La morte non avrร lโultima parola
Se la liturgia di domenica scorsa era un invito a mantenere salda la fiducia quando la tempesta ci fa paura, quella di oggi ci vuole rassicurare sul fatto che, non solo รจ possibile camminare sullโacqua, ma annuncia una veritร ancora piรน grande: non sprofonderemo nel nulla inghiottiti dai flutti della morte.
Non รจ una novitร che il โperchรฉโ della morte sia la grande domanda che attraversa tutta la Bibbia, anzi, รจ il problema dal quale parte quella che siamo abituati a chiamare storia della salvezza, o โriparazione del guasto originaleโ come amo dire.
ร una domanda che ci si presenta infinite volte, sia considerando noi stessi sia ascoltando notizie quotidiane di tutti i generi che non hanno altro effetto che quello di farci vedere il mondo come un intreccio di assurditร inspiegabili, di violenza pura, di meccanismi di morte che hanno fatto dire a Chesterton che ยซlโuomo non รจ mai come gli animali: o รจ migliore o รจ peggio di loroยป.
Il percorso delle letture segue il solito cammino in tre tappe: nella prima ascoltiamo un messaggio rassicurante col quale si afferma che ยซDio non ha creato la morteยป, nel vangelo il racconto di due storie ci mostra in Gesรน la persona che traduce in realtร le parole del messaggio, mentre la lettura apostolica indica come la generositร verso chi ha bisogno sia un mezzo molto concreto per sconfiggere i segni di morte che appaiono ovunque.
Il Dio della vita
La prima Lettura รจ tolta dal libro della Sapienza (1,13-15; 2,23-24), e mette insieme affermazioni molto distanti tra loro, che perรฒ costituiscono un blocco unitario, un breve condensato di veritร decisive.
Il libro, entrato tardi nel canone delle Scritture, ha il pregio di presentare la sua dottrina su uno sfondo di totale e inconciliabile opposizione: i giusti e gli empi. Didatticamente รจ una scelta molto efficace, da fissare bene nella mente, anche se poi lโesperienza รจ molto piรน confusa e contraddittoria. Ma almeno si ha un criterio di giudizio che permette di orientare il discernimento nel bailamme.
Peraltro, simile scrittura in bianco e nero si ritrova ovunque nel quarto vangelo e negli scritti che vanno sotto il nome di Giovanni. Lโimportante รจ non usare tale categorizzazione con lโansia di decidere da quale parte ci troviamo, perchรฉ questa รจ lโanticamera del fondamentalismo. Il nostro paesaggio comprende ambedue le possibilitร .
La figura di Dio che esce dallo splendido testo rasserena e incoraggia: ยซDio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Egli infatti ha creato tutte le cose perchรฉ esistano; le creature del mondo sono portatrici di salvezza, in esse non cโรจ veleno di morte, nรฉ il regno dei morti รจ sulla terraยป. Questa รจ la prima parte della dichiarazione.
Ma il mondo che vediamo non รจ cosรฌ, e la seconda parte del messaggio spiega il perchรฉ: ยซPer lโinvidia del diavolo la morte รจ entrata nel mondo e ne fanno esperienza coloro che le appartengonoยป.
La Sapienza รจ opera sorta in ambiente ellenistico, probabilmente ad Alessandria, ed รจ datata alla fine del 1ยฐ secolo avanti Cristo, a ridosso del tempo di Gesรน e del Nuovo Testamento. Troviamo qui una sintesi della dottrina che risponde al โperchรฉโ della presenza del male nel mondo, perfettamente in tema con il racconto del peccato originale (Gen 3), scritto parecchi secoli prima, tra il IX e lโVIII secolo avanti Cristo.
Lโinvidia del diavolo รจ spiegata dallโesegesi patristica e monastica come la reazione degli angeli ribelli, che non potevano sopportare lโidea che le creature umane fossero venute a occupare il posto lasciato vuoto da loro.
ย Segni di morte e segni di vita
Davanti a questa prospettiva grandiosa di lettura del โmondo e della storiaโ, il brano offerto dalla seconda Lettura (2Cor 8-9.13-15), sembra una cosa molto piccola: รจ la cosiddetta โcollettaโ che lโapostolo Paolo invita a raccogliere nella comunitร di Corinto per venire in soccorso alla Chiesa di Gerusalemme.
A pensarci bene, perรฒ, la cosa puรฒ benissimo essere inserita nel tema presentato dalla prima Lettura. Lo stato di miseria di una comunitร povera รจ in qualche modo un segno di โmorteโ, mentre la generositร di una comunitร โriccaโ sotto diversi aspetti assume il significato di un segno di โvitaโ. Le cose grandi, infatti, non esisterebbero senza le cose piccole. Lโesempio viene dallo stesso Gesรน, che ยซda ricco che era si รจ fatto povero per noi perchรฉ diventassimo ricchi della sua povertร ยป.
Non credo sia necessario commentare oltre questo passaggio. La ricchezza vera, a tutti i livelli, consiste nella generositร che porta a donare e a donarsi, mentre la grettezza, personale e comunitaria, รจ un segno che preconizza quella povertร totale che รจ la morte.
