Messa del giorno
Is 52,7-10; Eb 1,1-6; Gv 1,1-18.
Is 52,7-10: Regna il tuo Dio!
52,7-10. Al poema di 51,9-52,2 (3-6) segue questo brano che condensa in poco spazio immagini poetiche e motivi teologici di straordinaria ricchezza. Il brano, pervaso dallโinizio alla fine da una gioiosa esperienza di salvezza, si articola in due parti. I vv. 7-8 proclamano il ritorno del Signore a Sion con lโimmagine del re che entra nella sua capitale dopo aver realizzato la vittoria decisiva sui suoi nemici. I vv. 9-10 sono, invece, un inno di lode che svolge una funzione analoga agli altri distribuiti nei cc. 40-55 e quindi costituisce la degna conclusione della presente sezione. La somiglianza del v. 7 con Na 2,1 e lโaffinitร dei vv. 9-10 con 40,9-11 costituiscono un forte indizio per ritenere che il nostro versetto non appartenga al Deuteroisaia, ma sia da mettere in rapporto con lโentusiasmo suscitato dallโopera di Neemia.
7-8. Nella gioia di un evento fondamentale per Gerusalemme il poeta contempla il messaggero che sui monti reca il lieto annuncio (v. 7). Questo vangelo si caratterizza anzitutto con tre sostantivi nei quali si condensa la speranza di Sion: pace, bene, salvezza. Il vertice e la sintesi del lieto annuncio sono costituiti dallโacclamazione Regna il tuo Dio. La formula consueta Il Signore regna (Sal 93,1; 97,1; 99,1; 96,10 (cfr. 1 Cr 16,31) o Regna il Signore (cfr. Sal 47,9; Sof 3,15; Is 24,33) รจ qui modificata in modo che colui che si manifesta come re salvatore e vittorioso appaia come il Dio che si unisce con il vincolo dellโalleanza alla sua cittร e, conseguentemente, al suo popolo (il tuo Dio).
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Eb 1,1-6: Dio ci ha parlato per mezzo del figlio Gesรน.
Il nostro viaggio allโinterno di questa grandiosa lettera-omelia, simile a una cattedrale al cui centro domina la figura di Cristo sacerdote perfetto della nuova alleanza, si apre con lโascolto del prologo, composto in un greco elegante, un vero e proprio gioiello di stile e di costruzione. In esso si delinea una sintesi della rivelazione di Dio nella storia, culminata in Gesรน, il Figlio, definito ยซirradiazione della gloria e impronta della sostanzaยป divina, espressioni di matrice biblica (Sapienza 7,2526), destinate ad affermare la divinitร di Cristo, la cui opera di salvezza รจ la ยซpurificazione dei peccatiยป umani, compiuta con la sua morte e glorificazione. Nella prima parte dello scritto si vuole esaltare Cristo come Dio e come uomo (1,5-2,18): egli รจ superiore agli angeli (1,5-2,4), eppure รจ solidale con lโumanitร (2,5-18).
Per dimostrare la sua tesi, il nostro autore ricorre a una serie di citazioni bibliche, rilette alla luce della figura di Cristo. Sono ben sette testi antico-testamentari, nei quali predominano i Salmi (2,7; 45,7-8; 97,7; 102,26-28; 104,4; 110,1), ai quali si aggiungono due passi, lโuno tratto dal celebre oracolo del profeta Natan destinato a Davide (ยซIo gli sarรฒ padre ed egli mi sarร figlioยป, 2Samuele 7,14) e lโaltro desunto dal Deuteronomio (32,43). Le citazioni sono basate sullโantica versione greca dei Settanta, usata dalla prima comunitร cristiana. Da questo florilegio di frasi bibliche si intuisce che, attraverso la rivelazione divina, รจ possibile secondo lโautore dimostrare lโassoluta superioritร di Gesรน Cristo rispetto agli angeli: egli รจ per eccellenza il Figlio di Dio, consacrato sovrano eterno e universale, adorato dalle creature angeliche.
Gv 1,1-18: Sรฌ, il Verbo si รจ fatto carne!
Il ยซVerboยป. ร la traduzione del termine greco Logos (โparolaโ). ร lโambiente biblico a ispirare il titolo, che indica la rivelazione di Dio e la sua azione creatrice attraverso il Logos-parola.
