p. Alessandro Cortesi op – Commento al Vangelo di domenica 24 Luglio 2022

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Luca è un vangelo attento alla preghiera: la preghiera di Gesù ritratto mentre si ritira in luoghi solitari, la preghiera dei discepoli, la preghiera di chi si rivolge a Gesù aprendo il suo cuore in atto di affidamento. Ad un certo punto Gesù è spinto dai suoi a dire loro qualcosa sul pregare ‘come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli’. Colpisce che tale richiesta avvenga mentre Gesù ‘si trovava in un luogo a pregare’. La cosa che fa pensare è che Gesù non insegnava con discorsi teorici o elaborando dottrine. La sua pratica pone interrogativo e uscita la domanda. E’ una indicazione preziosa questa. Non solo del fatto che Gesù pone il primato dell’esempio e del suo personale coinvolgimento su ogni forma di trasmissione teorica. Ma anche è significativa del silenzio di Gesù: un silenzio che non chiude in definizioni, in metodi, in formule l’esperienza della preghiera ma la lascia indefinita e aperta. Come la fede anche la preghiera è intrasmissibile e si scontra con l’esigenza di farsi trasmettere o di trasmettere proprio l’intrasmissibile. E questo cozza contro la mentalità di chi pensa che siano i programmi di diffusione, di indottrinamento, di spiegazione a dover assorbire tutte le energie e gli sforzi. Quasi che il grande tema della testimonianza e del coinvolgimento personale possa essere sostituito dalle questioni organizzative o dall’apprendimento di metodi.

Gesù accompagna a scorgere che la preghiera non è una questione di metodi o di scuole di spiritualità, nemmeno qualcosa che si insegna e s’impara. Piuttosto è sinonimo di incontro e di relazione. E per questo libero, originale, imprevedibile e difficilmente sottoponibile a regole come ogni incontro e relazione. Apprendere ad incontrare non è questione di lezioni teoriche o di metodo. Ogni regola è insufficiente, ogni fissazione di modelli rischia sempre di essere un tradimento di quell’incontro sempre nuovo e diverso, per ogni persona, per ogni comunità, per ogni epoca. Sta in questo la fragilità ma nel contempo la bellezza delle poche parole che Gesù lascia ai suoi, dicendo “non sprecate parole…”. La preghiera non è da intendere come un’opera ma come spazio per rendersi disponibili ad un dono, non un fare ma un lasciarsi fare, non un dire ma un lasciar spazio al respiro e al grido. ‘Abba’ Padre. Così le parole del Padre nostro si accentrano tutte su quell’invocazione che apre ad una cosicenza di comunione e di essere immersi nell’amore. E’ balbettio di bambini, apertura ad un Dio che prende in braccio le sue creature, che ha cura e sa ciò di cui abbiamo bisogno, quando e come. E’ l’esperienza insondabile di Gesù, l’esperienza del Padre come Abbà che si comunica a noi e rende partecipi dell’essere in Lui e del suo essere in noi. Paolo dirà: ‘voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: ‘Abbà, padre’ (Rom 8,15).

Le prime due richieste del ‘Padre nostro’ riguardano il realizzarsi del progetto di Dio: il suo nome ci è comunicato, il regno viene. Nella lingua di Gesù sono indicazioni di qualcosa già in atto e che chiede di essere colto nella sua fragilità, ma anche nella sua grandezza. Dio rivela il suo nome quando si attua liberazione e salvezza. La preghiera rinvia ad una responsabilità concreta fattiva nella storia. Il regno viene quando gli oppressi sono liberati. Le richieste del pane, del perdono e della fortezza nella prova rinviano al nutrimento quotidiano. Dio è colui ‘che rende giustizia agli oppressi, dà il pane agli affamati, … libera i prigionieri, ridona la vista ai ciechi, rialza chi è caduto’ (Sal 146,7-8). Il pane invocato è anche simbolo della comunione, della gioia condivisa e della fraternità con cui si identifica il regno di Dio. Il perdono ha origine solamente dall’alto e passa attraverso il perdono dato e ricevuto laddove rapporti umani sono stati offesi e feriti. Dono da invocare e ricevere, e via per rapporti nuovi con Dio e con gli altri.

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L’ultima invocazione è di non soccombere nella prova. Anche Gesù nel momento pregò, facendosi esempio (Lc 22,39-46): la lotta è sostenuta affidandosi al Padre.

Ancora Luca ci ricorda che questo incontro con Dio è fecondo oltre ogni attesa: ‘Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate vi sarà aperto’.

Fonte: il sito di don Alessandro Cortesi

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p. Alessandro Cortesi op

Sono un frate domenicano. Docente di teologia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘santa Caterina da Siena’ a Firenze. Direttore del Centro Espaces ‘Giorgio La Pira’ a Pistoia.
Socio fondatore Fondazione La Pira – Firenze.