Essere tralci di vite feconda, potati,
in vista del frutto che l’agricoltore si attende:
ecco il programma, semplice ed efficace,
che Gesù affida ai suoi discepoli,
dichiarando che la vite è lui stesso,
e l’agricoltore rappresenta il Padre,
per cui il risultato – da parte loro – è certo:
è frutto abbondante e squisito,
frutto di amore e comunione.
Un’unica condizione, però, ci è posta innanzi:
accettare la sfida del rimanere stretti a Gesù,
come in un abbraccio, perché, se la sua Parola ci purifica,
è la comunione con lui e con il Padre che ci feconda
e ci permette di dare gloria a lui, con la nostra vita,
piccola, povera, sì, ma fatta di gioia moltiplicata,
primo frutto di una nuova primavera redenta.
E tutto questo darà gloria al Padre,
proprio come gliela dà la stessa vita di Gesù,
al quale ogni discepolo – per esser tale –
deve rimanere costantemente unito.
- Commento a cura dell’Oasi Mariana Betania.
- Fonte – Diocesi di Sora
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Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto.
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 15, 1-8
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
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