Nico Guerini – Commento al Vangelo di Domenica 14 Marzo 2021

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Possono convivere gioia e penitenza?

La quarta di Quaresima, a partire dalla prima parola dellโ€™Introito, รจ nota come la domenica Laetare (Rallegrati), in parallelo con la terza di Avvento chiamata per lo stesso motivo Gaudete (Gioite). Pare che tali denominazioni indichino un momento di rilassatezza nelle pratiche severe (magro, digiuno ecc.) che caratterizzavano questi tempi forti dellโ€™anno liturgico, marcati da una vita di penitenza.

La Quaresima comincia con le Ceneri, che sono precedute dal Carnevale. Il nome pare derivi dallโ€™obbligo di โ€œlevare la carne dalla mensaโ€, ma le feste carnascialesche hanno origini molto lontane nel tempo, prima ancora che apparisse la religione cristiana. Ora le cose sono un poโ€™ cambiate. Il Carnevale ha preso sempre piรน un significato indipendente, quasi un ritorno alle origini pagane, una festa in cui รจ usuale mascherarsi e darsi alla pazza gioia.

Ricordo che, nella mia fanciullezza, si usava ancora la pratica delle Quarantore nei due giorni che precedevano le Ceneri per espiare in anticipo โ€“ ci si diceva โ€“ i โ€œpeccatiโ€ del Carnevale.

Anche la Quaresima ha dovuto un poโ€™ trasformarsi: le penitenze costituite dal digiuno e dallโ€™astinenza dalle carni hanno perso un poโ€™ senso, anche se, per fortuna, รจ rimasta nelle coscienze lโ€™idea che non si possa fare quaresima senza un qualche impegno serio, che va dallโ€™astenersi da certi piaceri (fumo, dolci ecc.) al collaborare col volontariato con piรน frequenza del solito.

รˆ rimasta, anche se sotto varie forme, la pratica di un impegno speciale che riguarda la catechesi, ereditร  del vecchio โ€œquaresimaleโ€ che ho avuto occasione di vivere da ragazzo e di predicare da prete.

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Il programma, in effetti, รจ giร  presente negli inni antichi, dove una strofa recita: Utamur ergo parcius / verbis, cibis et potibus,/ somno, iocis et arctius / perstemus in custodia (Usiamo con piรน sobrietร  / parole, cibi e bevande, / sonno, giochi e, con maggiore severitร , / vigiliamo costanti su noi stessi). Se, dunque, ci si dovrebbe privare delle parole futili e inutili (la Regola benedettina al cap. 48, ripresa alla lettera nei versi 2 e 3 dellโ€™inno sopra citato, chiede di rinunciare a ยซchiacchiere e scherziยป), questo dovrebbe aiutarci in positivo a praticare un poโ€™ di piรน il silenzio, e a farne il momento della meditazione e della lettura.

La gioia e la croce

Domenica della gioia, dunque, questa. Ma sorge subito un problema, perchรฉ proprio la prima lettura ci mette di fronte il tema dellโ€™esilio a Babilonia (2Cr 36,14-16.19-23), seguito dalla tristezza struggente incarnata nel famosissimo Salmo 136 che la segue.

La domanda che sorge spontanea รจ: come รจ possibile intrecciare gioia e tristezza? Forse รจ il caso di ritornare ad esaminare cosa significano queste due parole, che non sono semplici sinonimi di euforia e depressione! Ricordo solo, in proposito, che Gesรน ha dichiarato โ€œbeatiโ€ quelli che sono nel pianto (Mt 5,4), e Paolo distingue fra tristezza cattiva e tristezza buona, dove in 2Cor 7,10, precisa che ยซla tristezza secondo Dio produce un pentimento irrevocabile che porta alla salvezza, mentre la tristezza del mondo produce la morteยป.

