Il Vangelo in casa, con mons. Willy Volontè, dal parco del Collegio Diocesano Pio XII
Spensierati si può andare all’inferno
di Dante Balbo
Preso alla lettera il termine spensierati significa privi di pensieri, anche se nella concezione comune si riferisce alle preoccupazioni. Pensare però è indispensabile per essere presenti ad ogni appuntamento, ad ogni occasione d’incontro, ai momenti più importanti della nostra vita
Per questo le ragazze sbadate della liturgia di questa 32esima domenica del Tempo Ordinario finiscono per essere lasciate fuori dal banchetto nuziale, in altre parole all’inferno, il luogo del freddo e della solitudine.
Il matrimonio è un simbolo particolare nella Scrittura, ricorda don Willy, commentando la parabola evangelica detta delle dieci vergini, cioè ragazze da marito che dovevano far parte del corteo nuziale.
Trepidazione è la parola chiave, attesa di un evento che prefigura l’appagamento nell’incontro definitivo.
Il matrimonio non è una favola, in cui vivranno felici e contenti, ma l’impegno di una vita fatta di gioia e dolore, fatica e conforto, segno della vita intera e della relazione che Dio ha con il suo popolo e poi con la comunità cristiana. La prima generazione dei credenti si aspettava il ritorno del messia a breve, così che in questa parabola sentiamo tutta la tensione di questa attesa.
Il desiderio è così intenso verso la felicità piena della permanenza nella comunione con lo sposo, che ad ogni generazione si ripresenta anche dopo 2000 anni qualcuno che garantisce che Gesù o è tornato, oppure sta per venire.
Ma don Willy Volonté non ha dubbi, è la qualità dell’attesa vigilante a fare la differenza. Possiamo essere spensierati, preoccupati, oppure addormentarci sereni ogni sera, sapendo che il mattino dopo la nostra attesa sarà intatta e quando lo sposo ci verrà incontro, nello sguardo di un povero o nella fine della vita, saremo pronti.
“Se il tuo cuore sarà assopito, l’attesa diverrà inconcludente, senza riconoscere lo sposo che ti sta davanti. Perderai allora il significato più profondo della vita. Purtroppo questa stoltezza è di casa nel nostro tempo.”
Produzione Caritas Ticino