p. Alessandro Cortesi op – Commento al Vangelo di domenica 11 Dicembre 2022

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Una visione di gioia, di coraggio, di sogno è presentata da Isaia: il deserto acquista vita ed esprime gioia e la steppa fiorisce per la felicità. “Si rallegrino il deserto e la terra arida,
esulti e fiorisca la steppa. Come fiore di narciso fiorisca”. E’ un quadro di speranza e di coraggio, di una novità sta cambiando la realtà di dolore e di smarrimento: Dite agli smarriti di cuore: «Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio, … Egli viene a salvarvi”.

Tristezza e pianto non ci saranno più. L’immagine di una via appianata che scorre in mezzo al deserto è metafora di un percorso di liberazione, di un cammino di chi è liberato e va verso una condizione nuova di pace: ‘lo zoppo salterà come il cervo, griderà di gioia la lingua del muto’. La strada appianata è segno di un cammino nel quale anche noi siamo coinvolti.

Nel quadro di questa promessa la pagina del vangelo offre uno squarcio sulla crisi di Giovanni Battista. I suoi discepoli sono inviati dal carcere dopo che Giovanni fu arrestato da Erode Antipa che scorgeva nella sua azione una minaccia. Pongono a Gesù una domanda che esprime incertezza e dubbio: ‘sei tu colui che deve venire?’. La venuta di Gesù non sta compiendo quel rivolgimento che Giovanni attendeva: non si presenta infatti come messia del giudizio. Il Battista predicava una minaccia incombente ed una esigenza di cambiamento, pensava ad un messia che interveniva in modo forte e grandioso. Gesù manifesta uno stile diverso, le sue parole sono segnate dalla proposta di un dono da accogliere, gratuitamente, il regno di Dio, dono per i poveri e i piccoli e vive la debolezza, anche il rifiuto.

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Rispondendo ai discepoli di Giovanni, Gesù non parla di se stesso ma rinvia ai suoi gesti, a quanto sta accadendo. Si sta rendendo già presente ciò che Isaia aveva promesso: “i ciechi recuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l’udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la bella notizia”.

La bella notizia è che Dio prende la parte dei poveri, si pone accanto a loro per liberarli: bella notizia è che Gesù attua questo non secondo logiche di affermazione nella violenza e con esibizione di grandezza, ma nel segno del dono, della vicinanza, dell’accoglienza.

I suoi gesti sono piccoli segni che quella novità promessa è iniziata. E dice: ‘beato colui che non si scandalizza di me’. Il suo essere ‘messia’, ‘colui che deve venire’ disorienta, cioè scandalizza, costituisce inciampo a chiunque vorrebbe un messia secondo la propria misura, che non arrechi disturbo e non esiga coinvolgimento.

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Solo chi vive una sofferenza può veramente sperare: e solo chi si fa accanto accanto e si fa compagnia in una vicinanza accogliente può aprirsi alla speranza. Gesù nel suo agire risponde a queste attese, le pone al primo posto anche se questo gli procura il sospetto e l’ostilità da parte dei poteri religiosi e politici.

I suoi gesti sono i segni di un mondo nuovo già iniziato che ha al suo centro i piccoli e che sta crescendo laddove qualcuno si impegna secondo il sogno di Isaia, nonostante difficoltà e contraddizioni.

“Promuovere l’avvento… è optare per l’inedito, accogliere la diversità come gemma di un fiore nuovo, come primizia di un tempo nuovo” (Tonino Bello) Mettere al centro delle nostre preoccupazioni la vita delle persone più deboli, meno capaci di farcela da sole; avere occhi per chi non è guardato con amore: ‘beato chi non si scandalizzerà di me’.

Il messaggio di questa domenica nel segno dell’invito alla gioia è tenere insieme il sogno di Isaia e il dubbio di Giovanni. La domanda e l’inquietudine di Giovanni aiutano a vivere la fede, non come fuga dalla storia. Il sogno di Isaia è bussola per scoprire che la nostra speranza si radica sulla promessa di Dio. 

Fonte: il sito di don Alessandro Cortesi


p. Alessandro Cortesi op

Sono un frate domenicano. Docente di teologia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘santa Caterina da Siena’ a Firenze. Direttore del Centro Espaces ‘Giorgio La Pira’ a Pistoia.
Socio fondatore Fondazione La Pira – Firenze.