La Scrittura Santa, quando vuole descrivere la bellezza di un realtà invisibile, assume la bellezza del visibile, aggiunge bellezza di una realtà a bellezza di un’altra realtà e le pone l’una accanto alle altre. La somma delle bellezze visibili dice la bellezza invisibile. Tutte insieme le bellezze delle realtà visibili messe in luce ci offrono la bellezza della realtà invisibile. È una somma di bellezze singole. Noi possiamo applicare la stessa via di cui si serve la Scrittura Santa per contemplare la bellezza della Madre di Dio.
La Sapienza, realtà invisibile, è presentata nella sua bellezza, attraverso molteplici realtà visibili. Proviamo ad riferire alla Madre del Signore queste stesse bellezze. Di sicuro esse sono infintamente inadeguate per narrare la bellezza invisibile della Madre Celeste. La sua bellezza spirituale è ben oltre l’umanamente immaginabile. Diciamo questo perché la bellezza di Maria ha esaurito tutto l’immaginabile in Dio. Se Dio, al di fuori di sé avesse potuto fare qualcosa di più bello, di certo l’avrebbe fatto per la Madre sua. Maria è la Donna oltre la quale in bellezza vi è solo Dio nel suo mistero eterno, increato. Dio non potrebbe fare una bellezza simile a quella della Madre sua.
La sapienza fa il proprio elogio, in mezzo al suo popolo proclama la sua gloria. Nell’assemblea dell’Altissimo apre la bocca, dinanzi alle sue schiere proclama la sua gloria: «Io sono uscita dalla bocca dell’Altissimo e come nube ho ricoperto la terra. Io ho posto la mia dimora lassù, il mio trono era su una colonna di nubi. Ho percorso da sola il giro del cielo, ho passeggiato nelle profondità degli abissi. Sulle onde del mare e su tutta la terra, su ogni popolo e nazione ho preso dominio. Fra tutti questi ho cercato un luogo di riposo, qualcuno nel cui territorio potessi risiedere. Allora il creatore dell’universo mi diede un ordine, colui che mi ha creato mi fece piantare la tenda e mi disse: “Fissa la tenda in Giacobbe e prendi eredità in Israele”.
Prima dei secoli, fin dal principio, egli mi ha creato, per tutta l’eternità non verrò meno. Nella tenda santa davanti a lui ho officiato e così mi sono stabilita in Sion. Nella città che egli ama mi ha fatto abitare e in Gerusalemme è il mio potere. Ho posto le radici in mezzo a un popolo glorioso, nella porzione del Signore è la mia eredità. Sono cresciuta come un cedro sul Libano, come un cipresso sui monti dell’Ermon. Sono cresciuta come una palma in Engàddi e come le piante di rose in Gerico, come un ulivo maestoso nella pianura e come un platano mi sono elevata.
Come cinnamòmo e balsamo di aromi, come mirra scelta ho sparso profumo, come gàlbano, ònice e storace, come nuvola d’incenso nella tenda. Come un terebinto io ho esteso i miei rami e i miei rami sono piacevoli e belli. Io come vite ho prodotto splendidi germogli e i miei fiori danno frutti di gloria e ricchezza. Io sono la madre del bell’amore e del timore, della conoscenza e della santa speranza; eterna, sono donata a tutti i miei figli, a coloro che sono scelti da lui.
Avvicinatevi a me, voi che mi desiderate, e saziatevi dei miei frutti, perché il ricordo di me è più dolce del miele, il possedermi vale più del favo di miele. Quanti si nutrono di me avranno ancora fame e quanti bevono di me avranno ancora sete. Chi mi obbedisce non si vergognerà, chi compie le mie opere non peccherà» (Sir 24,1-23).
Altra via per dedurre quanto grande sia la Vergine Maria agli occhi del nostro Dio è applicare a Lei quanto è detto della Sapienza in relazione al Signore. Dio, è rivelato nel Libro dei Proverbi, nulla fa senza la Sapienza. Noi sappiamo che la Sapienza di Dio è lo Spirito Santo. Sappiamo anche che è il Figlio suo Eterno. Il Padre nulla opera senza il Figlio e lo Spirito Santo. Essi sono come le sue mani, il suo cuore, il suo consiglio. Apriamo ora al mistero della Madre di Dio. Può il Signore creare l’umanità e pensare che essa gli venga sottratta dal serpente ingannatore? Fin dall’eternità Lui pensa al Figlio Incarnato e alla Madre del Figlio suo. Pensa al Figlio suo che dovrà farsi carne e pensa a dargli una Madre Santissima, Purissima, Immacolata, senza Macchia.
