La vicenda del cieco nato è uno dei sette ‘segni’ del IV vangelo: sono tutti orientati al grande segno della morte e risurrezione di Gesù: non sono detti ‘miracoli’ ma ‘segni’: hanno funzione di guida all’incontro con Gesù. La sua morte è il segno più grande dell’amore.
L’incontro con il cieco nato è di sabato, al principio dell’autunno, nel quadro della festa delle capanne, memoria del cammino nel deserto di Israele. Il sommo sacerdote si recava alla piscina di Siloe per attingere acqua da versare poi sull’altare dei sacrifici e le mura di Gerusalemme venivano illuminate con fuochi di ogni tipo: uno spettacolo di luminaria avvolgeva la città nel buio.
Le acque di Siloe in Isaia sono simbolo dell’affidamento al Signore in contrasto con le abbondanti acque dell’Eufrate simbolo della potenza degli imperi e della loro violenza (Is 8,5-7).
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Il brano presenta un dialogo di Gesù con ‘i Giudei’, identificato come paradigma di chi vive la religione come sistema di potere, con una mentalità chiusa e di esclusione. Gesù presenta un altro orizzonte: per lui la malattia non è punizione di Dio né retribuzione per un peccato ma è un male da combattere. L’agire di Dio non va racchiuso negli schemi asfittici della contabilità umana. Gesù è venuto per sanare da ogni male e questo è il progetto di Dio dare la vita: “Dobbiamo compiere le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può più operare. Finché sono nel mondo, sono la luce del mondo” (vv.3-5).
La guarigione del cieco è presentata come azione laboriosa: Gesù infrange la legge del riposo nel giorno di sabato (v.13). Il sabato è fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato proprio perché il Dio del sabato è il Dio ‘amante della vita’ (vv.6-7).
Il cieco non solo recupera la vista ma vive un cammino di apertura alla fede come nuovo modo di vedere: diviene così figura di ogni credente che si apre a vedere in modo nuovo. Al centro sta l’incontro con Gesù.
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Il cieco guarito viene poi sottoposto ad un pressante esame dai giudei: testimonia che i suoi occhi ‘sono stati aperti’ e riconosce Gesù come inviato di Dio. Scorge in lui il profeta, ‘ma i Giudei non vollero credere….’ (v.18) E chiamano i genitori. Nonostante le minacce di essere escluso, giunge a professare la sua fiducia: ‘proprio questo è strano, che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi’ (v.30) Quando il cieco viene cacciato fuori, Gesù gli si fa accanto, e lo accompagna ad un incontro nuovo: ‘Tu credi nel Figlio dell’uomo?
L’itinerario del cieco è così un percorso di riconoscimento ed incontro: al principio c’è un dono da accogliere. Dal buio di un modo di concepire di Dio secondo una modalità religiosa opprimente si apre alla fede come incontro.
Mentre gli uomini religiosi sono ciechi il cieco ‘cacciato fuori’ si apre al vedere: la luce è l’incontro con Gesù stesso al quale egli affida la sua vita: ‘Io credo in te Signore’.
Fonte: il sito di don Alessandro Cortesi
p. Alessandro Cortesi op
Sono un frate domenicano. Docente di teologia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘santa Caterina da Siena’ a Firenze. Direttore del Centro Espaces ‘Giorgio La Pira’ a Pistoia.
Socio fondatore Fondazione La Pira – Firenze.