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p. Alessandro Cortesi op – Commento al Vangelo di domenica 22 Settembre 2024

Domenica 22 Settembre 2024
Commento al brano del Vangelo di: Mc 9,30-37

L’autore del libro della Sapienza del I secolo a.C osserva una vicenda del suo tempo: i malvagi trovano ostacolo nella presenza stessa di chi segue orientamenti di vita diversi, di chi li pone in crisi con la propria dirittura. Il giusto “…ci è di imbarazzo ed è contrario alle nostre azioni”. E’ la storia del tramare degli ingiusti per dominare degli altri per essere padroni indiscussi.

E’ anche la storia di sempre di chi si oppone alla presenza stessa del giusto. Cos’ innalzano la sfida contro gli altri e nei confronti di Dio stesso: ” Mettiamolo alla prova con violenze e tormenti, per conoscere la sua mitezza e saggiare il suo spirito di sopportazione. Condanniamolo a una morte infamante”. Ancora oggi quanti giusti, sulle frontiere delle aule di giustizia, dell’impegno politico, del servizio ai poveri, della lotta per i diritti sociali e civili vengono eliminati a causa del loro impegno  quotidiano e mite…

Nella lettera di Giacomo la sapienza è contrapposta alle guerre e alle liti generate dallo spirito di bramosia, dalla ricerca del possesso e dall’invidia: “Da dove vengono le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni che fanno guerra nelle vostre membra? Siete pieni di desideri e non riuscite a possedere; uccidete, siete invidiosi e non riuscite a ottenere; combattete e fate guerra!”.

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C’è per contro un’altra sapienza: pacifica mite arrendevole piena di misericordia. E questa sapienza porta alla pace e alla giustizia  “Per coloro che fanno opera di pace viene seminato nella pace un frutto di giustizia.” E’ questa autentica sapienza, non quella  di chi vuole imporre con la guerra la sua ragione e la sua verità, ma di chi fa opera di pace. E’ attuale questa provocazione nel tempo di guerre che attraversano il mondo, guerre ormai  senza fine e senza limiti.

Giacomo indica vie di sapienza diverse: c’è la sapienza del realismo di chi parla di utilità e necessità della guerra e c’è un’altra sapienza che guarda alla possibilità di una storia nuova, a relazioni diverse tra le persone e i popoli, non di aggressività ed esclusione, ma di accoglienza e fraternità. Sapienza – dice Giacomo – è tessere riconciliazione, lottare contro ogni soluzione di violenza e di guerra nei rapporti umani e contro chiunque promuova tale sistema che risulta essere l’anti-sapienza, la stoltezza e la follia.

Gesù ha raccontato il volto di un Dio appassionatamente schierato dalla parte degli oppressi e impoveriti. Gesù non guardava alle apparenze di una religiosità esteriore e appagante in senso individualistico; il suo sguardo andava al cuore delle persone incontrate e vi trovava una fede nascosta. Gesù stesso si è messo dalla parte delle vittime e la sua scelta di annunciare il regno di Dio l’ha condotto ad incontrare rifiuto e condanna fino alla morte.

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Marco nel suo vangelo ne descrive il profilo come colui che si dona ed è consegnato, subisce l’umiliazione e il fallimento nella progressiva solitudine. Ma ‘dopo tre giorni risusciterà’: Dio il Padre conferma la vita di Gesù con l’alzarlo dalla morte. Gesù ai suoi apre la domanda su chi è il più grande: “Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato»”.

I bambini nel modo di Gesù sono coloro non hanno alcun diritto. Il gesto di Gesù è dirompente. Da un lato Gesù capovolge ogni gerarchia e pone al centro della sua comunità coloro che sono senza diritti, senza voce, senza potere. E Gesù si identifica con loro e dice: ‘Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me’. Non solo, ma dice che solamente a partire da loro si può comprendere ed entrare nel regno di Dio. Solamente nella fedeltà a uomini e donne concreti nella loro vulnerabilità si può vivere la fedeltà a Dio stesso. Solo nella fedeltà all’umanità ferita, solo nell’accoglienza dei senza diritti e di chi è escluso si apre un’esperienza nuova del senso della vita e della salvezza stessa.

Per gentile concessione di p. Alessandro – dal suo blog.


p. Alessandro Cortesi op

Sono un frate domenicano. Docente di teologia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘santa Caterina da Siena’ a Firenze. Direttore del Centro Espaces ‘Giorgio La Pira’ a Pistoia.
Socio fondatore Fondazione La Pira – Firenze.

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