p. Alessandro Cortesi op – Commento al Vangelo di domenica 18 Giugno 2023

388

“Voi stessi avete visto … come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatto venire fino a me”. L’esperienza di Mosè sul Sinai è accoglienza di un annuncio che apre il senso dell’intero cammino dell’esodo. Il profilo di Dio appare accostato ad un a figura femminile, l’aquila che tiene i suoi piccoli sopra le ali e li conduce lontano dai pericoli. E Dio chiede di dare ascolto alla sua voce e di essere popolo coinvolto nella sua stessa vita: la santità di Dio diviene tratto proprio della nazione santa chiamata per essere testimone.

Entrare nella terra viene a coincidere con l’accostarsi a Dio stesso: “voi stessi avete visto come vi ho fatti venire fino a me”. Israele incontra Dio come presenza operante nella storia e che sempre chiama ed apre cammino. Da qui nasce un’esperienza collettiva di un popolo nuovo: santità non indica il tratto eccezionale di un singolo ma è attributo collettivo (nazione santa) e segno della relazione con l’Unico santo, Dio stesso. La santità di Dio si rende presente quando Dio salva. La chiamata ad essere ‘popolo di sacerdoti’ e ‘nazione santa’ indica una via per attuare la giustizia e portare salvezza come Dio stesso ha manifestato il suo agire nel percorso dell’esodo.

Nella lettera ai Romani Paolo, dopo aver delineato la condizione umana segnata dal peso del peccato e dall’incapacità di salvarsi con le proprie forze indica in Gesù Cristo colui che solo può salvarci con la sua morte e risurrezione. La salvezza è dono da accogliere nel rapporto con Lui: “Se, infatti , quando eravano  nemici siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita”.

- Pubblicità -

Nell pagina del vangelo di Matteo in primo piano è la compassione di Gesù. Nel suo modo di guardare e nel suo agire Gesù vive una tenerezza unica, si lascia toccare dalla vita degli altri. Ai discepoli parla della messe abbondante: li chiama ad un’opera di raccolta, a  scorgere già in atto l’agire del Padre. E chiama poi i dodici e Matteo elenca i loro nomi. Dodici è numero simbolico che rinvia ad una convocazione di tutto il popolo d’Israele composto di dodici tribù. Gesù si muove così nel quadro di un raduno che raccolga una comunità accogliente di ogni pecora perduta della casa d’Israele. E invia i dodici  chiedendo loro poche attitudini fondamentali. Li manda ad annunciare che il regno di Dio è vicino.

Non devono essere preoccupati di aver successo o potere politico: a loro spetta annunciare il regno quale realtà di rapporti nuovi in una comunità di uguali, nella fraternità, nell’accogliersi reciproco. Gesù chiede ai suoi lo stile della povertà. Essere poveri per poter condividere e per essere disponibili a cogliere le cose essenziali della vita senza legarsi a ricchezze di tipo diverso. Guardare il mondo dalla prospettiva degli impoveriti  apre allo sguardo di Dio. Agli apostoli lascia l’invio: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”. La scoperta di aver ricevuto un grande dono nella propria vita apre al desiderio di farsene portatori e testimoni. Sta qui la radice della missione dei discepoli di Gesù.

Fonte: il sito di don Alessandro Cortesi

- Pubblicità -


p. Alessandro Cortesi op

Sono un frate domenicano. Docente di teologia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘santa Caterina da Siena’ a Firenze. Direttore del Centro Espaces ‘Giorgio La Pira’ a Pistoia.
Socio fondatore Fondazione La Pira – Firenze.