Gesù nasce fuori
La grotta – o capanna che sia – ha il suo fascino, ammettiamolo. Che tenerezza il bimbo nella mangiatoia. D’altronde il Natale si nutre anche di buoni sentimenti e il quadretto della grotta di Betlemme ne è un serbatoio inesauribile.
Il fatto è che Gesù non nacque tanto in una grotta. Meglio dire che Gesù nacque fuori. Per Gesù non ci fu posto dentro le case e perciò rimase fuori. La mangiatoia ci suggerisce che trovò posto in una stalla adiacente una casa. Non distante dalle case quindi, vicino, anzi vicinissimo. Però ai margini.
Quella notte Gesù nasce ai bordi dell’ospitalità, della vita sociale, del mondo di relazioni che invece riempiva la casa; è come nascere in uno sgabuzzino, senza prendere le distanze ma senza invadere il campo.
Una beffa, oltretutto. Perché non poteva esserci paese migliore che Betlemme: era il luogo di origine di Giuseppe, con tutte le garanzie che i legami di parentela possono offrire; e poi era la terra di Efrata, che significa terra feconda e ricca di frutti; infine a Betlemme che coi suoi molteplici significati (“casa del pane” in ebraico, “casa della carne” in arabo, “casa del dio della fertilità” nella radice etimologica più antica) suggeriva l’abbondanza come cornice sicura di quella nascita.
D’altronde, da che mondo è mondo, la ricchezza è segno della benevolenza di Dio e di una sua speciale benedizione. Invece no, Gesù nasce fuori. Là dove si portano i rifiuti, dove stanno i poveri, dove vivono i miserabili, dove c’è la solitudine e l’abbandono, la precarietà e la paura del futuro, dove si cerca di confinare il nemico e ogni presenza sgradita. Dentro stanno i ricchi, le cose preziose, i tesori da esibire o nascondere a seconda delle circostanze, dentro stanno gli amici e gli ospiti di riguardo, dentro c’è l’accoglienza, la fraternità, la sicurezza e la serenità.
Ed era proprio così che Dio voleva. Gesù appare nel mondo senza avvisare nessuno, senza far sapere ai vicini chi è.
E’ evidente che Dio non vuole imporre suo Figlio Gesù: bisogna venire a lui, cercarlo, scoprirlo. Persino i pastori e i Magi, che pure sono stati avvisati direttamente da Dio, avevano dovuto cercare, guidati da un “segno nascosto”, senza essere condotti facilmente e direttamente alla capanna.
Gesù è infinitamente discreto: aspetta, … e forse proprio in questa discrezione, gli uomini hanno trovato un vero “segno” di Dio.
Vogliamo davvero lasciare che Gesù nasca fuori di noi? Vogliamo davvero che rimanga una suppellettile nelle nostre case o una semplice croce appesa al collo? Non è giunto il momento di farlo entrare dentro la casa? Un Bambino non si accoglie per un giorno, ma per sempre.
La sua debolezza e tenerezza da sempre attrae gli uomini, li fa arrendere, e loro si riconsocono vinti. Basta la Sua Presenza che attende, un umile modo di essere, come lo sguardo di Gesù Bambino.
Liberamente adattato da un’omelia di Natale di don Cristiano Mauri
A cura di fra Simone dal suo canale Telegram (https://t.me/centoparole)