Noah โ€“ recensione del film

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Noah_Italy_Teaser_onlineTimone saldo e navigazione a vista consentono a Darren Aronofsky di sopravvivere al diluvio di maldicenze che si era preventivamente abbattuto sul suo Noah, permettendogli a conti fatti di mandare in porto la sua maestosa Arca della discordia. Non era scontato. Per la delicatezza dellโ€™argomento, per la convergenza esplosiva di sensibilitร , tradizioni e monoteismi diversi, per lโ€™esiguitร  del racconto e, last but not least, per la dimensione produttiva del progetto, nel quale una grande major americana era disposta a versare un fiume di denari (alla fine saranno 130 milioni di dollari). 

Unโ€™operazione ad alto rischio che avrebbe scoraggiato anche il piรน scafato insider hollywoodiano e che invita a soprassedere sulle cadute e le imperfezioni che pure caratterizzano il film di Aronofsky, uno di cui si puรฒ dire di tutto meno che accusarlo di sudditanza allโ€™industria.
Il primo problema che si poneva al temerario filmaker era lโ€™estrema esiguitร  narrativa del dettato biblico: lโ€™episodio del diluvio occupa nella Genesi appena quattro capitoli (6, 9 โ€“ 9, 19), con un protagonista che non parla mai e di cui il Libro sostanzialmente dice poco. Aronofsky, coadiuvato allo script da Ari Handel, rimpolpa il racconto pescando dalla tradizione religiosa (Rotoli del Mar Morto, il Libro di Enoch, il Libro dei Giubilei), dallโ€™immaginario collettivo (dalla pittura al cinema) e dallโ€™immaginazione personale. Lโ€™eterogeneitร  delle fonti sostanzia drammaturgicamente il racconto, da una parte arricchendolo di suggestioni e dallโ€™altra esponendolo al fuoco di fila dei puristi.

Dopo un brevissimo e coloratissimo prologo sullโ€™origine del mondo, il film inizia con lโ€™uccisione di Lamech, padre di Noรจ, davanti agli occhi sconvolti del giovane e futuro patriarca. A sporcarsi le mani di sangue รจ Tubal-Cain (Ray Winstone), discendente dellโ€™infame stirpe di Caino, un personaggio inventato di sana pianta che serve a introdurre il primo cardine tematico del film, la spirale della violenza e della vendetta.
Segue unโ€™ellissi โ€“ la prima delle tante โ€“ e ritroviamo Noรจ (Russell Crowe) giร  uomo, mentre รจ a spasso per i campi con due dei suoi tre figli, Sem e Cam (nella versione adulta saranno interpretati da due beniamini dei teenager come Douglas Booth e Logan Lerman). Sem strappa un fiorellino dalla terra attirandosi il rimprovero del padre che gli ricorda di prendere dalla natura solo ciรฒ che gli serve. La paternale viene interrotta dalla comparsa di una specie di cervo preistorico che corre via ferito inseguito da alcuni uomini. Noรจ li affronta e li uccide tutti. 
Si intuisce giร  da queste due scene iniziali la direzione che Aronofsky vuole imprimere al suo kolossal: ogni sequenza deve essere massimamente evocativa e paradigmatica, capace di condensare in pochi minuti senso e intenzioni sotterranee. Apprendiamo cosรฌ che il patriarca รจ il primo vegano della storia, che la natura รจ armonia, gli animali senza colpa e gli uomini i portatori di disequilibrio. I conti con la modernitร  Aronofsky li fa dunque da subito.

