GIUSTIZIA RIPARATIVA: ITINERARI BIBLICI E MEDIAZIONE UMANISTICA
La giustizia retributiva si realizza tramite l’intervento di un terzo (il giudice, lo Stato, Dio…) che impone il rispetto della legge attraverso l’attribuzione delle colpe e delle pene. Le sue strutture portanti sono acquisizioni di civiltà necessarie e preziose, ma non sempre la vittima viene veramente soddisfatta dall’esecuzione della pena, e il “terzo” è costretto ad agire usando un potere coercitivo che vittimizza il colpevole.
Non in alternativa, ma su un piano più impegnativo e profondo, si pone la giustizia riparativa, che permette a vittima e colpevole di guardarsi negli occhi, riconoscersi e ricucire le relazioni ferite.
Questo libro indaga le radici sapienziali della giustizia riparativa mostrando modelli di mediazione attestati nella Bibbia, nella tragedia greca, nel pensiero orientale. E, in dialogo con la fondatrice del metodo della “mediazione umanistica” Jacqueline Morineau, condivide il suo percorso esistenziale, in cui la ricerca della giustizia è diventata anelito spirituale e riconoscimento dell’azione del Giusto che guarisce e ricrea.
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Leggi la premessa di Donata Horak
Il dibattito pubblico sulla mediazione e sugli strumenti di giustizia riparativa non è mai stato tanto acceso in Italia come in questi ultimi mesi, in concomitanza con la parziale entrata in vigore della riforma del processo penale. Questo libro non si aggiunge alla lista delle numerose pubblicazioni di carattere tecnico-giuridico che stanno accompagnando la riforma della giustizia, peraltro sempre in trasformazione, nel susseguirsi di governi e orientamenti.
Piuttosto, il presente contributo può essere l’occasione per compiere un passo di lato rispetto all’attualità del dibattito, per andare alla ricerca delle radici profonde di quella sete di giustizia che non può trovare soluzioni soltanto nelle riforme procedurali, pur necessarie.Anche per me si è trattato di compiere un passo di lato rispetto al mio ambito più abituale, quello del diritto canonico; mi sono lasciata guidare dalla sapienza racchiusa nella Bibbia, muovendomi in punta di piedi su un terreno che non padroneggio, ma che si è rivelato ospitale.Il libro prende avvio dalla metafora del processo, che nella Sacra Scrittura è usata per descrivere l’agire di Dio, Giusto Giudice, fondando su di esso la speranza di riscatto per chi non ha diritti né voce.
Un’immagine potente e rassicurante, che però non sfugge ad alcune aporie e lascia aperta la questione della sofferenza del giusto. La questione di Giobbe. Ed è proprio nella vicenda di Giobbe, nel suo incontro-scontro con Dio, che vediamo in atto un’altra forma di ristabilimento della giustizia finemente regolamentata nella Bibbia, il rib, in cui non ci sono vincitori e vinti, ma entrambe le parti vincono perché si r-conoscono, stipulano una nuova alleanza, ricuciono la relazione interrotta. Questa tradizione sapienziale ha molto in comune con le pratiche di mediazione, e in particolare con la cosiddetta «mediazione umanistica».
Per approfondire questa dimensione della giustizia, ho coinvolto Carla Chiappini, fondatrice dell’Associazione Verso Itaca di Piacenza, con la quale condivido da anni percorsi di educazione alla giustizia riparativa nei Licei; mi ha sempre colpito la profondità del suo modo di lavorare con i detenuti e i messi alla prova, la sua attenzione alle vittime e il lavoro su se stessa a cui non si è mai sottratta.
Il suo approccio mi ha fatto capire che la giustizia riparativa non può essere il risultato automatico di tecniche o di procedure, è piuttosto frutto di una conversione dello sguardo su di sé e sull’altra parte, è rivelazione, illuminazione e catarsi, come nelle tragedie greche. È quanto emerge dalla preziosa intervista di Carla Chiappini alla fondatrice della mediazione umanistica, Jacqueline Morineau, che spiega come la sua ricerca spirituale l’abbia condotta a sperimentare itinerari di giustizia non formale e non legalistica, fino alla conversione: attraverso questi percorsi di riconciliazione si può infatti conoscere il volto di Dio. Come accade a Giobbe, che alla fine del rib non ha risposte alle sue accuse, ma dice a Dio: «Ora i miei occhi ti vedono».
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