Pensa ad una donna sulla quale Satana non avrebbe avuto mai nessun potere, neanche il potere di inoculare nel suo cuore un pensiero difforme dai pensieri di Dio. La Vergine Maria è la sconfitta eterna del serpente. Lui dovrà sempre rodersi il cuore per l’eternità dicendo: Non sono riuscito a sedurla. Ho sedotto me stesso, ma non Lei. La Vergine Maria è Colei che fa aumentare la dannazione di Satana in modo eccessivamente pesante. Lei, la Creatura più bella dell’universo è rimasta ancorata alla sua umiltà ed è stata fatta da Dio altissima. Io ero altissimo, mi sono lasciato sedurre dalla mia luce, ho voluto farmi altissimo e sono precipitato nelle tenebre.
La Vergine Maria fa sì che il verme di Satana non solo non si acquieti. Nell’inferno esso aumenterà sempre di più la sua pena. Vedendo la Madre di Dio vincitrice su ogni seduzione di bellezza, saprà quanto grande è stata la sua stoltezza e insipienza. Comprenderà il suo peccato di superbia e si pesterà la testa in eterno. Anche in questo senso possiamo interpretare le parole della prima profezia e promessa di Dio al serpente: “Ella ti schiaccerà il capo”. Ebbene, veramente la Vergine Maria schiaccia il capo al serpente. Glielo schiaccia per l’eternità, perché esso “bestemmierà” la sua insipienza e stoltezza, vedendo dove porta l’umiltà.
La sapienza forse non chiama e l’intelligenza non fa udire la sua voce? In cima alle alture, lungo la via, nei crocicchi delle strade si apposta, presso le porte, all’ingresso della città, sulle soglie degli usci essa grida: «A voi, uomini, io mi rivolgo, ai figli dell’uomo è diretta la mia voce. Imparate, inesperti, la prudenza e voi, stolti, fatevi assennati. Ascoltate, perché dirò cose rilevanti, dalle mie labbra usciranno sentenze giuste, perché la mia bocca proclama la verità e l’empietà è orrore per le mie labbra.
Tutte le parole della mia bocca sono giuste, niente in esse è tortuoso o perverso; sono tutte chiare per chi le comprende e rette per chi possiede la scienza. Accettate la mia istruzione e non l’argento, la scienza anziché l’oro fino, perché la sapienza vale più delle perle e quanto si può desiderare non l’eguaglia. Io, la sapienza, abito con la prudenza e possiedo scienza e riflessione. Temere il Signore è odiare il male: io detesto la superbia e l’arroganza, la cattiva condotta e la bocca perversa. A me appartengono consiglio e successo, mia è l’intelligenza, mia è la potenza. Per mezzo mio regnano i re e i prìncipi promulgano giusti decreti; per mezzo mio i capi comandano e i grandi governano con giustizia. Io amo coloro che mi amano, e quelli che mi cercano mi trovano. Ricchezza e onore sono con me, sicuro benessere e giustizia.
Il mio frutto è migliore dell’oro più fino, il mio prodotto è migliore dell’argento pregiato. Sulla via della giustizia io cammino e per i sentieri dell’equità, per dotare di beni quanti mi amano e riempire i loro tesori. Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività, prima di ogni sua opera, all’origine. Dall’eternità sono stata formata, fin dal principio, dagli inizi della terra. Quando non esistevano gli abissi, io fui generata, quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d’acqua; prima che fossero fissate le basi dei monti, prima delle colline, io fui generata, quando ancora non aveva fatto la terra e i campi né le prime zolle del mondo.
Quando egli fissava i cieli, io ero là; quando tracciava un cerchio sull’abisso, quando condensava le nubi in alto, quando fissava le sorgenti dell’abisso, quando stabiliva al mare i suoi limiti, così che le acque non ne oltrepassassero i confini, quando disponeva le fondamenta della terra, io ero con lui come artefice ed ero la sua delizia ogni giorno: giocavo davanti a lui in ogni istante, giocavo sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo. Ora, figli, ascoltatemi: beati quelli che seguono le mie vie! Ascoltate l’esortazione e siate saggi, non trascuratela! Beato l’uomo che mi ascolta, vegliando ogni giorno alle mie porte, per custodire gli stipiti della mia soglia. Infatti, chi trova me trova la vita e ottiene il favore del Signore; ma chi pecca contro di me fa male a se stesso; quanti mi odiano amano la morte» (Pr 8,1-36).