Il prologo del vangelo di Giovanni รจ affidato a un inno di straordinaria bellezza e densitร , divenuto una delle pagine piรน celebri dellโintera Bibbia. Lโavvio rimanda allusivamente e tematicamente allโinizio della Genesi: ยซIn principioโฆ Dio ordinรฒโฆยป (1,1.3). Il Cristo รจ presentato come Logos (โParolaโ, โVerboโ), termine che rimanda alla cultura greca ma che ha le sue radici nellโAntico Testamento, che celebrava la parola creatrice divina, la sapienza del Signore che tutto ordina nellโarmonia dellโessere. Cristo รจ, dunque, alle origini della realtร e della vita ed รจ nella pienezza della divinitร . A questo primo momento ne succede un altro che rappresenta la storia della salvezza.
Lโimmagine usata รจ quella, antitetica, della luce e della tenebra, il cui scontro rappresenta la vicenda di Gesรน Cristo, annunziato da Giovanni il Battista, che nellโinno appare due volte nella sua funzione di precursore (questa sottolineatura della dipendenza assoluta a Cristo ha fatto pensare ad alcuni studiosi che, qui e altrove, lโevangelista volesse riferirsi polemicamente ai gruppi che consideravano il Battista in una dimensione messianica). Lโingresso di Cristo-luce nella storia crea tensione e rifiuto, ma anche accettazione nella fede. ร questโultima, inoltre, a rendere gli uomini figli di Dio, โgeneratiโ dallo stesso Dio che รจ il Padre di Gesรน.
LโIncarnazione di Cristo รจ espressa nel famoso versetto 14 con lโimmagine della tenda (ยซvenuto ad abitareยป, che in greco suona letteralmente: ยซha posto la sua tendaยป): il tempio di pietra di Sion come si dirร esplicitamente in 2,18-22 รจ o sostituito dalla โcarneโ di Gesรน, cioรจ dalla sua corporeitร dalla sua esistenza storica che condivide con noi. Il Logos, la Parola eterna e infinita, entra nelle dimensioni umane dello spazio e del tempo, della vita della morte. Il tema dellโincarnazione, centrale nel vangelo Giovanni e nellโintero Nuovo Testamento, รจ particolarmente marcato negli scritti giovannei, probabilmente in reazione al sorgere delle dottrine gnostiche che negavano appunto il Verbo divino fatto carne, volendolo conservare nella purezza assoluta della sua trascendenza.
Lโinno si conclude con unโulteriore testimonianza del Battista, che ribadisce il primato di Cristo che รจ โprimaโ di lui, anche se venuto cronologicamente โdopoโ nella storia umana. Si esalta poi la missione del Figlio di Dio presso lโumanitร . Egli offre allโuomo soprattutto ยซla grazia e la veritร ยป. La โgraziaโ รจ la salvezza che viene effusa in pienezza: lโespressione: ยซgrazia su graziaยป, piรน che suggerire una successione (prima lโAntico e poi il Nuovo Testamento o prima Cristo e poi lo Spirito Santo), vuole indicare appunto unโeffusione costante e piena della salvezza. La โveritร โ, invece, nel linguaggio giovanneo รจ la rivelazione di Dio e del suo mistero che Cristo, ยซFiglio unigenito, che รจ nel seno del Padreยป, puรฒ donare al mondo senza riserve e con autenticitร .
Dopo il prologo, ha inizio la prima parte del vangelo di Giovanni, che si concluderร nel capitolo 12 e che รจ chiamata da alcuni commentatori il โLibro dei segniโ perchรฉ lโevangelista vi distribuisce sette โsegniโ, cioรจ sette miracoli emblematici compiuti da Gesรน. ร il tempo della rivelazione di Gesรน davanti ai โsuoiโ, cioรจ a Israele, e allโintera umanitร . Come accadeva anche negli altri vangeli, entra in scena Giovanni il Battista, il cui profilo รจ disegnato in modo originale dal quarto evangelista. Egli insiste, infatti, nel ripetere che il Battista non รจ il Messia (โCristoโ), ma solo colui che deve rivelare lโingresso del Messia nella storia.
E, infatti, nel centro di Betania, ยซal di lร del Giordanoยป (sconosciuto agli archeologi, ma forse da identificare con la localitร di Ennon-Sapsafas, in Transgiordania), Giovanni indica in Gesรน ยซlโagnello di Dio che toglie il peccato del mondoยป. Questa espressione allude al Servo sofferente del Signore, figura interpretata messianicamente dal cristianesimo, cantata da Isaia (capitolo 53) e presentata come lโagnello condotto al macello e capace di portare su di sรฉ i peccati del popolo (Isaia 53,4.7). Naturalmente non manca anche il rimando allโagnello pasquale di Esodo 12,46 (vedi Giovanni 19,36). Lo Spirito Santo che ยซscende e rimaneยป su Gesรน รจ il sigillo della sua messianicitร , ma anche della sua divinitร (ยซFiglio di Dioยป).
