La domanda, oltre che ‘tendenziosa’, è piena di malizia,
e, per di più, non è rivolta direttamente all’interessato.
Ma, conoscendoli, Gesù non si lascia sfuggire l’occasione
e rivolge a loro con una risposta magistrale
che, solo chi non vuole non comprende.
Infatti, la parabola del medico e dei malati
ammutolisce tutti e non ci sono più domande.
L’invito che ne segue diventa ancora più spiazzante.
Per dei farisei che conoscono la legge e – questi
in particolare – si sentono in dovere di farla rispettare,
non c’è miglior risposta che il rimando
a ciò che dovrebbero sapere, e basterebbe loro per tacere.
Perché se loro ritengono di essere i buoni, giusti e santi
con lui – che è medico, ma di misericordia,
che ha il suo “ambulatorio” in mezzo ai derelitti della storia
e non teme contaminazioni, perché egli stesso è medicina,
che sana, consola, dona vita e gioia – sbagliano tutto.
E, dunque, è proprio il caso che vadano ad imparare
ciò che, da maestri, dovrebbero sapere:
cosa vuol dire: Misericordia io voglio e non sacrifici”.
Una lezione che anche oggi farebbe bene a tutti,
noi compresi. Anzi, per primi!
- Commento a cura dell’Oasi Mariana Betania.
- Fonte – Diocesi di Sora
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Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Misericordia io voglio e non sacrifici.
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 9, 9-13
In quel tempo, Gesù, vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?».
Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: “Misericordia io voglio e non sacrifici”. Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori».
Parola del Signore.