“Consolate, consolate il mio popolo”: questa seconda domenica di avvento ci ricorda innanzitutto che la Parola di Dio da comunicare nella vita delle persone e dei popoli è una parola di consolazione. Ma ci offre anche un altro messaggio: che in tutte le parole e i gesti di cura, di sostegno, conforto e assistenza è già presente e nascosta una parola di Dio, racchiusa nel tessuto dei nostri incontri e delle nostre giornate.
E’ annuncio sin d’ora dell’orizzonte ultimo della storia che sarà nell’accoglienza di un Dio di consolazione. La più grande consolazione è il dono di una presenza che rinvia alla presenza di Dio che non abbandona l’umanità.
C’è una via nel deserto di questo oggi da preparare: nel tempo della violenza, di una barbarie che mina le possibilità di futuro e toglie respiro ad ogni desiderio di pace, in questo deserto non bisogna venir meno nel cercare di aprire vie che siano apertura di speranza e di consolazione. “Alza la tua voce con forza, tu che annunci liete notizie a Gerusalemme”.
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Leggere questa pagine di Isaia nel tempo in cui Gerusalemme e la terra di Palestina è teatro di violenza, di discordia e di un genocidio in atto nella Striscia di Gaza è motivo di sofferenza, fa avvertire il contrasto tra la promessa ed una realtà di violenza. Ma è motivo nel contempo di rinnovato affidamento alla promessa di Dio che rovescia i potenti e innalza gli umili, che come un pastore fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna. Dio che raccoglie ogni frammento di umanità e dà speranza ai perduti.
La seconda lettera di Pietro ricorda: “davanti al Signore un solo giorno è come mille anni e mille anni come un solo giorno. Il Signore non ritarda nel compiere la sua promessa”. Su questa fede hanno camminato i nostri padri e madri e anche noi nel deserto di questo tempo chiediamo al Signore la forza di vivere il nostro presente di fronte al Dio della promessa.
La pagina del vangelo riporta all’esperienza di Giovanni il battezzatore, figura decisiva per il cammino di Gesù, per la sua crescita nello scoprire la sua missione e per scorgere il nome pronunciato su di lui dal Padre, via della sua vita.
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Giovanni è voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore. Come i profeti richiama a vivere il presente nella fedeltà a Dio e intende la sua vita al servizio di una chiamata nell’inseguire un sogno di fedeltà e di promessa. La sua vita è fondata sulla parola di Dio. Giovanni vive per primo ciò che chiede agli altri, indica uno stile di coerenza e di impegno che lo condurrà a subire persecuzione e morte: è per noi richiamo a vivere la vita come accoglienza della Parola di Dio e ascolto delle sue chiamate.
Per gentile concessione di p. Alessandro – dal suo blog.
p. Alessandro Cortesi op
Sono un frate domenicano. Docente di teologia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘santa Caterina da Siena’ a Firenze. Direttore del Centro Espaces ‘Giorgio La Pira’ a Pistoia.
Socio fondatore Fondazione La Pira – Firenze.