Nico Guerini โ€“ Commento al Vangelo di Domenica 25 Aprile 2021

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Il buon pastore dร  la vita

La IV di Pasqua, ogni anno, ci presenta al centro la figura del buon pastore proponendo tre brani per le tre domeniche A, B e C, tutti scelti dal medesimo capitolo di Giovanni, il 10,1-18. Lโ€™immagine รจ dolcemente lirica, soprattutto legata al magnifico Salmo 22, uno tra i piรน noti e cantati.

Ma questo รจ solo un risvolto di una realtร  molto piรน severa. Nellโ€™Inno di Terza dal tempo quaresimale si ricupera lโ€™altra faccia della medaglia, cruciale per leggere la figura del pastore nel suo significato completo. Provo a dare una traduzione del latino: ยซCondotto allโ€™ora terza / a consegnarsi vittima, / portando il suo patibolo / la pecora perduta ricondusseยป. Il buon pastore รจ figura dellโ€™intero mistero pasquale, che include croce e risurrezione.

Come รจ noto, nelle catacombe, quando era difficile rappresentare la croce nella sua brutalitร , essendo ancora un patibolo ben noto e repellente, riservato ai delinquenti, si usรฒ rappresentarla nella figura proprio del buon pastore, a riprova che i cristiani dโ€™allora capivano benissimo il senso nascosto dellโ€™immagine.

La quartina dellโ€™inno, collocata non a caso allโ€™ora terza, le nove del mattino, รจ una sintesi vertiginosa della Via Crucis che terminerร  allโ€™ora sesta, mezzogiorno, quando Gesรน sarร  crocifisso. La resa non ha potuto rendere, per mantenere il ritmo, lโ€™intera frase latina che recita crucis suspendium, termine che non รจ difficile capire se solo pensiamo al verbo italiano โ€œsospendereโ€, perchรฉ in effetti si trattava del palo traverso orizzontale (il palo verticale, come รจ noto, era fisso sul posto) dove erano โ€œsospesiโ€ i crocifissi. Si รจ pensato di renderlo con โ€œpatiboloโ€, che sottintende facilmente lโ€™immagine della croce.

Questo puรฒ disturbare un poโ€™ la figura piรน tradizionale del Cristo che porta lโ€™intera croce, ma rimanda solo a ciรฒ che accadeva veramente, certo piรน significativa per capire che quel suspendium รจ ora sostituito, nella figura trasfigurata del buon pastore, dalla โ€œpecora perduta e ritrovataโ€ che il pastore si porta sulle spalle, quellโ€™unica pecora delle cento che si era perduta (Mt 18,13), la quale nella letteratura patristica e monastica รจ continuamente interpretata come simbolo dellโ€™intera umanitร  dopo il peccato.

Si stia attenti anche allโ€™eco evidente tra โ€œcondottoโ€ e โ€œricondusseโ€, il primo, al passivo, riguarda Gesรน che sale al Calvario; il secondo, allโ€™attivo, riguarda invece il Cristo risorto che, con il suo martirio, rovescia il fallimento della croce nella vittoria sulla morte, per lui e per noi. Il senso della passione e del suo esito รจ tutto concentrato qui, una combinazione non facile da mantenere, con il rischio di accentuare ora lโ€™uno ora lโ€™altro dei due aspetti, come รจ accaduto nella storia della pietร  cristiana, una storia che il Vaticano II ha inteso in un certo senso raddrizzare proponendo ripetutamente, nel mistero pasquale, lโ€™unione inscindibile di passione, morte e risurrezione, in cui tutto si tiene.