La bellezza di Maria è bellezza del cuore, della mente, della volontà, dei pensieri. A Lei possiamo applicare quanto il Libro dei Proverbi dice della Donna perfetta. Dobbiamo però elevare l’altezza della perfezione. Se la donna perfetta governa la casa del marito sulla terra, Maria governa la Casa della Salvezza nei cieli e sulla terra. Che la Vergine Maria governi la Casa della Salvezza nei cieli e sulla terra ce lo rivela il Vangelo secondo Giovanni, nel suo racconto delle nozze di Cana. Al centro della scena vi è Lei: la Madre di Gesù. Tutto per Lei si muove e tutto parte dal suo cuore. Lei si muove e tutti si muovono. Lei interviene e tutti intervengono.
Si vuole dire con questa lettura del Vangelo secondo Giovanni che la Vergine Maria non è invenzione della Chiesa. Lei non è il frutto di questo o di quell’altro Padre della Chiesa, Dottore, Teologo, Maestro. La Vergine Maria è stata costituita da Dio in questo ruolo e in questa missione. Dio non toglie gloria a Cristo Gesù. Mai. Chi pensa che se la Madre viene elevata chi perde è il Figlio, è già caduto nella superbia di Satana. La verità di Maria è verità del discepolo di Gesù. È verità anche di Gesù. Più si eleva la Madre e più si eleva il Figlio. Più si eleva Maria e più si eleva il cristiano. Più si eleva Maria e più si eleva l’umanità.
In Maria si compie ciò che non si è compiuto in Satana: mostrare la bellezza della luce creata da Dio. Si compie quanto non si è compiuto in Adamo e in Eva: mostrare la vera immagine di Dio nel suo creato. Maria è la bellezza di Dio fatta creatura. Maria è la vera immagine di Dio fatta Donna. È il suo mistero. Oltre neanche Dio può.
Una donna forte chi potrà trovarla? Ben superiore alle perle è il suo valore. In lei confida il cuore del marito e non verrà a mancargli il profitto. Gli dà felicità e non dispiacere per tutti i giorni della sua vita. Si procura lana e lino e li lavora volentieri con le mani. È simile alle navi di un mercante, fa venire da lontano le provviste. Si alza quando è ancora notte, distribuisce il cibo alla sua famiglia e dà ordini alle sue domestiche. Pensa a un campo e lo acquista e con il frutto delle sue mani pianta una vigna. Si cinge forte i fianchi e rafforza le sue braccia.
È soddisfatta, perché i suoi affari vanno bene; neppure di notte si spegne la sua lampada. Stende la sua mano alla conocchia e le sue dita tengono il fuso. Apre le sue palme al misero, stende la mano al povero. Non teme la neve per la sua famiglia, perché tutti i suoi familiari hanno doppio vestito. Si è procurata delle coperte, di lino e di porpora sono le sue vesti.
Suo marito è stimato alle porte della città, quando siede in giudizio con gli anziani del luogo. Confeziona tuniche e le vende e fornisce cinture al mercante. Forza e decoro sono il suo vestito e fiduciosa va incontro all’avvenire. Apre la bocca con saggezza e la sua lingua ha solo insegnamenti di bontà. Sorveglia l’andamento della sua casa e non mangia il pane della pigrizia. Sorgono i suoi figli e ne esaltano le doti, suo marito ne tesse l’elogio: «Molte figlie hanno compiuto cose eccellenti, ma tu le hai superate tutte!». Illusorio è il fascino e fugace la bellezza, ma la donna che teme Dio è da lodare. Siatele riconoscenti per il frutto delle sue mani e le sue opere la lodino alle porte della città (Pr 31,10-31).
La Vergine Maria è la bellezza creata che deve manifestare ad ogni creatura quanto grande è l’onnipotenza del Signore. Ci si deve innamorare di Dio contemplando la bellezza della Madre sua. Il Cantico dei cantici è una pallida figura di ogni bellezza in esso descritta, dinanzi alla bellezza che avvolge la Madre del Salvatore. La bellezza spirituale della Madre di Dio è infinitamente oltre. Le immagini, le figure, gli esempi devono rimanere solo schizzi di bellezza. Esse però servono perché ogni discepolo di Gesù, che è anche Figlio della Madre di Dio, si innamori di essa e anche lui in eterno ne canti vanti e ne celebri la bellezza. È la via del vero amore. Un cuore che non canta la bellezza della Madre, che non rimane stupito, quasi incantato, in estasi dinanzi ad una bellezza così alta, attesta che è semplicemente di pietra. Ecco perché è inconcepibile che un cristiano pensi di togliere gloria a Cristo se ammira la meravigliosa bellezza della Madre sua. La bellezza è bellezza.
