a quel principio che è orizzonte della riflessione di quei primi capitoli di Genesi (in principio). Sono testi sorti in un tempo di esilio e di interrogazione. Non riguardano un passato lontano ma sono interrogazione con lo sguardo rivolto ad un futuro da compiere ed al cammino drammatico dell’esistenza da percorrere.
Usando gli elementi del mito che accomuna Israele ai popoli vicini i sapienti d’Israele ripensano a grandi domande. Quale il senso del cammino di una umanità parte del mondo, consapevole della, bellezza della vita ma anche del dramma del male. Quale posto ha la diversità? Quale il senso del male? Da dove la frattura che divide i cuori, che rende difficile la comunicazione, che genera violenza, che ostacola un rapporto di pace con gli altri, con la natura e con Dio? A queste domande cercando di dare risposta con un racconto.
L’uomo, o meglio ‘il terreno’, è parte della terra da cui viene. La metafora di un Dio artigiano che modella l’essere umano come un vasaio e lavora la creta con l’acqua è rinvio ad una relazione fondante: è relazione con una presenza che tiene tra le mani, Dio stesso, ma anche con la realtà della terra nella sua diversità. Adam è tratto da adamah e porta nella sua vita la pesantezza della terra, la condizione di polvere e di fango. Ma anche e insieme reca in sé un soffio, un respiro di vita. E’ soffio che comunica e lega insieme: è soffio della vita stessa di quell’artigiano che ha modellato ‘il terreno’ e lo pone nel giardino, nel luogo delle diversità e delle interrelazioni per vivere relazioni per aprirsi al diverso e per essere custode e coltivatore. Custodire e coltivare non solo nel dare un nome, ma nel prendersi cura di relazioni diverse, con Dio, con l’altro che sta di fronte e con il mondo nella varietà dei suoi elementi. Non quindi una favolosa creazione delle origini, ma un affresco su una chiamata ancora tutta da compiere.
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E’ meditazione sul cammino dell’esistenza, l’appello a vincere quel male che è rottura, inganno, vergogna di essere nudi nell’accogliere la presenza dei due alberi, l’albero della vita e l’albero della conoscenza del bene e del male. Senza pretesa di possederli, e aprendosi ad un dono da accogliere ma di cui anche essere responsabili di fronte a… e a servizio di…
Paolo rileggendo l’esperienza che ha cambiato la sua vita scorge in Cristo il volto dell’Adamo che è altro Adamo. Non l’Adamo, il terreno che si è posto nella rottura, nel non ascolto, nella logica di una grandezza propria contro l’altro, ma l’altro Adamo, l’Adamo tratto dalla terra che vive la grazia del primo dono. E poi Paolo approfondirà tale pensiero: e vedrà in Gesù, risorto l’ultimo Adamo, l’orizzonte ultimo di tutti i terreni chiamati a partecipare a lui primizia di ogni vita che ha superato la frattura e il buio della morte.
Così anche Matteo nel racconto delle prove di Gesù nel deserto delinea un profilo di Gesù che non si erge come eroe, ma resiste e rifiuta una identità di potenza e di violenza rimanendo fermo su una strada diversa e alternativa. Uscendo dal racconto favolistico le tentazioni raffigurano la grande prova che Gesù ha attraversato continuamente nel suo cammino. Resiste a chi lo voleva esecutore di miracoli e rinvia al pane della parola di Dio “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”. Resiste a chi lo voleva manifestazione eclatante del religioso “Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù”. Resiste a chi lo voleva allineato alla logica dell’impero e della grandezza dei potentati del mondo: “gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò…”
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Gesù si sottrae a tutte queste proposte che sono quelle del divisore, figura di ogni forza e proposta che fa entrare nella logica dell’affermazione di potere, della guerra al nemico, della volontà di potenza. I quaranta giorni di questo tempo che prepara alla Pasqua sono un cammino in cui entrare nella via tracciata da Gesù per scoprire un volto profondo dell’Adamo, tratto dalla terra di cui scoprirsi parte.
Fonte: il sito di don Alessandro Cortesi
p. Alessandro Cortesi op
Sono un frate domenicano. Docente di teologia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘santa Caterina da Siena’ a Firenze. Direttore del Centro Espaces ‘Giorgio La Pira’ a Pistoia.
Socio fondatore Fondazione La Pira – Firenze.