La salvezza รจ nel nome di Gesรน

La prima lettura (At 4,8-12) riprende uno dei tanti discorsi di Pietro, che stiamo ascoltando in ognuna delle domeniche di questo tempo pasquale, in cui lโ€™apostolo proclama senza stancarsi il kรฉrygma, cioรจ lโ€™annuncio solenne della confessione di fede primitiva, che farร  da ritornello unico e costante nelle lettere di Paolo, per il quale non contava sapere altro per salvarsi. Pietro deve spiegare a tutto il sinedrio riunito: โ€œcapi, anziani, scribi, sommi sacerdoti e loro famiglieโ€ (At 4,5), perchรฉ, a imitazione di Gesรน, egli abbia potuto guarire uno storpio semplicemente con una parola: ยซNel nome di Gesรน Cristo, il Nazareno, alzati e cammina!ยป (At 3,6). Questo รจ il kรฉrygma, o primo annuncio, perfetto nella sua concisione, che dice lโ€™essenziale. Il nome che salva รจ ยซquello di Gesรน Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai mortiยป, cui seguono due principi chiari:

  1. ยซQuesto Gesรน รจ la pietra che รจ stata scartata da voi, costruttori, e che รจ diventata la pietra dโ€™angoloยป,

2. ยซIn nessun altro cโ€™รจ salvezzaยป.

Tutto qui, ma questo รจ davvero tutto, da dove deriva lโ€™intera teologia della redenzione: il prezzo che รจ costata, e il risultato conseguito, due aspetti connessi e interdipendenti, che รจ indispensabile tenere uniti, pena il rischio di fraintendere, e di cadere o in un dolorismo eccessivo che parla sempre e solo di croce, o in un ottimismo fasullo, che finisce per ignorare che il bene e la pace hanno un prezzo, che puรฒ essere talvolta anche molto alto, come mostrano i martiri.

La Pasqua รจ un mistero dโ€™amore

Con la seconda lettura (1Gv 3,1-2) arriviamo a cogliere il cuore di Dio che spiega il motivo profondo e il senso della morte e risurrezione di Gesรน: questo รจ infatti il senso primo e ultimo del kerygma.

Mentre scrivo, mi sono messo sullo sfondo la Cantata n. 64 di Bach, Sehet welch eine Liebe (Vedete quale grande amore), che comincia con un coro che mette in musica proprio le prime parole del brano di Giovanni. Mi colpisce sempre, ascoltandolo, il numero impressionante di volte con cui si ripete lโ€™invito โ€œVedeteโ€, quasi un appello pressante a non distogliere mai lo sguardo dal mistero dโ€™amore rivelato nella Pasqua, un amore che ha il suo fine in un traguardo inimmaginabile: ยซSiamo chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!ยป, una ripetizione necessaria perchรฉ lโ€™incredibile รจ diventato realtร , ed รจ una convinzione che puรฒ vacillare per tante ragioni, ma che deve rimanere fissa nella nostra memoria.

Certo, Giovanni stesso riconosce la difficoltร  quando ammette: ยซNoi fin dโ€™ora siamo figli di Dio, ma ciรฒ che saremo non รจ ancora rivelatoยป. Ma รจ proprio questa la condizione della fede, definita ยซfondamento di ciรฒ che si spera e prova di ciรฒ che non si vedeยป (Eb 11,1). Ricordo che Come se vedesse lโ€™invisibile (cf. Eb 11,7) fu scelto per titolo di una via crucis del 2013, e questa รจ la nostra condizione, che porta ad agire โ€œcome seโ€, fermi nella fede in ciรฒ che รจ giร  accaduto, e nella speranza che questo possa realizzarsi anche per noi.

Le qualitร  del pastore buono

Il brano proposto per il Vangelo (Gv 10,11-18) รจ la conclusione del discorso in cui Gesรน si presenta come โ€œil buon pastoreโ€.

Nelle parti precedenti Gesรน aveva illustrato le qualitร  di un buon pastore, qui invece, per la prima volta, esce dallโ€™indeterminatezza, e afferma che รจ lui il buon pastore, a dire che chiunque vuole essere un pastore buono deve ispirarsi a lui, lโ€™unico a meritarsi in maniera piena e integrale tale titolo. Non รจ un caso, del resto, che lโ€™affermazione sia introdotta da un ยซIo sonoยป, che riappare di continuo nel quarto vangelo, eco precisa di quel ยซIo sonoยป, nome con cui Dio stesso si presenta a Mosรจ sul Sinai (Es 3,14).

