Sono un frate domenicano. Docente di teologia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘santa Caterina da Siena’ a Firenze. Direttore del Centro Espaces ‘Giorgio La Pira’ a Pistoia.
Socio fondatore Fondazione La Pira – Firenze.
Il racconto della passione secondo Luca è una rilettura degli eventi storici degli ultimi giorni di Gesù, profeta della Galilea, compiuta alla luce dell’incontro con il Risorto, in cui traspaiono elementi propri della sensibilità di Luca e della sua comunità. Si può quindi leggere la lunga narrazione della passione, comune a tutti i vangeli, tentando di cogliere i tratti propri della versione lucana.
Il primo elemento caro a Luca è quello della via: la via della croce percorsa da Gesù fino a Gerusalemme è la medesima via che anche il discepolo è chiamato a percorrere nel seguire l’esempio di Gesù: lo stesso Gesù è infatti presentato come il ‘grande testimone’. Sulla via, verso il luogo della crocifissione, Simone di Cirene viene richiesto di prendere la croce di Gesù ed egli si trova a portarla dietro a lui (23,26): è questa una sottolineatura tipicamente lucana sul cammino di chi segue Gesù. Luca infatti sottolinea l’aspetto della quotidianità nella sequela: ‘Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua’ (9,23). La croce non racchiude un significato di sofferenza, anto meno di sofferenza ricercata, ma è indicazione della scelta maturata da Gesù di vivere fino infondo la sua vita per annunciare la bella notizia per i poveri, come servo di tutti.
Luca insiste poi particolarmente sui tratti di mitezza e fedeltà di Gesù: è infatti ritratto nel suo rifuggire dalla violenza mentre attorno a lui si addensano scelte di ingiustizia e di violenza. Gesù è presentato nei tratti del ‘servo di Jahwè’ perseguitato ingiustamente e fino alla fine mantiene la solidarietà con tutti, donando il perdono anche nel momento estremo della sua vita (23,34).
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Gesù comunica l’abbraccio di misericordia del Padre anche quando, guardando Pietro, lo accompagna a ‘ricordare le parole’ da lui dette (22,54-61): gli apre un futuro di perdono e gli dà coraggio rinviandolo alle sue parole.
L’intera narrazione è situata nel contesto della Pasqua: “Si avvicinava la festa degli azzimi, chiamata Pasqua…” (22,1.7). La festa di Pasqua non è importante solamente per la cronologia, ma quale grande riferimento che aiuta a comprendere il senso degli avvenimenti: l’agnello era elemento centrale della celebrazione ebraica di Pesah: Luca pone al centro la presenza di Gesù con rinvio all’agnello. Pesah recava inoltre il significato memoriale di liberazione che portava a rivivere il passaggio di Dio e il passaggio del popolo dalla schiavitù alla libertà (cfr. 22,15-20).
Anche il complotto per uccidere Gesù è letto da Luca secondo un’interpretazione teologica: potere religioso e potere politico si accordano per eliminare Gesù. E ‘un complotto che usa un tradimento: ‘…egli (Giuda) andò a discutere con i sommi sacerdoti e i capi delle guardie sul modo di consegnarlo nelle loro mani’ (22,4). Luca legge questi eventi cogliendo come l’intera passione di Gesù è una consegna libera agli uomini. E nel contempo è consegna fiduciosa nelle mani del Padre proprio nel momento della condanna e della morte: ‘questo è il mio corpo dato per voi’ (22,19), ‘Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito’ (23,46).
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Gli eventi dell’arresto, il processo davanti al sinedrio, a Erode e a Pilato, sono proposto come rinnovato scontro tra Gesù e le forze del mal: ‘colui che separa’, satana, ritorna nel ‘tempo stabilito’ per lo scontro definitivo (cfr. 4,11). L’intera esistenza di Gesù è vista quindi da Luca come una lotta del servo mandato per rimettere in libertà gli oppressi e per inaugurare un tempo di liberazione da ogni male (cfr. 4,18-19).
Davanti al sinedrio le accuse sono di tipo religioso e compare il titolo dato a Gesù di ‘Figlio dell’uomo’, titolo riferito al messia, con la citazione del salmo 110. Davanti ai capi del sinedrio Gesù si presenta con i tratti del Messia fedele alla sua missione: già in questo momento si sta compiendo una ‘salita’ continuazione del viaggio di Gesù verso Gerusalemme: ‘da questo momento sarà innalzato il figlio dell’uomo seduto alla destra della potenza di Dio’ (22,69).
Nell’interrogatorio davanti a Pilato la questione posta riguarda la pretesa di Gesù di essere re: il gesto del suo ingresso a Gerusalemme aveva i tratti di un corteo regale (19,20-40), accompagnato dal saluto dei presenti: ‘benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore! Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli’ (19,40).
Gesù di fronte alla domanda di Pilato racchiude nel silenzio della sua risposta una distanza profonda: il suo essere re è di tipo diverso dal potere di chi lo accusa. Così pure sta in silenzio davanti a Erode.
Gesù è re che non salva se stesso ma è venuto per dare la sua vita: al momento della crocifissione si compie l‘oggi’ di salvezza che attraversa l’intero vangelo. Le lutlem parole sulla croce sono di accoglienza e salvezza: ‘Oggi sarai con me in paradiso’ (23,43). Sono ripresa di parole che attraversano il vangelo: ‘Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato…’ (4,21)… ‘Oggi la salvezza è entrata in questa casa’ (19,9).
‘Stare nelle cose del Padre ‘(2,49) è la prima parola posta in bocca a Gesù nel vangelo ed è anche l’ultima prima della morte: essa racchiude l’abbandono fiducioso al padre di misericordia che ha compassione e va in cerca di ciò che è perduto (Lc 15). Sulla croce Luca scorge sul volto di Gesù il profilo del giusto che dona salvezza, non cerca di salvare se stesso, ma offre vita per tutti. I testimoni davanti al sepolcro vuoto nel mattino di Pasqua di lui diranno ‘Non è qui’ perché è ‘il Vivente’: questo l’annuncio accolto dalle donne al sepolcro nel mattino del primo giorno dopo il sabato (24,5; cfr 24,23).
Ma di fronte alla morte di Gesù tutti i personaggi che Luca presenta stanno pensosi, osservando (23,35) e per tutti c’è possibilità di una storia nuova di fronte a lui: è questa l’attitudine richiesta anche a noi in questi giorni verso la Pasqua.