p. Alessandro Cortesi op – Commento al Vangelo di domenica 15 Gennaio 2023

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Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra

La figura del profeta delineata nei testi del secondo Isaia detti ‘canti del servo di YHWH’ indica un testimone della Parola di Dio, un uomo di fede che pone tutta la sua esistenza orientata a compiere la missione che da Dio gli viene. La chiamata è quella a vivere un servizio e si precisa nell’invio ad essere luce per i popoli. La luce di Dio si comunica attraverso la luce di un testimone e non può essere racchiusa entro ristretti confini ma è destinata a tutta la terra.

La chiamata di questo profeta reca in sè i tratti di un disegno di vita e di salvezza che comprende non un solo popolo, ma è progetto di incontro e di pace che coinvolge in un orizzonte universale.

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… alla Chiesa di Dio che è a Corinto, a coloro che sono stati santificati in Cristo Gesù, santi per chiamata…

Paolo scrivendo alla comunità in cui egli stesso aveva annunciato il vangelo per la prima volta, si rivolge alla chiesa di Dio che è a Corinto. Si trattava di poche decine di persone che si riunivano attorno ad alcune case. Piccoli nuclei di cristiani nel cuore di una città portuale di passaggi e di approdi. Paolo riconosce in quei piccoli nuclei la chiesa di Dio che si rende presente in quel luogo, e diventa segno di un dono di relazione con Dio e con Gesù Cristo. Santificati in Cristo Gesù sono coloro che partecipano alla vita della comunità ed anche santi per chiamata. Responsabili di un dono di vita ricevuto, il vangelo accolto, e chiamati ad essere trasformati nella luce che viene dal vangelo in rapporti nuovi fatti di accoglienza e di attesa reciproca: santi per chiamata.  

Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui

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C’è una presenza rilevata dai racconti evangelici al momento del battesimo di Gesù al Giordano.  Il Battista indica Gesù come agnello di Dio e vede lo Spirito discendere su di lui. Sono qui racchiuse le indicazioni dell’intero percorso di vita di Gesù: il suo itinerario sarà quello del dono, simboleggiato dall’agnello inerme che rinvia al profeta presentato da Isaia, mite come un agnello, come il ‘servo’ che non s’impone ma offre la sua vita. Nella lingua aramaica il vocabolo, talya’ indica sia ‘servo’ sia ‘agnello’. E la sua vita è condotta nel rimanere dello Spirito su di lui. Rimanere è verbo caro al IV vangelo e sta ad indicare una relazione profonda, esistenziale, espressa nella metafora dei tralci uniti con la vite: “Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me”. Dello Spirito Gesù parlerà nei discorsi della cena: lo Spirito consolatore e suggeritore, lo Spirito che conduce alla verità tutta intera, lo Spirito presenza di conforto e vicinanza.

Giovanni Battista è presentato nel IV vangelo come colui che rende testimonianza perché ‘vede’ in modo più profondo, indica Gesù da accostare con occhi nuovi. Egli annuncia: “in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete” ed invita così a conoscere Gesù. “E io ho visto e ho reso testimonianza che questi è il Figlio di Dio”. Nel IV vangelo il verbo ‘vedere’ ha una particolare importanza: il discepolo è chiamato a ‘vedere’ e a ‘credere’: il credere implica un vedere eppure c’è un credere che si attua senza vedere: “beati coloro che senza aver visto crederanno”.

Fonte: il sito di don Alessandro Cortesi


p. Alessandro Cortesi op

Sono un frate domenicano. Docente di teologia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘santa Caterina da Siena’ a Firenze. Direttore del Centro Espaces ‘Giorgio La Pira’ a Pistoia.
Socio fondatore Fondazione La Pira – Firenze.