p. Alessandro Cortesi op – Commento al Vangelo di domenica 19 Febbraio 2023

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“Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo”. Al cuore della Bibbia sta una chiamata alla santità, da declinare in linguaggi nuovi. E’ un testo del Levitico che trova eco in un testo del Nuovo Testamento la prima lettera di Pietro (1Pt 1,16) in cui si richiama l’orizzonte della vita cristiana quale partecipazione di una comunità al dono di vita che viene da Dio da seguire nel fissare lo sguardo su Gesù. Santità nel linguaggio biblico esprime lo spessore della vita di Dio, la sua profondità. E’ in fondo espressione che dice l’amore e il dono di vita e salvezza che proviene dalla presenza innominabile che si rende vicina. E’ chiamata esistenziale che lega insieme in un cammino di comunità che si sostiene e che condivide i passi di ogni giorno e non di individui isolati e ripiegati.  

Nel testo del Levitico l’appello ad essere santi riguarda il rapporto con Dio unico santo e indirizza immediatamente ai rapporti con gli altri. “Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello”. Rispondere alla santità di Dio conduce a liberarsi dall’odio che matura nel fondo del cuore se lasciato crescere, se tenuto al caldo come in una cova. E’ anche indicazione che la ‘santità’ si attua nella relazione con l’altro. “Amerai il prossimo tuo come te stesso” è l’imperativo che discende dall’affermazione “Io sono il Signore”.  Letteralmente andrebbe tradotto “amerai per il prossimo tuo ciò che desideri per te”: non può esservi un comando ad amare qualcuno, ma vi può essere il comando a volere per l’altro quanto riguardo i suoi diritti fondamentali.

La santità quindi si nutre di uno sguardo nuovo liberato dalla logica dell’inimicizia. Ed ha il suo momento sorgivo nel cuore. Ciò si attua in modi plurali e diversi nell’immersione nella vita, nella fedeltà al quotidiano. Ognuno per la sua via… tante e diverse possono essere le forme della testimonianza della fede che spesso si trova al di là delle appartenenze e dei recinti di chiese là dove si attua un chinarsi sull’altro per sostenerlo e aprirgli vie di libertà. Un cammino di santità si delinea non come espressione di cose eccezionali ma come via di vita ordinaria, per tutti, nel rispondere al rapporto con Dio nella vita: implica immersione piena nell’adempimento di impegni, nel prendersi cura, nel coltivare relazioni e frammenti di realtà…  E’ in fondo espressione di amore nelle forme le più diverse e meno codificabili nell’esperienza della vita. Nei diversi tempi e in molti modi la vita presenta situazioni e chiamate sempre nuove. Siamo chiamati a stare nel momento presente, ad andare avanti giorno per giorno. In questo stare nella vita secondo vie di amore si attua la santità.

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“Avete inteso che fu detto: ‘Occhio per occhio e dente per dente’ Ma io vi dico di non opporvi al malvagio” Nelle antitesi del discorso della, montagna Gesù chiede una giustizia sovrabbondante, una fedeltà a Dio che esprima nella vita la radicalità del dono ricevuto, e la esprima in nuovi rapporti con gli altri. Già la legge del taglione occhio per occhio e dente per dente è un tentativo di limitare lo sconfinare della violenza. Ma per Gesù il superamento della vendetta e della rappresaglia non basta ancora. Fa infatti scorgere l’inedito di andare oltre la logica della violenza. E chiede una testimonianza che si pone di fronte all’altro senza pretese di potere e nell’inermità, nella fiducia posta sulla potenza dell’amore. E’ la via che sembra utopica e dei perdenti, di coloro che sono destinati ad essere schiacciati dalla forza di chi s’impone con la violenza e l’oppressione. E’ tuttavia in radice chiamata ad una libertà da coltivare nella mitezza, nella proposta di un orientamento nuovo che genera pace perché esige cambiamento del cuore: da un cuore arrogante ad un cuore di pace. La parola esigente di Gesù che orienta ad amare il nemico non è invito a lasciarsi schiacciare dalla violenza, a giustificare l’ingiustizia, a subire l’oppressione: si connota invece come protesta contro l’ingiustizia e resistenza radicale per aprire spazi ad un incontro che disarmi la violenza con lo stile mite di chi cerca la pace, con la nonviolenza attiva che è stata la via seguita da Gesù.      

“non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?” La lettera di Paolo ai Corinzi richiama ad un respiro da individuare nell’interiorità: al fondo del cuore sta la profondità di un respiro, soffio di Dio quale dono da riconoscere e accogliere. E’ lo Spirito di Dio che incontra e si rende presente nello spirito di ogni uomo e donna, cuore profondo della sua esistenza. Lasciare spazio a questa luce e questa forza è via per scoprire la santità in quanto risposta alla vita in cui siamo immersi. 

Fonte: il sito di don Alessandro Cortesi

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p. Alessandro Cortesi op

Sono un frate domenicano. Docente di teologia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘santa Caterina da Siena’ a Firenze. Direttore del Centro Espaces ‘Giorgio La Pira’ a Pistoia.
Socio fondatore Fondazione La Pira – Firenze.