Quali sono le qualitร  con cui Gesรน caratterizza il suo titolo di pastore?

La prima รจ impressionante, impegnativa e radicale: ยซil buon pastore dร  la propria vita per le pecoreยป. Perchรฉ mai? Perchรฉ egli sa che ยซle pecore gli appartengonoยป, gli sono affidate, e diventa un obbligo prendersene cura, proteggerle e difenderle.

La seconda qualitร , derivata in piena logica dalla prima, รจ che ยซConosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, cosรฌ come il Padre conosce me, e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecoreยป. รˆ ben noto lo stile di Giovanni, lโ€™uso cioรจ, giร  allโ€™inizio del Prologo, di creare mediante ripetizioni e parallelismi un โ€œcircolo verbaleโ€ che evoca due esseri che si abbracciano lโ€™un lโ€™altro. Qui avviene nel rapporto tra il pastore e le pecore, riflesso di quello tra Gesรน e il Padre. Spero che queste sottolineature stilistiche non appaiano come svolazzi inutili di esteti della parola, ma semplicemente per quello che sono, segno di un amore alla parola, sia nel suo significato iconico in quanto contenente unโ€™immagine, sia nelle sue strutture sintattiche. Senza queste attenzioni si rischia di โ€œscivolareโ€ sui testi, e invece di farli parlare, seppellirli magari sotto un cumulo di facili e scontati moralismi.

La terza qualitร  del buon pastore, visti i benefici che derivano dalla sua โ€œcuraโ€ delle pecore, รจ il desiderio di ยซguidarle tutte nello stesso recintoยป, cosรฌ da avere ยซun solo gregge, un solo pastoreยป. รˆ quellโ€™ideale di unitร  che costituisce il primo e ultimo scopo della missione di Gesรน, come affermerร  lui stesso nellโ€™ultima cena (Gv 17,21-23).

La quarta qualitร  ritorna a dare corpo alla prima, per cui il ยซbuon pastore dร  la vitaยป. Questa tecnica di chiudere con la stessa frase, o immagine, lโ€™inizio e la fine di un discorso si chiama โ€œinclusioneโ€, e il suo scopo รจ mostrare la coerenza e la compattezza di quanto รจ stato affermato, come a dire: tutto sta o tutto crolla, se si toglie anche solo una frase dal periodo. Per di piรน, qui Gesรน non usa una semplice ripetizione, ma ricupera tutto quanto ha detto prima espandendo il senso e lโ€™effetto del โ€œdare la vitaโ€.

Emerge ora lo strettissimo rapporto che esiste tra lui e il Padre. Anzitutto questo โ€œdono della vitaโ€ gli procura lโ€™amore del Padre: si potrebbe dire che amore chiama amore, e la veritร  di questo principio รจ qui solennemente riaffermata.

In secondo luogo, questo dono รจ libero e volontario, perchรฉ nessuno gli puรฒ togliere la vita, ma รจ lui a metterla a disposizione. Il racconto della passione in Giovanni รจ fortemente marcato da questa disposizione, perchรฉ Gesรน non vi appare, come nei sinottici, vittima di poteri superiori, ma รจ lui a guidare la vicenda. Oltretutto, una vita donata รจ una vita salvata (Mc 8,35 e par.).

La chiusa รจ mirabile, perchรฉ lui non fa altro in questo che โ€œobbedireโ€ a un comando del Padre, quella obbedienza che รจ al centro del magnifico inno cristologico di Fil 2,8, che era cantato nelle prime comunitร  cristiane a perenne memoria del modello.

Leggi qui il brano del Vangelo

Fonte โ€“ per gentile concessione di Settimana News | Commento a cura di Nico Guerini