“Il regno dei cieli è simile ad un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo”. Ancora alcune parabole della crescita e con al centro il regno dei cieli: la parabola del seme e della zizzania, quella del seme di senapa e del lievito. Parabole: non brevi storie con una morale e neppure racconti simbolici con un significato nascosto. Piuttosto racconti tratti dalla vita e paragoni. Un modo di insegnamento che Gesù condivide nel suo ambiente: le parabole presentano spesso un’azione e si riferiscono a vicende quotidiane e conosciute da chi ascoltava: come l’azione del seminare. Eppure in questo riferimento alla vita i racconti spesso indicati come paragoni (il regno dei cieli è simile a…) erano tesi a comunicare un messaggio centrale: era appunto il rinvio al ‘regno dei cieli’. Gesù annuncia che Dio è vicino, la sua chiamata si rende presente nelle vicende quotidiane della vita ed apre ad un futuro di speranza e liberazione. Gesù annuncia un tempo nuovo iniziato e la sua presenza ne è testimonianza; Dio sta già compiendo le promesse di liberazione e chiede di affidarsi a Lui. Nel suo parlare Gesù richiamava all’esperienza ed invitava ad uno sguardo nuovo sulla storia. Nell’esperienza di tutti i giorni è racchiuso un tesoro, da cercare e trovare con gioia.
Le parabole provocano ad un coinvolgimento e ad una risposta come pure ad un cambiamento della vita. Richiamano all’agire di Dio che prende le parti dei piccoli e dei poveri e li solleva e racchiudono una chiamata a seguire Gesù, a far propria la sua via.
Le tre parabole richiamano così tre aspetti del ‘regno dei cieli’. Innanzitutto il regno non si afferma senza fatica; esige pazienza e attesa. Non corrisponde alle esigenze di una mentalità magico-religiosa né corrisponde ad una logica di dominio; richiede invece uno sguardo che si lasci formare allo stile di Dio. Grano e zizzania, bene e male, sono presenti nel tessuto della vita in modo complesso e mescolato. Crescono insieme: il regno cresce ma v’è anche ciò che contrasta e rischia di soffocare il grano buono. Di fronte a questa situazione c’è chi vorrebbe subito separare, mietere con violenza, fare selezione, separare subito i buoni dai cattivi, facendosi operatori di un giudizio senza considerazione della complessità dell’esistenza. La parabola presenta lo stile di Dio che è paziente e ricco di fiducia nella crescita. Richiama alla pazienza dell’attesa, allo sguardo ottimista dei tempi lunghi. Il sogno di Dio è che alla fine anche la zizzania possa diventare grano ed essere trasformata: il Padre non vuole che nessuno vada perduto. Non è il suo uno sguardo di giudice implacabile, ma l’attitudine compassionevole del contadino e dell’educatore.
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E’ una parola su Dio. Ed è anche una parola sulla responsabilità dei credenti perché il regno cresce in mezzo a fatiche, nella difficoltà. Gesù richiama a porre fiducia nella fecondità del seme buono gettato che non rimane senza frutto. Il modo di vivere di Gesù non è quello di un giudice teso a separare, preoccupato di non contaminarsi. Al contrario è quello del medico che va in cerca di chi è malato, di chi è perduto, nel farsi vicino ai ‘pubblicani e peccatori’.
Una seconda caratteristica del regno è la sproporzione: la parabola del seme di senapa presenta la differenza tra la piccolezza del granello di senapa, il più piccolo tra tutti i semi, e la grandezza spropositata dell’albero che da lì può nascere. Il regno non si impone con mezzi grandiosi, né si fa spazio in modo eclatante: al contrario, l’azione di salvezza di Dio nella storia cresce in modo nascosto, tra le pieghe dei cuori e della storia, ed esige occhi attenti ad andare oltre le apparenze e in profondità. Dio sceglie ciò che è debole, ciò che è piccolo e disprezzato.
Una terza caratteristica del regno è la sua forza di crescita, nonostante ogni contraddizione difficoltò. Come il lievito che si fonde nella pasta e la fa crescere. Il lievito è presenza nascosta che porta a sviluppare una realtà più grande. Gesù richiama l’azione quotidiana dell’impasto e della lievitazione del pane. Invita con questo paragone a vivere con lo stile di chi si pone a servizio, non preoccupato di una propria grandezza. E’ lo stile della sua vita che ha scelto la via della povertà. La silenziosa azione che fa crescere piano piano, non cerca il proprio interesse e si perde all’interno della realtà: questo è lo stile di Gesù, il modo in cui ci ha comunicato la salvezza come incontro con Lui. Chi segue Gesù è chiamato ad essere nella storia testimone di una riconciliazione possibile, a cercare il dialogo che solo fa crescere anche l’altro.
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Fonte: il sito di don Alessandro Cortesi
p. Alessandro Cortesi op
Sono un frate domenicano. Docente di teologia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘santa Caterina da Siena’ a Firenze. Direttore del Centro Espaces ‘Giorgio La Pira’ a Pistoia.
Socio fondatore Fondazione La Pira – Firenze.