Sono un frate domenicano. Docente di teologia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘santa Caterina da Siena’ a Firenze. Direttore del Centro Espaces ‘Giorgio La Pira’ a Pistoia.
Socio fondatore Fondazione La Pira – Firenze.
«Se non vi fate circoncidere secondo l’usanza di Mosè, non potete essere salvati». E’ questa la sintesi della questione che investe la prima comunità. Per seguire Gesù è necessario osservare le prescrizioni della legge giudaica? In radice il problema riguarda il rapporto con Gesù: il suo annuncio deve essere posto nelle forme religiose di una legge? Esigere la circoncisione per i pagani che si accostavano alla comunità cristiana era visto da Paolo come uno svuotamento del messaggio stesso di Cristo. La salvezza è radicalmente dono, aperto per tutti e non prevede né privilegi di appartenenza né l’osservanza di una legge. E’ evento della grazia di Dio che suscita la fede.
Paolo e Barnaba sono preoccupati innanzitutto di affermare che la salvezza non dipende da movimenti umani, dall’osservanza di una legge sia pure religiosa, ma è dono gratuito. Non richiede alcuna condizione. Essi richiamano alla gratuità dell’agire di Dio in Cristo, il suo primato su ogni tipo di costruzione umana, anche religiosa. E’ polemica non contro la fede ebraica a cui Paolo rimane legato e fedele, ma contro ogni forma religiosa che esaurisce la fede ad un sistema di prescrizioni.
Nella problematica emerge un’altra questione. Gesù nella sua esperienza storica era rimasto all’interno della tradizione ebraica. Non si era posto per lui il problema del venir meno alle prescrizioni della legge ebraica. Gesù riprende la protesta dei profeti riguardo all’importanza della vita, al fatto che l’uomo è più importante del sabato, la polemica contro un’osservanza che svuota il senso profondo della legge (Mc 7,8-13.20-21). Incontrando alcuni pagani Gesù risponde alle loro richieste e riconosce una fede che salva come nell’incontro con la donna sirofenicia (Mc 7,24-30).
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Nel periodo successivo alla Pasqua si pongono alle prime comunità questioni nuove proprio nell’incontro con i pagani. Dal confronto con gli ‘altri’ sorge una domanda inedita che conduce ad aperture e cambiamenti. Nell’incontro è presente lo Spirito che spinge ad una comprensione delle esigenze del vangelo nelle nuove situazioni. Gli apostoli sono rinviati ad ascoltare nuovamente l’annuncio di Gesù: il regno di Dio, in atto già nella storia, non è legato ad un tempio, ad una classe di sacerdoti, ad una terra particolare, ma è apertura all’Alterità di Dio, al suo amore per tutti, alla convivialità ospitale testimoniata da Gesù nel suo passare facendo il bene e annunciando relazioni di fraternità e sorellanza. In base a tale ascolto, nel dibattito, la comunità a Gerusalemme sceglie come orientarsi: era una rinuncia rispetto a ciò che sembrava essenziale – l’osservanza della legge giudaica – ma che essenziale non era rispetto alla gratuità della salvezza. E ciò si fa strada nell’incontro nelle case dei pagani (cfr. At 8; 10) e nell’esperienza dell’agire dello Spirito oltre i confini.
A Gerusalemme, in quello che viene indicato come primo ‘concilio’ avviene un passaggio decisivo per l’esperienza cristiana e si evidenzia uno stile di ascolto del vangelo in rapporto alla storia. Cresce la comprensione della Parola di Dio, la tradizione progredisce nell’esperienza di una ricerca che si lascia illuminare dagli incontri.
Anche oggi di fronte a questioni nuove e ad una situazione culturale che pone sfide e interrogativi dovrebbe continuare ad attuarsi questo coraggio di accogliere il messaggio liberante del vangelo e tradurlo in nuovi linguaggi con fiducia nella promessa di Gesù: “il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto”. Ricordare e insegnare sono i doni dello Spirito che aprono a camminare in fedeltà al vangelo come bella notizia di vita e di salvezza per tutti.
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