Sul mio letto, lungo la notte, ho cercato l’amore dell’anima mia; l’ho cercato, ma non l’ho trovato. Mi alzerò e farò il giro della città per le strade e per le piazze; voglio cercare l’amore dell’anima mia. L’ho cercato, ma non l’ho trovato. Mi hanno incontrata le guardie che fanno la ronda in città: «Avete visto l’amore dell’anima mia?». Da poco le avevo oltrepassate, quando trovai l’amore dell’anima mia. Lo strinsi forte e non lo lascerò, finché non l’abbia condotto nella casa di mia madre, nella stanza di colei che mi ha concepito.
Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme, per le gazzelle o per le cerve dei campi: non destate, non scuotete dal sonno l’amore, finché non lo desideri. Chi sta salendo dal deserto come una colonna di fumo, esalando profumo di mirra e d’incenso e d’ogni polvere di mercanti? Ecco, la lettiga di Salomone: sessanta uomini prodi le stanno intorno, tra i più valorosi d’Israele. Tutti sanno maneggiare la spada, esperti nella guerra; ognuno porta la spada al fianco contro il terrore della notte.
Un baldacchino si è fatto il re Salomone con legno del Libano. Le sue colonne le ha fatte d’argento, d’oro la sua spalliera; il suo seggio è di porpora, il suo interno è un ricamo d’amore delle figlie di Gerusalemme. Uscite, figlie di Sion, guardate il re Salomone con la corona di cui lo cinse sua madre nel giorno delle sue nozze, giorno di letizia del suo cuore (Ct 3,1-11).
Quanto sei bella, amata mia, quanto sei bella! Gli occhi tuoi sono colombe, dietro il tuo velo. Le tue chiome sono come un gregge di capre, che scendono dal monte Gàlaad. I tuoi denti come un gregge di pecore tosate, che risalgono dal bagno; tutte hanno gemelli, nessuna di loro è senza figli. Come nastro di porpora le tue labbra, la tua bocca è piena di fascino; come spicchio di melagrana è la tua tempia dietro il tuo velo.
Il tuo collo è come la torre di Davide, costruita a strati. Mille scudi vi sono appesi, tutte armature di eroi. I tuoi seni sono come due cerbiatti, gemelli di una gazzella, che pascolano tra i gigli. Prima che spiri la brezza del giorno e si allunghino le ombre, me ne andrò sul monte della mirra e sul colle dell’incenso. Tutta bella sei tu, amata mia, e in te non vi è difetto. Vieni dal Libano, o sposa, vieni dal Libano, vieni! Scendi dalla vetta dell’Amana, dalla cima del Senir e dell’Ermon, dalle spelonche dei leoni, dai monti dei leopardi.
Tu mi hai rapito il cuore, sorella mia, mia sposa, tu mi hai rapito il cuore con un solo tuo sguardo, con una perla sola della tua collana! Quanto è soave il tuo amore, sorella mia, mia sposa, quanto più inebriante del vino è il tuo amore, e il profumo dei tuoi unguenti, più di ogni balsamo. Le tue labbra stillano nettare, o sposa, c’è miele e latte sotto la tua lingua e il profumo delle tue vesti è come quello del Libano. Giardino chiuso tu sei, sorella mia, mia sposa, sorgente chiusa, fontana sigillata. I tuoi germogli sono un paradiso di melagrane, con i frutti più squisiti, alberi di cipro e nardo, nardo e zafferano, cannella e cinnamòmo, con ogni specie di alberi d’incenso, mirra e àloe, con tutti gli aromi migliori.
Fontana che irrora i giardini, pozzo d’acque vive che sgorgano dal Libano. Àlzati, vento del settentrione, vieni, vieni vento del meridione, soffia nel mio giardino, si effondano i suoi aromi. Venga l’amato mio nel suo giardino e ne mangi i frutti squisiti (Ct 4.1-16).
Sono venuto nel mio giardino, sorella mia, mia sposa, e raccolgo la mia mirra e il mio balsamo; mangio il mio favo e il mio miele, bevo il mio vino e il mio latte. Mangiate, amici, bevete; inebriatevi d’amore. Mi sono addormentata, ma veglia il mio cuore.