La terza scena, ma potremo dire il terzo polo semantico, ci presenta la famiglia al completo: di Sem e Cam abbiamo detto, restano da scoprire la moglie Naameh (brava Jennifer Connelly), e il terzogenito Jafet, a cui si aggiungerร  piรน tardi una figlia adottiva di fantasia, Ila, la cui importanza nellโ€™economia del progetto va al di lร  del diretto coinvolgimento di una star come Emma Watson.
In Noah le donne sono importanti. Con una sterzata vagamente femminista, Aronofsky affida loro il compito di svelare, dietro lโ€™opera di distruzione, lโ€™autentico disegno di salvezza del Creatore (nessuno qui lo chiama mai Dio). Esse incarnano la feconditร  della Natura e aprono alla misericordia lโ€™intransigente cuore castigatore del protagonista, assorbito fino al fanatismo dallโ€™ingrato compito che โ€“ lui ritiene โ€“ il Creatore gli ha voluto assegnare. 
Quello tra femminile e maschile รจ un contraltare denso di pathos e significato, attraverso cui Aronofsky persegue un delicato bilanciamento ideologico: se lโ€™ossessione della purezza, del servizio, della colpa e del castigo, fanno di Noรจ il pilastro dellโ€™ebraismo, la sofferente pietร  di cui sono depositare le donne del film, lo pone piรน sul versante cristiano. Eโ€™ come se il primo suggellasse la nuova alleanza e le seconde gli fornissero un contenuto. 

Dโ€™altra parte il circuito tra obbedienza, giustizia e misericordia รจ tuttโ€™altro che risolto, e il loro intrecciarsi lascia campo allโ€™ambiguitร : contravvenendo al presunto imperativo divino, Noรจ risparmia la sua discendenza โ€“ le due gemelle date alla luce da Ila โ€“ ma poco prima sacrifica lโ€™intera umanitร , innocenti compresi. Ila gli spiega che Dio ha messo nelle sue mani la facoltร  di decidere se valga o no la pena di salvare i figli di Adamo โ€“ sancendo di fatto la realtร  del libero arbitrio โ€“ ma la questione sembra non doversi porre per i tanti che non hanno trovato accoglienza sullโ€™Arca. Eโ€™ uno di quei cortocircuiti morali cui va incontro il film nel momento in cui decide di โ€œtradireโ€ il testo biblico per ragioni narrative. 
Nella Genesi non cโ€™รจ traccia di Ila, cui la sceneggiatura delega il futuro dellโ€™umanitร , semplicemente perchรฉ il problema della discendenza non si pone: ciascuno dei figli di Noรจ sale sullโ€™arca accompagnato dalla rispettiva moglie. Insomma il disegno divino รจ di gran lunga piรน coerente e lungimirante dello storytelling hollywoodiano.

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Discutibile, ma a nostro modo di vedere felice, anche la scelta di introdurre nel racconto i โ€œGuardianiโ€, creature a metร  strada tra i giganti di pietra tolkeniani e i transformers della Hasbro, ispirati perรฒ ai Nefilim delle terre di Canaan. Si tratta di angeli che, impietositi dalla cacciata di Adamo, decidono di dargli una mano finendo per condividerne il destino: contravvenendo al Creatore vengono precipitati anchโ€™essi , perdendo la loro natura luminosa per rinascere impasto di fango, polvere e terra. 
Un azzardo, una concessione al fantasy, che funziona perรฒ tanto dal punto di vista allegorico quanto da quello visivo. Queste anime schiacciate da unโ€™insostenibile pesantezza terragna sono anche le nostre. La sequenza in cui si liberano e ritornano al Cielo รจ tra le piรน belle di Noah, insieme a quella impressionante del diluvio e alla ritrovata fertilitร  di Ila per mano di Matusalemme (un efficace, โ€œgollumianoโ€, Anthony Hopkins). 

Aronofsky in definitiva ci regala un kolossal dโ€™autore che balla come lโ€™Arca sulla terrificante maestositร  delle acque. 
Momenti autentici e ruzzoloni new age si sfiorano, sโ€™intrecciano, si confondono, evocando il kitsch senza mai veramente abbracciarlo. In questo, la fisicitร  sinistra e legnosa di Russell Crowe sembra incarnare perfettamente la natura ambivalente del film.
Assai suggestiva la colonna sonora di Clint Mansell e la fotografia di Libatique, che ricrea in Islanda unโ€™ostile e credibile terra antidiluviana. 
La carne al fuoco รจ tanta, ma la sapienza visiva di Aronofsky e il suo sfacciato ecumenismo scongiurano la frittata. Il rischio semmai รจ che questo esercizio di pirotecnico equilibrio finisca per soddisfare tutti senza piacere veramente a nessuno.

di Gianluca Arnone per cinematografo.it

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