Cโ€™รจ una bella differenza dal rammarico che porta a pentirsi dei propri errori, e ciรฒ che produce, per esempio, lโ€™invidia, uno dei sette vizi capitali che era definito come tristitia de bono alterius, tristezza prodotta dalla vista di un bene, qualunque esso sia, che un altro possiede e del quale noi siamo privi.

Ma lโ€™esempio migliore che mi viene da citare per dimostrare lโ€™incrocio per cosรฌ dire intrinseco tra gioia e croce mi arriva dalle Rivelazioni di Giuliana di Norwich, che partono da visioni che riguardano la Passione, ma il tema che vi domina รจ quello del conforto che dร  la โ€œgioiaโ€, un termine che, in varie accezioni come โ€œfelicitร , gaudio, beatitudine, consolazione, letizia e piacereโ€, appare in 84 degli 86 capitoli di cui lโ€™opera รจ composta, per un totale di 685 occorrenze.

Per capire, dunque, come una sofferenza possa essere fonte di gioia, bisogna guardare oltre, considerare il traguardo, sullโ€™esempio del salmista che, nel Salmo 72(73), si era trovato a โ€œinvidiareโ€ la prosperitร  dei malvagi, e dichiara: ยซfaticavo a comprendere, finchรฉ non entrai nel santuario di Dio e compresi quale sarร  la loro fineยป (72,10), cioรจ lโ€™esito della loro vita.

Il criterio, dunque, con cui affrontare le tre letture รจ esattamente mantenere lo sguardo sullโ€™orizzonte lontano, che ci permette di superare la possibile desolazione che nasce dalla percezione di ciรฒ che รจ โ€œimmediatezzaโ€.

Come fare? La prima lettura, che pare tutta orchestrata attorno alla disastrosa situazione dellโ€™esilio babilonese, termina con un annuncio che apre il cuore alla speranza. Ciro, re di Persia, proclama il restauro del tempio, che implica per implicito il ritorno degli esuli. Il tempo successivo si incaricherร  di mostrare i โ€œbeneficiโ€ che il popolo ha conquistato durante la lunga prova, tra i quali primeggiano il culto della Parola in sinagoga che andrร  a sostituire i sacrifici di animali praticati in un tempio che non cโ€™รจ piรน, e la visione di una salvezza aperta a tutti i popoli, come proclamerร  a gran voce il profeta postesilico noto come il โ€œterzo Isaiaโ€.

Salvati per grazia

Proprio questo รจ il tema del brano straordinario di Ef 2,4-10 che costituisce la seconda lettura. Ci viene ricordato che ยซDio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siete stati salvati. Con lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli in Cristo Gesรน, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontร  verso di noi in Cristo Gesรนยป.

La gioia viene di sicuro dal benessere fisico, da un successo negli affari, in una gara sportiva, o in altro, e anche dalla stima delle persone, tutte cose che sicuramente ci procurano piacere, ma, quandโ€™anche non ci fossero, il fondamento indistruttibile รจ fuori di noi, ed รจ costituito dalla nostra fede in queste parole, che nessuna tribolazione potrร  scalfire: รจ la coscienza di essere amati da Dio. รˆ una speranza, certo, ma รจ talmente solida che, al modo dei profeti, quello che dovrร  accadere รจ annunciato al tempo passato, come se fosse giร  accaduto, il che dร  una concretezza incredibile alla promessa.

Tra bene e male, luce e tenebre

Il brano di vangelo (Gv 3,14-21) appartiene al dialogo notturno di Gesรน con Nicodemo, che ha al centro una visione di immensa speranza, basata sulla profezia universalistica di Isaia e le affermazioni della Lettera agli Efesini, aggiungendo che queste hanno la loro veritร  e la loro radice nellโ€™evento della croce! ยซDio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perchรฉ chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perchรฉ il mondo sia salvato per mezzo di luiยป. Finchรฉ si ha in testa la bellezza, la grandezza, la veritร  di queste parole, nessuna prova, nessuna avversitร , nessuna tribolazione dovrebbe condurci allo smarrimento e alla desolazione. โ€œCredereโ€ significa basare la propria vita su questa parola: questo, e non altro, รจ la fede. Lโ€™altro รจ tutto ciรฒ che nasce in seguito a ciรฒ, come รจ scritto in Ef 5,8-9: ยซComportatevi perciรฒ come figli della luce; ora il frutto della luce consiste in ogni bontร , giustizia e veritร ยป.

