Possono convivere gioia e penitenza?
La quarta di Quaresima, a partire dalla prima parola dellโIntroito, รจ nota come la domenica Laetare (Rallegrati), in parallelo con la terza di Avvento chiamata per lo stesso motivo Gaudete (Gioite). Pare che tali denominazioni indichino un momento di rilassatezza nelle pratiche severe (magro, digiuno ecc.) che caratterizzavano questi tempi forti dellโanno liturgico, marcati da una vita di penitenza.
La Quaresima comincia con le Ceneri, che sono precedute dal Carnevale. Il nome pare derivi dallโobbligo di โlevare la carne dalla mensaโ, ma le feste carnascialesche hanno origini molto lontane nel tempo, prima ancora che apparisse la religione cristiana. Ora le cose sono un poโ cambiate. Il Carnevale ha preso sempre piรน un significato indipendente, quasi un ritorno alle origini pagane, una festa in cui รจ usuale mascherarsi e darsi alla pazza gioia.
Ricordo che, nella mia fanciullezza, si usava ancora la pratica delle Quarantore nei due giorni che precedevano le Ceneri per espiare in anticipo โ ci si diceva โ i โpeccatiโ del Carnevale.
Anche la Quaresima ha dovuto un poโ trasformarsi: le penitenze costituite dal digiuno e dallโastinenza dalle carni hanno perso un poโ senso, anche se, per fortuna, รจ rimasta nelle coscienze lโidea che non si possa fare quaresima senza un qualche impegno serio, che va dallโastenersi da certi piaceri (fumo, dolci ecc.) al collaborare col volontariato con piรน frequenza del solito.
ร rimasta, anche se sotto varie forme, la pratica di un impegno speciale che riguarda la catechesi, ereditร del vecchio โquaresimaleโ che ho avuto occasione di vivere da ragazzo e di predicare da prete.
- Pubblicitร -
Il programma, in effetti, รจ giร presente negli inni antichi, dove una strofa recita: Utamur ergo parcius / verbis, cibis et potibus,/ somno, iocis et arctius / perstemus in custodia (Usiamo con piรน sobrietร / parole, cibi e bevande, / sonno, giochi e, con maggiore severitร , / vigiliamo costanti su noi stessi). Se, dunque, ci si dovrebbe privare delle parole futili e inutili (la Regola benedettina al cap. 48, ripresa alla lettera nei versi 2 e 3 dellโinno sopra citato, chiede di rinunciare a ยซchiacchiere e scherziยป), questo dovrebbe aiutarci in positivo a praticare un poโ di piรน il silenzio, e a farne il momento della meditazione e della lettura.
La gioia e la croce
Domenica della gioia, dunque, questa. Ma sorge subito un problema, perchรฉ proprio la prima lettura ci mette di fronte il tema dellโesilio a Babilonia (2Cr 36,14-16.19-23), seguito dalla tristezza struggente incarnata nel famosissimo Salmo 136 che la segue.
La domanda che sorge spontanea รจ: come รจ possibile intrecciare gioia e tristezza? Forse รจ il caso di ritornare ad esaminare cosa significano queste due parole, che non sono semplici sinonimi di euforia e depressione! Ricordo solo, in proposito, che Gesรน ha dichiarato โbeatiโ quelli che sono nel pianto (Mt 5,4), e Paolo distingue fra tristezza cattiva e tristezza buona, dove in 2Cor 7,10, precisa che ยซla tristezza secondo Dio produce un pentimento irrevocabile che porta alla salvezza, mentre la tristezza del mondo produce la morteยป.
Cโรจ una bella differenza dal rammarico che porta a pentirsi dei propri errori, e ciรฒ che produce, per esempio, lโinvidia, uno dei sette vizi capitali che era definito come tristitia de bono alterius, tristezza prodotta dalla vista di un bene, qualunque esso sia, che un altro possiede e del quale noi siamo privi.
Ma lโesempio migliore che mi viene da citare per dimostrare lโincrocio per cosรฌ dire intrinseco tra gioia e croce mi arriva dalle Rivelazioni di Giuliana di Norwich, che partono da visioni che riguardano la Passione, ma il tema che vi domina รจ quello del conforto che dร la โgioiaโ, un termine che, in varie accezioni come โfelicitร , gaudio, beatitudine, consolazione, letizia e piacereโ, appare in 84 degli 86 capitoli di cui lโopera รจ composta, per un totale di 685 occorrenze.
Per capire, dunque, come una sofferenza possa essere fonte di gioia, bisogna guardare oltre, considerare il traguardo, sullโesempio del salmista che, nel Salmo 72(73), si era trovato a โinvidiareโ la prosperitร dei malvagi, e dichiara: ยซfaticavo a comprendere, finchรฉ non entrai nel santuario di Dio e compresi quale sarร la loro fineยป (72,10), cioรจ lโesito della loro vita.
Il criterio, dunque, con cui affrontare le tre letture รจ esattamente mantenere lo sguardo sullโorizzonte lontano, che ci permette di superare la possibile desolazione che nasce dalla percezione di ciรฒ che รจ โimmediatezzaโ.
Come fare? La prima lettura, che pare tutta orchestrata attorno alla disastrosa situazione dellโesilio babilonese, termina con un annuncio che apre il cuore alla speranza. Ciro, re di Persia, proclama il restauro del tempio, che implica per implicito il ritorno degli esuli. Il tempo successivo si incaricherร di mostrare i โbeneficiโ che il popolo ha conquistato durante la lunga prova, tra i quali primeggiano il culto della Parola in sinagoga che andrร a sostituire i sacrifici di animali praticati in un tempio che non cโรจ piรน, e la visione di una salvezza aperta a tutti i popoli, come proclamerร a gran voce il profeta postesilico noto come il โterzo Isaiaโ.
