Nel linguaggio biblico “penitenza” non significa pena o castigo, ma “pentimento/conversione”.
La penitenza, pertanto, è l’impegno permanente di tutta la vita cristiana; è la lotta che dobbiamo sostenere continuamente per impedire che il male abbia il sopravvento su di noi.
Per esprimere ed alimentare questa lotta, la comunità cristiana fin da principio, in continuità con la tradizione del popolo della prima Alleanza (Israele), e similmente ad altre tradizioni religiose, ha stabilito giorni e tempi durante i quali i fedeli sono chiamati ad esprimere e a consolidare il loro impegno perché i valori dello spirito abbiano il sopravvento sulle realtà materiali, l’amore per Dio e per il prossimo sull’idolatria di sé.
Così è sorta la Quaresima per dare più spazio alla preghiera, all’ascolto della parola di Dio, alla rinuncia di qualche bene superfluo in funzione della carità. Il precetto della Chiesa impegna i fedeli a fare memoria della passione e morte del Signore ogni venerdì evitando di mangiare carne, un tempo segno della festa.
Oggi, saggiamente, a questo gesto si può dare maggiore verità rinunciando a qualcosa che costituisca veramente una rinuncia. Il digiuno, che consiste nel fare un solo pasto importante durante la giornata, è previsto il Mercoledì delle Ceneri e il Venerdì Santo.
La penitenza cristiana non è disprezzo del corpo né dei beni materiali di questo mondo, ma libertà dalla loro schiavitù e soprattutto in vista della condivisione. I giorni penitenziali esprimono visibilmente un impegno interiore che costituisce un sobrio stile di vita tutti i giorni dell’anno.
Silvano Sirboni, liturgista