p. Alessandro Cortesi op – Commento al Vangelo di domenica 13 Febbraio 2022

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p. Alessandro Cortesi op

Sono un frate domenicano. Docente di teologia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘santa Caterina da Siena’ a Firenze. Direttore del Centro Espaces ‘Giorgio La Pira’ a Pistoia.
Socio fondatore Fondazione La Pira – Firenze.

Mentre Matteo colloca il grande discorso di Gesù sul monte agli inizi del suo vangelo, Luca riporta il discorso di Gesù sulla pianura: Gesù lo pronuncia dopo una notte in preghiera, dopo esser disceso dalla montagna e aver chiamato a sé i dodici apostoli (Lc 6,12-16).

A differenza delle otto beatitudini di Matteo Luca ne presenta solamente quattro, seguite da quattro ‘guai’: una contrapposizione tipica della letteratura semitica per evidenziare la distanza tra la via del bene e quella del male. E’ un linguaggio usato dai profeti per rimproverare l’indifferenza chiuso al dolore dei poveri. Ad esempio Isaia “Guai a voi che aggiungete casa a casa e unite campo a campo, finché non vi sia più spazio e così restate soli ad abitare nella terra…” (Is 5,8).

A differenza di Matteo, le beatitudini di Luca sono rivolte direttamente agli uditori: beati voi… Chi vive la condizione della povertà, della fame, del dolore e della persecuzione. L’espressione ‘beati’ è per loro. E’ annuncio di una felicità paradossale: felici sono indicati coloro che sperimentano situazioni di fallimento, dolore e sofferenza. Gesù non intende con ciò giustificare una condizione di male e di ingiustizia o confermare realtà di oppressione.

Il suo agire è stato sempre di denuncia dell’ingiustizia e di liberazione per i sofferenti. I suoi gesti e parole sono testimonianza di apertura, di restituzione della persona a se stessa, di liberazione da gioghi interiore o esteriori.

Al cuore delle beatitudini sta l’annuncio che il regno è giunto e Dio prende le parti di chi è povero, di chi ha fame, di chi piange di chi è odiato e insultato. Solamente chi vive da povero, da affamato, da sofferente e perseguitato è in grado di poter accogliere la salvezza come dono e non quale esito delle proprie forze e della propria capacità. Al contrario chi è appesantito dalle cose, chi vive nella spensieratezza e nell’abbondanza non può lasciare spazio ad accogliere l’amore di Dio. Chi vive così ha già le sue sicurezze e vive sazio e soddisfatto, ma è occupato dagli idoli soprattutto dall’idolo del proprio ‘io’.

I ‘guai’ che vengono contrapposti alle beatitudini sono un rimprovero a chi vive tranquillo nel disinteresse e nell’indifferenza, chiuso nel proprio privilegio.

Gesù offre una via di felicità, nella giustizia che è compimento della fedeltà del Padre. Luca in particolare sottolinea l’atteggiamento della povertà quale dimensione fondamentale per poter accogliere regno di Dio. I poveri di Jahwè sono coloro che vivendo la mancanza di sostegni umani ripongono la loro fiducia nelle promesse di Dio e su di essa fondano la loro esistenza. Maria è modello di una vita da povera e nel cantico del Magnificat sono elencati gli atteggiamenti propri dei poveri. Le beatitudini e i guai di Luca riprendono fondamentalmente l’indicazione dei profeti “Maledetto l’uomo che confida nell’uomo, che pone nella carne il suo sostegno …

Benedetto l’uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia” (Ger 17,5.8). Luca insiste sulla attitudine della gioia: “beati voi quando gli uomini vi odieranno… Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli.” Le beatitudini sono un invito alla gioia: contengono la proclamazione di una felicità nuova e inaudita perché Dio si prende cura del debole e del povero e ha scelto la via della povertà e dell’inermità per farsi vicino. In tal modo ha capovolto tutti i criteri umani di realizzazione e di affermazione. Le beatitudini sono una grande pagina che parla di Gesù, della sua identità in cui trovare speranza e possibilità di gioia, e forza per vivere secondo lo stile da lui testimoniato.