Sono un frate domenicano. Docente di teologia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘santa Caterina da Siena’ a Firenze. Direttore del Centro Espaces ‘Giorgio La Pira’ a Pistoia.
Socio fondatore Fondazione La Pira – Firenze.
“Quando, tramontato il sole, si era fatto buio fitto, ecco un braciere fumante e una fiaccola ardente passare in mezzo agli animali divisi. 18In quel giorno il Signore concluse quest’alleanza con Abram: «Alla tua discendenza io do questa terra, dal fiume d’Egitto al grande fiume, il fiume Eufrate”. Nell’atmosfera segnata dall’allunarsi delle ombre nel tramonto, in un clima di oscurità e terrore che avvolge il cuore di Abramo, un rito antico appare evocato: i patti tra popoli al termine di una guerra venivano stipulati ponendo una serie di animali squartati sul terreno e tra di loro si passava in segno di un impegno nuovo.
Tale rito arcaico si collega all’espressione ebraica che indica il tagliare come riferimento ad un patto. In questa potente immagine sta racchiuso il messaggio di un patto tra Dio che chiama e Abramo il suo ‘amico’: è un patto in una relazione reciproca che impegna e coinvolge. Ma solamente un braciere fumante e una fiaccola ardente passano tra gli animali squartati: è impegno da parte di Dio, che garantisce una fedeltà come promessa. Questa va oltre ogni possibile risposta umana e rimane offerta unilaterale e ferma.
Il braciere e la fiaccola sono simboli della presenza di Dio, che come fuoco illumina e consuma. Nell’esperienza che segna la vita di Abramo da quel tramonto l’alleanza si delinea qual dono di fedeltà. Ad Abramo è richiesto l’abbandono, nella fiducia disarmata e di resa al Dio che non verrà meno alle sue promesse. Al centro dell’intera vicenda di Abramo sta il suo atteggiamento di fede: ‘Abramo credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia’ (Gen 15,7).
E’ questo un primo tema che richiama alla Pasqua come compimento della promessa di fedeltà di Dio ad Abramo e all’umanità.
Nel racconto della trasfigurazione di Gesù Luca che sul monte Gesù pregava. In un contesto di preghiera avviene qualcosa di nuovo e particolare: “il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elia, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme”.
Luca scrive per lettori che conoscevano i fenomeni della metamorfosi e descrive l’aspetto di Gesù come Mosè dopo essere disceso dal Sinai, con il volto risplendente di luce poiché aveva parlato con Dio (Es 34,29-30). Così nel dialogo con Mosè ed Elia l’intera vita di Gesù è evocata come cammino di un nuovo esodo. Israele era uscito dall’Egitto verso la terra promessa, così Gesù nel suo andare verso Gerusalemme guida un nuovo esodo. Si tratta di una salita che giunge alla croce a quel salire al Padre nella risurrezione: una vita nuova.
Ed è salita che coinvolge l’umanità. L’umanità di Gesù, il suo volto trasparente di una luce nuova – è il grande messaggio di questo racconto che racchiude una riflessione sul mistero pasquale – è via per scorgere la chiamata per ogni uomo di vivere nella comunione con Dio. Il cammino di Gesù è orientato a Gerusalemme: nei tratti del suo volto crocifisso si può cogliere la luce dell’amore del Padre. L’invito che chiude questo episodio è ad ascoltare Gesù. Luca richiama all’ascolto di Gesù come via per entrare nella dimensione nuova della comunione con Dio orizzonte finale dell’intera esistenza.