Il desiderio profondo di esserci
La luce e la voce mettono in movimento i pastori. Mediazioni preziose che mobilitano la loro ricerca e orientano con leggerezza la loro vita verso l’incontro. I segnali sono minimi, quotidiani, troppo semplici: un bambino, dei pannolini, un luogo frequentato da animali…
Non avranno visto nascere altri bambini di notte e in condizioni di povertà? Perché quello dovrebbe essere diverso? Come poteva quel bambino indifeso portare così tanta gioia, così tanto amore, così tanta pace…? Hanno bisogno di andare insieme per scoprirlo: «Andiamo a Betlemme a vedere» (Lc 2,15). C’è molto da vedere a Betlemme, ma non tutti gli occhi riescono a farlo.
Ci sono sguardi ottusi che non saranno felici e sguardi diffidenti che non capiranno. Solo gli sguardi e i passi dei poveri e dei piccoli saranno ammirati, e la pace del cuore sarà la loro ricompensa. Una pace che, da loro, traboccherà.
A Betlemme siamo pacificati dal nostro desiderio di fare di più e di ottenere di più, dal nostro desiderio di potere e di conservazione; e se restiamo in silenzio lì, davanti al bambino adagiato nella mangiatoia, sorgerà in noi un desiderio profondo di esserci; di essere ciò che già siamo nel volto aperto di quel Bambino. Un desiderio di onorare ogni esistenza e di scendere a guardare quel luogo interiore non profanato che è in ogni persona, il luogo della sua infanzia e della sua pace.
Chiediamo al Signore Gesù che nasce per noi il dono di accogliere il mistero del Natale e lasciarci trasformare dalla sua venuta. «Si vive senza pane, senza casa, senza amore, senza felicità: non si vive senza mistero. La natura umana è fatta così. Non ci si può sottrarre al mistero quando si è fatti ad immagine e somiglianza di Dio» (L. Bloy).
A cura di fra Simone dal suo canale Telegram (https://t.me/centoparole)