ยซBetania, ai di lร del Giordanoยป. Questa localitร viene cosรฌ designata per distinguerla dalla cittadina omonima, vicina a Gerusalemme, patria di Lazzaro, suo ยซamicoยป, e delle sue sorelle Maria e Marta (Giovanni 11,1.-44). Recenti scoperte archeologiche tenderebbero a identificarla con Ennon-Sapsafas, nei pressi del wadi Kharrar, in Transgiordania.
Lc 2: Anche Gesรน, come Giovanni e ogni Ebreo, viene circonciso ed entra cosรฌ nella comunitร del popolo di Dio. Viene poi condotto al tempio per essere โriscattatoโ: infatti, in memoria della liberazione dalla schiavitรน dโEgitto, ogni primo maschio ebreo era consacrato al Signore (Esodo 13,2) e la famiglia lo riacquistava al suo interno attraverso unโofferta che anche Maria e Giuseppe presentano ai sacerdoti nel tempio gerosolimitano. ร qui che essi incontrano due figure che incarnano i โpoveri del Signoreโ, cioรจ i fedeli veri, Simeone e la vedova anziana Anna. Sono costoro, mossi dallo Spirito Santo, a riconoscere in quel neonato ยซla redenzione di Gerusalemmeยป e ยซil conforto dโIsraeleยป.
Di particolare rilievo รจ la figura di Simeone, ยซuomo giusto e timorato di Dioยป. Egli si rivela come un profeta perchรฉ sa scorge-re la grande missione di quel bambino, destinato a essere il centro della storia, un ยซsegno di contraddizioneยป, con il quale si dovrร confrontare tutta lโumanitร nellโaccettazione o nel rifiuto, nella salvezza o nel giudizio. A questa tensione parteciperร pure la madre, la cui anima sarร trafitta dalla spada del dolore e della divisione che il Figlio introduce con la sua presenza. A Simeone รจ messo in bocca anche lโultimo degli inni che costellano il โvangelo dellโinfanziaโ. Esso รจ noto con le prime parole della versione latina: Nunc dimittis, ed รจ entrato fin dal V secolo nella preghiera serale della liturgia, la Compieta. In realtร รจ un saluto festoso allโalba messianica, che si sta schiudendo per Israele e tutti i popoli della terra.
A dodici anni, piรน o meno quando in Israele si raggiungeva la maggiore etร , Gesรน si reca al tempio con i suoi genitori per la festa di Pasqua. La scena di Gesรน tra i dottori ha il suo vertice nella risposta che egli dร a Maria che gli ricorda lโansia con cui lโha cercato insieme a Giuseppe: ยซIo devo occuparmi delle cose del Padre mioยป (o anche: ยซIo devo stare nella casa del Padre mioยป). Ormai egli rivela la sua missione e, anche se rimane sottomesso ai genitori terreni, il suo destino รจ quello di essere lโinviato del Padre celeste.
โDopo la fredda stagione invernale sfolgora la luce della mite primavera, la terra germina e verdeggia di erbe, si adornano i rami degli alberi di nuovi germogli e lโaria comincia a rischiararsi dello splendore del sole.
Ma per noi cโรจ una primavera celeste, รจ il Cristo che sorge come sole dal grembo della Vergine. Egli ha messo in fuga le freddi nubi burrascose del diavolo e ha ridestato alla vita i sonnolenti cuori degli uomini dissolvendo con i suoi raggi la nebbia dellโignoranzaโ
(Omelia natalizia, PG 61, 763)
โNella โgiustiziaโ di Giuseppe e nella โverginitร โ di Maria
risplende il โparadossoโ evangelico della forza
della debolezzaโ.
(GiovanniPaolo II)
โIn ogni generazione naturale รจ lโuomo,
cosciente del suo potere, forte della sua volontร , fiero della sua potenza creatrice, lโuomo autonomo e sovrano, che si trova in primo piano.
Il processo della generazione naturale non รจ segno adeguato al mistero della nascita di Cristo. Infatti questo processo รจ segno della potenza quasi cosmica dellโeros umano. Per designare questa potenza lโunione sessuale รจ il segno piรน ricco e piรน significativo.
Ma la generazione naturale non potrebbe essere considerata come segno dellโAgape divina, la quale non cerca il suo interesse.
La volontร di potenza e di dominio dellโuomo, come si esprime in particolare nellโatto sessuale, indica tuttโaltra cosa che la maestร della misericordia divina.
Ecco perchรฉ รจ la verginitร di Maria,
e non lโunione di Giuseppe e di Maria, che รจ il segno della rivelazione
e della conoscenza del mistero del Natale.
(Karl Barth)
A cura di P. ERNESTO DELLA CORTE biblista โ File PDF completo