Quattro sono i manufatti, provenienti dalla Basilica Apostolorum, che saranno conservati nella teca. Il primo è una capsella reliquiario in argento, realizzata nella seconda metà del IV secolo da una Officina tardo antica, decorata con rilievi a sbalzo di altissima qualità che ricoprono le quattro facce della cassa e il coperchio. Fu utilizzata dal vescovo Ambrogio per contenere le reliquie degli Apostoli inviate da Roma da papa Damaso e portate a Milano da Simpliciano, per consacrare la basilica Apostolorum. Il reliquiario fu ritrovato nel 1578 da Carlo Borromeo sotto l’altare maggiore della basilica. Protetta da un sarcofago, la capsella conteneva la teca sferica d’argento di Manlia Dedalia, fedele ad Ambrogio e amica di sua sorella Marcellina. Nel 1579 la capsella verrà riseppellita sotto l’altare del presbiterio per essere definitivamente rinvenuta nel 1894.
Quindi, la Teca di Manlia Dedalia, esempio di arte paleocristiana milanese della fine del IV secolo. Questa teca, in argento in lastra inciso, fu trovata nel 1578 sotto l’altare maggiore della basilica di San Nazaro in occasione della ricognizione delle reliquie voluta da san Carlo, all’interno dell’omonima capsella d’argento. Probabilmente, venne ricollocata all’interno della stessa capsella quando anche quest’ultima fu nuovamente posta sotto l’altare, ed entrambe tornarono alla luce solo nel 1894. Di proprietà della famiglia Borromeo, èentrata a far parte del tesoro del Duomo sino al 2007. Il cofanetto ha forma sferica leggermente schiacciata ai poli ed è composto da due valve lavorate a sbalzo con grande maestria e chiuse da una cerniera e da un gancio a baionetta. Sul coperchio compare l’iscrizione “DEDALIA VIVAS” e sulla base “IN CHRISTO”. All’interno della cornice compaiono il Chrismon (simbolo di Cristo) con le lettere Alfa e Omega.
Il terzo oggetto è un capolavoro del primo quarto del XIII secolo. Si tratta di una Colomba eucaristica, in rame dorato in lastra con smalti champlevés, realizzato a Limoges. È un vaso sacro a forma di colomba, allusiva rappresentazione dello Spirito Santo, che nasce con la funzione di raccogliere le ostie consacrate. Sul dorso vi è infatti una cavità, chiusa da un coperchio, in cui si inserivano le ostie consacrate, in genere all’interno di una piccola teca d’oro. Nel caso di questo manufatto, l’esposizione avveniva sopra l’altare di San Pietro in San Nazaro, e si conosce, da documenti del XV secolo, che in quelle occasioni venivano concesse ai fedeli particolari indulgenze.
Sempre realizzato a Limoges, è la quarta opera, una Pisside a turris del XII-XIII secolo, in rame dorato in lastra con smalti champlevés. La decorazione è formata da lastre di smalto azzurro e verde con croci greche in smalto bianco. Nella basilica di San Nazaro fu usata come contenitore per le ostie da portare agli ammalati e poi come reliquiario. L’ampio utilizzo dell’oggetto si deduce anche dallo stato di conservazione: esso presenta infatti una superficie piuttosto abrasa, fino alla quasi totale perdita della doratura originaria.
La vetrina, disegnata dall’architetto Piva e realizzata da Goppion spa, è stata realizzata grazie a BPM, con il contributo di Regione Lombardia.
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