Omaggio a Davide Astori – Omelia del card. Betori

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La vita “spezzata da un male misterioso” di Davide Astori, ha detto il cardinale Betori durante l’omelia, “richiami tutti noi a prenderci cura della vita degli altri, soprattutto dei più deboli e dei più miseri. Abbiamo scoperto in questi giorni, con ammirazione l’impegno del capitano per i bambini malati nel nostro ospedale Meyer e in Paesi lontani. Ma non meno significativa è stata la testimonianza di suoi compagni più giovani, che nella squadra si sono sentiti da lui accolti, indirizzati, sorretti.”

“Non è un momento semplice, questo, per la pratica sportiva, tra chi la vuole illusoria fabbrica di idoli e chi ne vede solo le potenzialità economiche”, ma la morte di Davide Astori “ha raccolto tante attestazioni da parte di chi gli era vicino proprio a riguardo della ricchezza di valori che egli incarnava con spontaneità e verità. Riportare lo sport alla sua vocazione di luogo di crescita della persona e di promozione della vita sociale dipende essenzialmente dalla circolazione di valori autentici che solo persone autentiche possono assicurare”, ha continuato Betori, ricordando che “Davide Astori è stato un importante uomo di sport”, ed “essergli grati significa esserne eredi, con consapevolezza e semplicità”.

“Nella vita, come sui campi da calcio, si gioca in squadra: nessuno può fare a meno degli altri o può smettere di pensare agli altri. Non è vero quel che ci si vuol far credere da parte di molti, e cioè che una vita per realizzarsi ha bisogno di assoluta autonomia, di illimitata indipendenza, di totale autosufficienza. Pensare questo significa solo creare l’anticamera della solitudine e dell’aridità. Se oggi siamo qui in tanti a piangere che Davide non è più tra noi, è perché egli si è legato a tutti noi, si è compromesso con noi, incrociando le nostre storie e spendendo la sua vita per noi, nelle diverse forme dei rapporti che egli ha costruito attorno a sé”.

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La vita, ha detto il cardinale, “ci è tolta dalla morte, come una rapina, in tempi e modi imprevedibili. La fragilità della vita ci pesa in modo insopportabile, a noi uomini e donne che vorremmo avere tutto sotto controllo, essere padroni assoluti di noi stessi, delle nostre scelte, delle nostre possibilità. Della morte non abbiamo spiegazioni da offrire, che possano servire a consolare. Restiamo con il nostro dolore, soprattutto quando la morte ci toglie una persona che amiamo, un amico. È toccato a noi in questi giorni, per Davide. Non chiedetemi quindi ragioni per capire, argomenti per giustificare, motivi per essere consolati. Posso solo piangere con voi. E offrirvi qualche motivo per pensare”.

Firenze riconosce oggi Davide Astori “come uno dei suoi, un fiorentino, da sempre e per sempre”, ha continuato Betori, parlando di “coralità grande” tra “famiglia, squadra, mondo dello sport e tutta una città”, che “rivela anche che una persona è più ancora che le sue qualità, le sue doti: è anche la ricchezza delle relazioni che ha saputo costruire attorno a sé”. Per Betori “questo affetto e questa sofferenza corali ci dicono di Davide la saldezza dei suoi legami familiari; la profondità dell’amore e del progetto di vita che lo ha legato per sempre a Francesca e, grazie a lei, la tenerezza del suo affetto paterno per la piccola Vittoria; il suo impegno come uomo di sport nelle squadre in cui è stato protagonista sui campi da calcio d’Italia e prima ancora nel tessere legami aperti, leali, costruttivi con i compagni, per trovare poi quel ruolo di capitano nella Viola che lo consacra per sempre alla storia di questa società; infine, il suo inserimento in questa nostra città di Firenze”.

“Siamo qui a pregare per Davide, in questa basilica che l’Italia ha voluto fosse il sacrario degli uomini più illustri che l’hanno onorata, e che custodisce le virtù più alte del nostro popolo. Queste virtù noi riconosciamo in Davide – ha aggiunto – e per questo lo salutiamo in questo luogo”.

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