Omelia Mattutina di Papa Francesco del 17 novembre 2016 a casa Santa Marta

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PAPA FRANCESCO

MEDITAZIONE MATTUTINA DEL 17 NOVEMBRE 2016 NELLA CAPPELLA DELLA  DOMUS SANCTAE MARTHAE

[ads1]Gesù piange su Gerusalemme. Parte da questa immagine l’omelia del Papa che ne spiega il motivo. Gesù piange perché ricorda la storia del “suo popolo”. Da una parte questo amore di Dio “senza misure” e dall’altra “la risposta del popolo egoista, sfiduciata, adultera, idolatrica”: un “amore pazzo di Dio per il suo popolo”, dice Francesco, “sembrerebbe una bestemmia ma non lo è”. Gesù infatti fa memoria dei passi dei profeti, come Osea e Geremia, quando esprimono l’amore di Dio per Israele. Sempre nel Vangelo del giorno Gesù lamenta anche: “perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata”:

“E’ questo che fa dolore al cuore di Gesù Cristo, questa storia di infedeltà, questa storia di non riconoscere le carezze di Dio, l’amore di Dio, di un Dio innamorato che ti cerca, cerca che anche tu sei felice. Gesù vide in quel momento cosa lo aspettava come Figlio. E pianse… ‘Perché questo popolo non ha riconosciuto il tempo in cui è stato visitato’. Questo dramma non è accaduto soltanto nella storia e finito con Gesù. E’ il dramma di tutti i giorni. E’ anche il dramma mio. Può dire ognuno di noi: ‘Io so riconoscere il tempo nel quale sono stato visitato? Mi visita Dio?’”.

Il Papa sottolinea che l’altro ieri la Liturgia faceva riflettere su tre momenti della visita di Dio: per correggere, per entrare in colloquio con noi, e “per invitarsi alla nostra casa”. Quando Dio vuole correggere, invita a cambiare vita. Quando vuol parlare con noi dice: “Io busso alla porta e chiamo. Aprimi!”. E a Zaccheo, per farsi invitare a casa, dice di scendere. Francesco chiede dunque di domandarsi come è il nostro cuore, di “fare un esame di coscienza, di chiedersi se “so ascoltare le parole di Gesù” quando bussa “alla mia porta” e dice :”Correggiti!”. Ognuno corre infatti un rischio:

“Ognuno di noi può cadere nello stesso peccato del popolo di Israele, nello stesso peccato di Gerusalemme: non riconoscere il tempo nel quale siamo stati visitati. E ogni giorno il Signore ci fa visita, ogni giorno bussa alla nostra porta. Ma dobbiamo imparare a riconoscere questo, per non finire in quella situazione tanto dolorosa: ‘Quanto più li amavo, quanto più li chiamavo, più si allontanavano da me’. ‘Ma no, io sono sicuro, ho le mie cose … io vado a Messa, sono sicuro…’. Tu fai tutti i giorni un esame di coscienza su questo? Oggi il Signore mi ha visitato? Ho sentito qualche invito, qualche ispirazione per seguirlo più da vicino, per fare un’opera di carità, per pregare un po’ di più? Non so, tante cose alle quale il Signore ci invita ogni giorno per incontrarsi con noi”.

Per il Papa è dunque centrale riconoscere quando veniamo “visitati” da Gesù per aprirci all’amore:

“Gesù pianse non solo per Gerusalemme, ma per tutti noi. E dà la sua vita, perché noi riconosciamo la sua visita. Sant’Agostino diceva una parola, una frase molto forte: ‘Ho paura di Dio, di Gesù, quando passa!’. Ma perché hai paura? ‘Ho paura di non riconoscerlo!’. Se tu non stai attento al tuo cuore, mai saprai se Gesù ti sta visitando o no. Che il Signore ci dia a tutti noi la grazia di riconoscere il tempo in cui siamo stati visitati, siamo visitati e saremo visitati per aprire la porta a Gesù e così far sì che il nostro cuore sia più allargato nell’amore e serva nell’amore il Signore Gesù”.