Un rumore! La voce del mio amato che bussa: «Aprimi, sorella mia, mia amica, mia colomba, mio tutto; perché il mio capo è madido di rugiada, i miei riccioli di gocce notturne». «Mi sono tolta la veste; come indossarla di nuovo? Mi sono lavata i piedi; come sporcarli di nuovo?».
L’amato mio ha introdotto la mano nella fessura e le mie viscere fremettero per lui. 5Mi sono alzata per aprire al mio amato e le mie mani stillavano mirra; fluiva mirra dalle mie dita sulla maniglia del chiavistello. Ho aperto allora all’amato mio, ma l’amato mio se n’era andato, era scomparso. Io venni meno, per la sua scomparsa; l’ho cercato, ma non l’ho trovato, l’ho chiamato, ma non mi ha risposto.
Mi hanno incontrata le guardie che fanno la ronda in città; mi hanno percossa, mi hanno ferita, mi hanno tolto il mantello le guardie delle mura. Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme, se trovate l’amato mio che cosa gli racconterete? Che sono malata d’amore!
Che cosa ha il tuo amato più di ogni altro, tu che sei bellissima tra le donne? Che cosa ha il tuo amato più di ogni altro, perché così ci scongiuri? L’amato mio è bianco e vermiglio, riconoscibile fra una miriade. Il suo capo è oro, oro puro, i suoi riccioli sono grappoli di palma, neri come il corvo. I suoi occhi sono come colombe su ruscelli d’acqua; i suoi denti si bagnano nel latte, si posano sui bordi.
Le sue guance sono come aiuole di balsamo dove crescono piante aromatiche, le sue labbra sono gigli che stillano fluida mirra. Le sue mani sono anelli d’oro, incastonati di gemme di Tarsis. Il suo ventre è tutto d’avorio, tempestato di zaffiri.
Le sue gambe, colonne di alabastro, posate su basi d’oro puro. Il suo aspetto è quello del Libano, magnifico come i cedri. Dolcezza è il suo palato; egli è tutto delizie! Questo è l’amato mio, questo l’amico mio, o figlie di Gerusalemme (Ct 5,1-16).
Dov’è andato il tuo amato, tu che sei bellissima tra le donne? Dove ha diretto i suoi passi il tuo amato, perché lo cerchiamo con te? L’amato mio è sceso nel suo giardino fra le aiuole di balsamo, a pascolare nei giardini e a cogliere gigli. 3Io sono del mio amato e il mio amato è mio; egli pascola tra i gigli.
Tu sei bella, amica mia, come la città di Tirsa, incantevole come Gerusalemme, terribile come un vessillo di guerra. Distogli da me i tuoi occhi, perché mi sconvolgono. Le tue chiome sono come un gregge di capre che scendono dal Gàlaad. I tuoi denti come un gregge di pecore che risalgono dal bagno; tutte hanno gemelli, nessuna di loro è senza figli. Come spicchio di melagrana è la tua tempia, dietro il tuo velo. Siano pure sessanta le mogli del re, ottanta le concubine, innumerevoli le ragazze!
Ma unica è la mia colomba, il mio tutto, unica per sua madre, la preferita di colei che l’ha generata. La vedono le giovani e la dicono beata. Le regine e le concubine la coprono di lodi: «Chi è costei che sorge come l’aurora, bella come la luna, fulgida come il sole, terribile come un vessillo di guerra?». Nel giardino dei noci io sono sceso, per vedere i germogli della valle e osservare se la vite metteva gemme e i melograni erano in fiore. Senza che me ne accorgessi, il desiderio mi ha posto sul cocchio del principe del mio popolo (Ct 6,1-12).
Vòltati, vòltati, Sulammita, vòltati, vòltati: vogliamo ammirarti. Che cosa volete ammirare nella Sulammita durante la danza a due cori? Come sono belli i tuoi piedi nei sandali, figlia di principe! Le curve dei tuoi fianchi sono come monili, opera di mani d’artista.
Il tuo ombelico è una coppa rotonda che non manca mai di vino aromatico. Il tuo ventre è un covone di grano, circondato da gigli. I tuoi seni sono come due cerbiatti, gemelli di una gazzella. Il tuo collo come una torre d’avorio, i tuoi occhi come le piscine di Chesbon presso la porta di Bat-Rabbìm, il tuo naso come la torre del Libano che guarda verso Damasco.