Miracoli a incastro
Il vangelo (Mc 5,21-43) รจ molto lungo rispetto alle misure solite, ed รจ prevista una versione breve che elimina il brano della guarigione dellโemorroissa. Cโรจ chi la preferirebbe, preoccupato della stanchezza possibile degli ascoltatori, ma sconsiglio vivamente dal farlo: lโuditorio si stanca quando deve subire un modo di leggere noioso e neutro. Oltretutto, vista la straordinaria abilitร narrativa di Marco, il problema รจ un altro: proclamare lentamente il testo, sottolineandone nel modo stesso di trasmetterlo tutta la drammaticitร , facendo particolare attenzione ai sentimenti espressi dai vari personaggi.
Del resto, dopo una lettura fatta bene, da โattoreโ, direi, senza fare teatro, che si identifica con i personaggi della storia che racconta, non รจ piรน neanche necessario farne il riassunto per introdurre lโomelia: lโascoltatore attento ha giร capito tutto.
Ho detto che le veritร proclamate dalla Sapienza diventano qui realtร sperimentabili. Le due storie sono molto diverse tra loro, e perรฒ sono incastrate lโuna nellโaltra in un unico quadro.
Il primo รจ un miracolo che sembra fatto di nascosto, il secondo รจ un gesto che ha per contorno una ยซgran follaยป. Se si confrontano i due racconti con la loro versione in Matteo e Luca, si vede subito la drastica riduzione che la pagina ha subรฌto nelle mani degli altri due sinottici. Questa si vede giร nellโapprensione con cui il capo della sinagoga, Giร iro, presenta la sua richiesta.
Ma la differenza appare ancora piรน netta nel modo con cui Marco introduce la donna che soffriva da dodici anni di un flusso di sangue: di lei dice che ยซaveva molto sofferto per mano di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorandoยป. Si direbbe che la donna รจ vicina alla disperazione ma, al sentire del passaggio di Gesรน, fa un tentativo che unisce timidezza e coraggio, e pensa: ยซSe anche tocco la sua veste, sarรฒ salvataยป. Detto fatto.
Ma Gesรน intende stanarla, e presentarsi a lei con il suo volto, non solo con un lembo della veste. La donna viene avanti, ยซimpaurita e tremanteยป, ma il suo racconto dellโaccaduto ne fa allโistante una evangelista. Gesรน la rassicura: ยซLa tua fede ti ha salvata. Vaโ in pace e sii guaritaยป. ร la fede che salva, e che viene prima della guarigione.
La vicenda riprende con Gesรน che, sempre circondato dalla folla, va verso la casa di Giร iro. Gli dicono che la fanciulla รจ giร morta, ed รจ inutile che egli si porti verso di lei. Ma lui procede imperterrito, e non permette a nessuno di seguirlo se non a Pietro, Giacomo e Giovanni, i tre della Trasfigurazione, scelti perchรฉ in seguito avrebbero portato la loro testimonianza.
Il trambusto della folla, che urla, piange e strepita, lo disturba, e per calmarla dice che ยซla bambina non รจ morta, ma dormeยป. Parole che sconcertano la gente, che deride Gesรน, il quale, a questo punto, caccia via tutti.
Davanti al cadaverino, con lโautoritร con cui aveva detto alla tempesta di vento sul lago: ยซTaci, chiudi la boccaยป, qui dice: ยซTalitร kumยป, cioรจ ยซFanciulla, io ti dico, alzatiยป. La fanciulla si alza e cammina; ยซaveva infatti dodici anniยป, come quelli della donna che avevo patito di flusso di sangue per un periodo analogo.
A parte lo sbigottimento della folla, tutto ritorna nella normalitร , con Gesรน che raccomanda di โdare da mangiareโ alla bambina. Sembra che Gesรน, in questo stadio della sua vita, ami fare miracoli โdi nascostoโ, perchรฉ anche qui raccomanda ยซcon insistenza di non dire a nessuno quanto รจ accadutoยป. Del significato di questo ordine si รจ giร parlato.
Cosa ci dicono queste storie? Due cose, soprattutto. Anzitutto il numero dodici con cui Marco collega i due episodi, pare sia un chiaro riferimento alla condizione di โmorteโ delle due donne: lโemorroissa, perchรฉ il suo male la condannava a una morte rapida, la fanciulla perchรฉ aveva raggiunto lโetร che la rendeva capace di sposarsi e di generare vita, cosa che le sarebbe stata impedita dalla morte.
Ma, soprattutto, sia nella donna sia in Gesรน vengono demoliti una serie di tabรน: per la donna, dato che il suo male la rendeva impura, il toccare Gesรน e il rivolgersi a lui; per Gesรน il lasciarsi toccare da una donna, il parlare in pubblico con lei, e, nel caso della ragazza morta, il toccare un cadavere, altro gesto che rendeva impuri.
Queste storie proclamano non solo che in Gesรน la morte รจ vinta, ma che il suo comportamento cancella fastidiosi tabรน religiosi e sociali.
Cโรจ una โnarrazione cristologicaโ in questo vangelo: Gesรน emerge come colui che, davanti alla sofferenza, si lascia guidare solo e primariamente dalla โcompassioneโ, a costo anche di infrangere norme rigorosamente codificate. In breve: รจ un Gesรน medico delle anime e dei corpi.
Fonte – per gentile concessione di Settimana News | Commento a cura di Nico Guerini