Il campo operativo รจ immenso, ed รจ quello che, semplificando, si traduce nellโ€™imitazione di Gesรน. Tale imitazione รจ la naturale conseguenza da trarre per chi โ€œcredeโ€ in lui, che non รจ anzitutto nรฉ soprattutto atto della โ€œragioneโ€, pur se questa non รจ assente, almeno a sostenere la credibilitร  della dottrina (รจ il tema di quella branca della teologia che fin dai primi secoli si chiama โ€œapologeticaโ€), ma piuttosto su quegli atteggiamenti di carattere piรน emotivo e affettivo che sono lโ€™ammirazione, la fiducia, la speranza nellโ€™uomo Gesรน, che sappiamo e crediamo essere anche Dio.

รˆ giร  stato ricordato che il vangelo di Giovanni รจ tutto strutturato attorno al conflitto tra bene e male, luce e tenebre. La scelta di campo รจ cruciale, perchรฉ su quella verremo giudicati alla fine e, in base a ciรฒ, dobbiamo giร  da ora giudicarci, con quellโ€™esercizio che si chiama โ€œesame di coscienzaโ€.

Nel testo di questo brano di vangelo ho lโ€™impressione che nella predicazione non si sottolinei mai abbastanza lโ€™affermazione per cui: ยซChi crede in lui โ€“ il Figlio dellโ€™uomo โ€“ non รจ condannato, ma รจ giร  stato condannato, perchรฉ non ha creduto nel nome (= nella persona) dellโ€™unigenito Figlio di Dioยป.

Penso sia molto importante ogni tanto ricordare che il peccato trova la sua paga nel fatto stesso di commetterlo, e la condanna, alla fine, siamo noi che ce la infliggiamo.

Sul primo punto รจ rilevante quanto afferma Giuliana di Norwich, per la quale ยซil peccato non lo vidi, perchรฉ il peccato รจ niente, e credo che non abbia una sua sostanza nรฉ alcuna forma di essere, nรฉ puรฒ essere riconosciuto se non per la sofferenza che ne derivaยป (Una rivelazione dellโ€™amore, cap. 27, p. 194).

Forse occorre spiegare che โ€œnienteโ€ non significa inezia, ma vuol dire โ€œmancanza di positivitร , deficienza di essereโ€ e, come tale, non puรฒ che produrre sofferenza, perchรฉ noi siamo chiamati, come Dio, a โ€œoperareโ€, e questo avviene quando lโ€™opera รจ una cosa buona, e solo da questo nasce la gioia! Del resto, cosa altro vuol dire Gesรน nel vangelo di oggi quando afferma che ยซgli uomini hanno amato piรน le tenebre che la luce, perchรฉ le loro opere erano malvagieยป? Quando uno prende coscienza di aver operato il male, va a nascondersi, come Adamo (Gen 3,8). ยซInvece, chi fa la veritร  viene verso la luce, perchรฉ appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dioยป.

Il motto celebre โ€“ Veritatem facientes in caritate (Ef 4,15) โ€“ รจ una dichiarazione trasparente che fa capire come la โ€œveritร โ€ non รจ tale se non la si โ€œfaโ€. Questo dovrebbe stabilire un sano equilibrio nel rapporto tra veritร  e caritร , tra ragione e sentimento, due elementi che non possono essere separati nรฉ messi in contrasto, pena la scomparsa dellโ€™uno o dellโ€™altro e, alla fine, la distruzione di ambedue.

Fonte – per gentile concessione di Settimana News | Commento a cura di Nico Guerini