Il tuo capo si erge su di te come il Carmelo e la chioma del tuo capo è come porpora; un re è tutto preso dalle tue trecce. Quanto sei bella e quanto sei graziosa, o amore, piena di delizie! La tua statura è slanciata come una palma e i tuoi seni sembrano grappoli.
Ho detto: «Salirò sulla palma, coglierò i grappoli di datteri». Siano per me i tuoi seni come grappoli d’uva e il tuo respiro come profumo di mele. Il tuo palato è come vino squisito, che scorre morbidamente verso di me e fluisce sulle labbra e sui denti! Io sono del mio amato e il suo desiderio è verso di me.
Vieni, amato mio, andiamo nei campi, passiamo la notte nei villaggi. Di buon mattino andremo nelle vigne; vedremo se germoglia la vite, se le gemme si schiudono, se fioriscono i melograni: là ti darò il mio amore! Le mandragore mandano profumo; alle nostre porte c’è ogni specie di frutti squisiti, freschi e secchi: amato mio, li ho conservati per te (Ct 7,1-14).
Un’ultima breve annotazione sulla bellezza della Vergine Maria va senz’altro fatta. Quasi sempre parlando della Madre di Dio e Madre nostra, si pensa al suo concepimento immacolato. Lei – è detto – non è stata intaccata dal peccato di Adamo. In previsione dei meriti di Cristo, essa è stata redenta senza contrarre la colpa originale. Le parole dell’Angelo: “Piena di grazia – il Signore è con te”, dicono altro. La Vergine Maria non è stata concepita solo senza il peccato originale. È come se Dio l’avesse impastata, anziché di povere del suolo, come Adamo, della sua più pura grazia. È come – l’immagine non sembri ardita – se il Signore l’avesse tratta dalla costola del Figlio suo, per essere domani la carne santa da dare al Figlio.
Lo so che siamo nelle immagini ardite, ma qualcosa si deve pure osare, se si vuole conoscere chi è in realtà è la Madre del Signore. Lei è la creazione immacolata del Signore. La piena di grazia, perché impastata di grazia. “La costola del Figlio” fatta donna per essere aiuto a Lui corrispondente, non come Donna, ma come Madre. La stessa cosa avviene presso il Golgota. Gesù non consegna la Donna a Giovanni come Donna, gliela consegna come Madre. Prima Dio aveva creato la Donna dalla costola dell’uomo e l’aveva presentata all’uomo come Donna. Ora Dio capovolge la sua stessa creazione. Presenta al Figlio la donna come Madre.
Quale Donna presenta al discepolo come Madre? La Donna tratta dal Padre dalla sua costola. Questo deve condurci ad una immagine ancora più ardita. Ogni discepolo di Gesù, imitando il suo Maestro, deve trarre la Madre di Dio dalla sua costola e dopo aver fatta sua vera Madre, la deve consegnare ad ogni uomo come sua vera Madre. È come se il cristiano dovesse imitare sempre il Padre e il Figlio. Trarre dal proprio cuore, dalla propria costola la Madre sua, farla divenire vera sua Madre come è stato per Cristo, lasciandosi ogni giorno fare suo vero figlio. Come suo vero figlio, la trarrà dal suo cuore e dalla sua costola e la offrirà ad ogni altro uomo come sua vera Madre.
Questa via è la sola possibile per consegnare Maria all’uomo. È come se Gesù prima di versare dal suo costato aperto il sangue e l’acqua della nostra redenzione eterna, avesse versato dal suo fiato la Madre sua per consegnarla al suo discepolo. Discepolo e Madre sono stati soffiati dalla bocca di Cristo Crocifisso e dati l’una all’altro. Parlo sempre per immagini e figure ardite. Ma immagini e figure vogliono rivelare qualcosa di questo mistero. unico nell’universo. Non vogliamo che questi pensieri divengano “principi teologici” per nessuno. Vogliamo solo dire che se il cristiano non vive questa relazione purissima di “creazione” e di dono, non ama veramente Maria.
Angeli, Santi, aiutateci a contemplare la Vergine Immacolata nella sua bellezza insuperabile. Fate che in questa Novena che celebriamo in suo amore, il nostro amore per Lei cresca a dismisura in modo da attrarre alla sua bellezza ogni altro uomo. Questa grazia chiedete per noi al Padre, per Cristo, nello Spirito Santo.
A cura di mons. Costantino di Bruno