E’ la domenica segnata da un invito alla gioia per il dono di salvezza, la grande opera di Dio che apre a scelte di opere attuate nella luce.
La prima lettura presenta quasi una sintesi del cammino di alleanza, il continuo riproporsi del dono di incontro da parte di Dio per mezzo dell’invio dei profeti: “Il Signore Dio dei loro padri mandò premurosamente e incessantemente i suoi messaggeri…” (2Cr 36,15-16). Ma questi inviati spesso hanno trovato l’indifferenza, il rifiuto, e l’atteggiamento ostile di chi non voleva ascoltare la loro parola. L’amara conclusione pone l’assenza di orizzonti nello scoppio dell’ira di Dio.
Eppure si presenta un rinnovato gesto di fedeltà inatteso, proveniente da Dio che sceglie un re pagano, Ciro di Persia per liberare Israele dall’esilio. Nel 538 a.C. infatti si aprì al popolo d’Israele la possibilità del ritorno nella terra di Canaan dopo l’esilio a Babilonia (cfr. 2Cr 36,22-23). Le vie di Dio passano attraverso l’opera di un imperatore pagano che apre percorsi di liberazione e di giustizia
- Pubblicità -
Nel quadro del dialogo tra Gesù e Nicodemo, maestro ebreo e conoscitore dele Scritture, è presentata la medesima contrapposizione tra l’agire fedele di Dio e il dramma che si compie nella storia: si tratta di una crisi, ossia momento di una scelta. Un giudizio si svolge nel cuore di quanti si trovano di fronte a Gesù, di fronte alla sua pretesa di credere in lui: “Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui.”
Gesù rende vicino il Dio che ama il mondo. Non viene per compiere un giudizio od un castigo. La questione di fondo è la scelta. Sta qui un appello alla responsabilità umana di fronte a Gesù. La sua presenza non lascia indifferenti, la sua parola e il suo agire sono provocazione ad una decisione davanti a lui. E’ la crisi della scelta tra luce e tenebre.
Si può scegliere di porre la vita secondo orizzonti di luce oppure attuare opere di tenebre: “la luce è venuta nel mondo ma gli uomini hanno scelto le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvage”. Il IV vangelo pone chiaramente la necessità di una scelta davanti a Gesù. Credere in lui implica un movimento del cuore e della vita: è orientamento della propria esistenza nell’affidarsi.
- Pubblicità -
Andare verso di lui porta ad avere in lui la vita eterna: è una comunione che apre al rapporto vivo per sempre con Dio. L’immagine proposta da Gesù è quella dell’innalzamento: nel deserto il popolo d’Israele si rivolgeva al serpente posto in alto sull’asta da Mosè (Num 21,4-9) per trovare guarigione e salvezza. Gesù indica una rinascita possibile, che deve compiersi dall’alto e di nuovo: “Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna” (Gv 3,14-15).
Gesù verrà innalzato, quando sulla croce è posto su di una posizione più alta di tutti gli altri. Umanamente quello è il segno dell’ignominia, è il fallimento; ma lì Gesù manifesta il limite estremo a cui arriva l’amore del Dio che ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio. Il Figlio in quel momento rivela davanti al mondo la gloria di Dio.
Gesù sulla croce pone un inevitabile interrogativo a tutti coloro che lo guardano: è possibile vivere le opere della luce, un orientamento della vita nella luce che implica un affidarsi a lui, al suo percorso di dono e di gratuità, oppure attuare le opere delle tenebre, scelte di morte e di egoismo. E’ questo il giudizio che si compie. Si parla di opere: è sempre possibile attuare scelte di luce attuando un cambiamento pe passare dalle tenebre, scelte di male e violenza a scelte di vita.
Per gentile concessione di p. Alessandro – dal suo blog.
p. Alessandro Cortesi op
Sono un frate domenicano. Docente di teologia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘santa Caterina da Siena’ a Firenze. Direttore del Centro Espaces ‘Giorgio La Pira’ a Pistoia.
Socio fondatore Fondazione La Pira – Firenze.