p. Alessandro Cortesi op – Commento al Vangelo di domenica 25 Settembre 2022

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Un ricco, senza nome, e un povero, Lazzaro  (‘El azar’ significa ‘Dio aiuta’) sono posti uno di fronte all’altro nella parabola di Luca. La parabola richiama ad aprire gli occhi e lasciarsi toccare dalla sofferenza dei poveri. E’ anche proposta a praticare uno stile di vita in ascolto della Parola di Dio: essere discepoli di Gesù richiede di liberarsi dalla ricchezza come dominio e dal senso di autosufficienza che essa porta nella vita. Se la ricchezza non è condivisa diventa fonte di ingiustizia e indurisce il cuore.

All’inizio della parabola due quadri sono posti in parallelo: da un lato la vita del ricco spensierato e gaudente, nel lusso e nei piaceri. Alla porta di quella casa, fuori, sta un povero, Lazzaro accerchiato dai cani randagi. Il momento della morte porta ad un rovesciamento della situazione: Lazzaro è portato dagli angeli accanto ad Abramo mentre il ricco è immerso nei tormenti.

La parabola non intende essere un insegnamento su ciò che vi sarà dopo la morte e su questo riprende motivi dell’immaginario ebraico sull’aldilà: il seno di Abramo e una situazione di sofferenza e pena. Nel contrapporre la diversa situazione di Lazzaro e del ricco è forte il  richiamo rivolto a coloro he ascoltano ad interrogarsi sulla responsabilità nella loro vita, ad essere vigilanti nel presente.

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Gesù non condanna la ricchezza di per sé e il suo agire è orientato ad eliminare le condizioni di povertà e miseria. Ma ha parole dure contro la spensieratezza e l’indifferenza di chi non si apre alla sofferenza degli altri e non vive la condivisione. L’autentica felicità non proviene dall’accumulo dei beni, anzi questo genera ricchezza disonesta. Gesù propone di cercare relazioni nuove di cura, di accoglienza, con gli altri, con Dio: i beni vanno usati quale strumento per rapporti nuovi di giustizia, di bene condiviso. Non si deve essere preoccupati dell’accumulo diventando così stolti (cfr. Lc.12,20) e ciechi di fronte all’indigenza e alla fatica di chi soffre. La presunzione e la superficialità del ricco sono considerati da Luca come un ostacolo insormontabile a comprendere la via che Gesù indica ai suoi. Luca indica la via della povertà quale scelta per seguire Gesù.

La parabola continua in una seconda parte in cui vi è un dialogo. Il ricco tra i tormenti chiede ad Abramo di poter avvisare i suoi fratelli, perché non abbiano a subire la medesima sorte e Abramo risponde: “Hanno Mosè e i profeti: li ascoltino… Se non ascoltano Mosè e i profeti, anche se uno risuscitasse dai morti non si lascerebbero convincere”.

Sta qui il vertice dell’intera parabola: Mosè e i profeti indicano le Scritture. Abramo richiama ad un ascolto della Scrittura nella quotidianità e uscendo dalla mentalità del miracolo. Non è questione di miracoli sorprendenti e di invii celesti: c’è un ascolto della volontà di salvezza di Dio per tutti, della sua chiamata ad essere fratelli e sorelle, da attuare nel quotidiano. Solo l’ascolto della Parola di Dio conduce a superare l’insensibilità e la chiusura generata dalle ricchezze. La vita così può cambiare. La parabola non va intesa come espressione di un volto di Dio che condanna e punisce ma è parola aperta, provocazione ad aprire gli occhi superando indifferenza e distrazione verso chi soffre ed è talvolta vicino ma tenuto lontano, fuori della porta. E’ sfida alla responsabilità, a scoprire l’urgenza di agire con scelte di condivisione e solidarietà. 

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Fonte: il sito di don Alessandro Cortesi


p. Alessandro Cortesi op

Sono un frate domenicano. Docente di teologia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘santa Caterina da Siena’ a Firenze. Direttore del Centro Espaces ‘Giorgio La Pira’ a Pistoia.
Socio fondatore Fondazione La Pira – Firenze.