Salvati per grazia
Proprio questo รจ il tema del brano straordinario di Ef 2,4-10 che costituisce la seconda lettura. Ci viene ricordato che ยซDio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siete stati salvati. Con lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli in Cristo Gesรน, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontร verso di noi in Cristo Gesรนยป.
La gioia viene di sicuro dal benessere fisico, da un successo negli affari, in una gara sportiva, o in altro, e anche dalla stima delle persone, tutte cose che sicuramente ci procurano piacere, ma, quandโanche non ci fossero, il fondamento indistruttibile รจ fuori di noi, ed รจ costituito dalla nostra fede in queste parole, che nessuna tribolazione potrร scalfire: รจ la coscienza di essere amati da Dio. ร una speranza, certo, ma รจ talmente solida che, al modo dei profeti, quello che dovrร accadere รจ annunciato al tempo passato, come se fosse giร accaduto, il che dร una concretezza incredibile alla promessa.
Tra bene e male, luce e tenebre
Il brano di vangelo (Gv 3,14-21) appartiene al dialogo notturno di Gesรน con Nicodemo, che ha al centro una visione di immensa speranza, basata sulla profezia universalistica di Isaia e le affermazioni della Lettera agli Efesini, aggiungendo che queste hanno la loro veritร e la loro radice nellโevento della croce! ยซDio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perchรฉ chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perchรฉ il mondo sia salvato per mezzo di luiยป. Finchรฉ si ha in testa la bellezza, la grandezza, la veritร di queste parole, nessuna prova, nessuna avversitร , nessuna tribolazione dovrebbe condurci allo smarrimento e alla desolazione. โCredereโ significa basare la propria vita su questa parola: questo, e non altro, รจ la fede. Lโaltro รจ tutto ciรฒ che nasce in seguito a ciรฒ, come รจ scritto in Ef 5,8-9: ยซComportatevi perciรฒ come figli della luce; ora il frutto della luce consiste in ogni bontร , giustizia e veritร ยป.
Il campo operativo รจ immenso, ed รจ quello che, semplificando, si traduce nellโimitazione di Gesรน. Tale imitazione รจ la naturale conseguenza da trarre per chi โcredeโ in lui, che non รจ anzitutto nรฉ soprattutto atto della โragioneโ, pur se questa non รจ assente, almeno a sostenere la credibilitร della dottrina (รจ il tema di quella branca della teologia che fin dai primi secoli si chiama โapologeticaโ), ma piuttosto su quegli atteggiamenti di carattere piรน emotivo e affettivo che sono lโammirazione, la fiducia, la speranza nellโuomo Gesรน, che sappiamo e crediamo essere anche Dio.
ร giร stato ricordato che il vangelo di Giovanni รจ tutto strutturato attorno al conflitto tra bene e male, luce e tenebre. La scelta di campo รจ cruciale, perchรฉ su quella verremo giudicati alla fine e, in base a ciรฒ, dobbiamo giร da ora giudicarci, con quellโesercizio che si chiama โesame di coscienzaโ.
Nel testo di questo brano di vangelo ho lโimpressione che nella predicazione non si sottolinei mai abbastanza lโaffermazione per cui: ยซChi crede in lui โ il Figlio dellโuomo โ non รจ condannato, ma รจ giร stato condannato, perchรฉ non ha creduto nel nome (= nella persona) dellโunigenito Figlio di Dioยป.
Penso sia molto importante ogni tanto ricordare che il peccato trova la sua paga nel fatto stesso di commetterlo, e la condanna, alla fine, siamo noi che ce la infliggiamo.
Sul primo punto รจ rilevante quanto afferma Giuliana di Norwich, per la quale ยซil peccato non lo vidi, perchรฉ il peccato รจ niente, e credo che non abbia una sua sostanza nรฉ alcuna forma di essere, nรฉ puรฒ essere riconosciuto se non per la sofferenza che ne derivaยป (Una rivelazione dellโamore, cap. 27, p. 194).
Forse occorre spiegare che โnienteโ non significa inezia, ma vuol dire โmancanza di positivitร , deficienza di essereโ e, come tale, non puรฒ che produrre sofferenza, perchรฉ noi siamo chiamati, come Dio, a โoperareโ, e questo avviene quando lโopera รจ una cosa buona, e solo da questo nasce la gioia! Del resto, cosa altro vuol dire Gesรน nel vangelo di oggi quando afferma che ยซgli uomini hanno amato piรน le tenebre che la luce, perchรฉ le loro opere erano malvagieยป? Quando uno prende coscienza di aver operato il male, va a nascondersi, come Adamo (Gen 3,8). ยซInvece, chi fa la veritร viene verso la luce, perchรฉ appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dioยป.
Il motto celebre โ Veritatem facientes in caritate (Ef 4,15) โ รจ una dichiarazione trasparente che fa capire come la โveritร โ non รจ tale se non la si โfaโ. Questo dovrebbe stabilire un sano equilibrio nel rapporto tra veritร e caritร , tra ragione e sentimento, due elementi che non possono essere separati nรฉ messi in contrasto, pena la scomparsa dellโuno o dellโaltro e, alla fine, la distruzione di ambedue.
Fonte – per gentile concessione di Settimana News | Commento a cura di Nico Guerini