mons. Vincenzo Paglia – Commento al Vangelo del 28 Novembre 2021

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Il Vangelo che abbiamo ascoltato riporta un brano del discorso sulla fine dei tempi, pronunciato da Gesù nel Tempio. Con il linguaggio tipico dell’apocalittica Gesù annuncia che verranno giorni nei quali vi saranno sconvolgimenti “nel sole e nella luna e nelle stelle e sulla terra angoscia di popoli in ansia… mentre molti uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra”. Lo scenario riguarda l’intera creazione: le stesse “potenze dei cieli – dice Gesù – saranno sconvolte”.

Se queste parole si riferiscono anzitutto alla fine della storia non sono però lontane dalle diverse epoche della storia degli uomini e possiamo applicarle anche ai nostri giorni nei quali appaiono segni e sconvolgimenti sia nel cielo che sulla terra, come anche l’angoscia di popoli in ansia. È l’angoscia degli abitanti di tante terre segnate ancora dalla guerra e dai conflitti, è l’angoscia dei milioni di piccoli e di grandi che continuano ad essere provati dalle malattie e dalla fame, è l’angoscia dei tanti costretti ad emigrare lontani dalla loro terra senza trovare chi li accolga e li aiuti, è l’angoscia dei tanti anziani lasciati soli nell’abbandono. E tra quegli “uomini che muoiono per paura” ci sono sia coloro che non vedono per loro e per i loro figli un futuro sereno sia quelli che si lasciano travolgere dalla paura e si rinchiudono in se stessi.

Gesù pronuncia anche oggi quelle parole non certo per rattristare e tanto meno per confermare paure e ripiegamenti, al contrario vuole che non ci lasciamo prendere dalla rassegnazione. È facile infatti nei momenti difficili cadere nella rassegnazione e lasciar spegnere la speranza di un mondo nuovo, di una vita migliore per se stessi e per gli altri. Il Signore non ha rinunciato a sperare sugli uomini e sulle donne e a cambiare il loro cuore; non lascia che le forze del male soggioghino indisturbate la terra preda della violenza e della ingiustizia. Se gli uomini e le donne si rassegnano a questo mondo, non così il Signore. Egli vuole la fine di questo mondo per poterne instaurare un altro. È questo il Vangelo dell’Avvento.

Dice Gesù anche a noi, oggi: “Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo perché la vostra liberazione è vicina”. Già il profeta Geremia l’aveva predetto al popolo d’Israele: “Ecco, verranno giorni nei quali io realizzerò le promesse di bene che ho fatto alla casa di Israele e alla casa di Giuda”. Ecco, quei giorni sono arrivati. Il Signore torna perché venga presto un mondo nuovo ove i poveri sono meno poveri, ove gli altri non sono considerati nemici ma fratelli, ove chi soffre è consolato, ove chi è solo è accompagnato, chi è ripiegato su di sé rialza lo sguardo verso gli altri e il futuro.

Il Vangelo dell’Avvento torna ancora una volta. E torna in questo tempo difficile. Torna per noi, per tutti gli uomini e soprattutto per i più poveri. È il Vangelo che scioglie i cuori induriti; che apre la mente a chi pensa solo al proprio benessere; che apre l’udito a chi ascolta solo le proprie ragioni; che apre gli occhi a chi non vede oltre il proprio orizzonte. L’Avvento risveglia in noi e nel mondo l’attesa per il Signore che sta per venire: “alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina”.

È il tempo di alzarci. Se noi smettiamo di fare le nostre cose per alzarci e andare ad accogliere un ospite che arriva, quanto più dobbiamo alzarci dalle nostre abitudini per andare ad accogliere il Signore che viene? E dobbiamo “levare il capo”, aggiunge Gesù. Sì, è facile rimanere ciechi per chi resta fisso a guardare se stesso. L’Avvento è un tempo per aprire gli occhi e rivolgerli verso il Signore che sta per venire. Lo vedremo a Natale quando ci recheremo alla grotta di Betlemme. Lasciamoci prendere per mano sino a quella grotta. Ne abbiamo bisogno. Gesù avverte: “Badate bene. Non lasciatevi intontire da orge e ubriachezze.

Non abbiate troppe preoccupazioni materiali. Altrimenti diventerete pigri, vi dimenticherete del giorno del giudizio e quel giorno vi piomberà addosso improvvisamente. Infatti, esso verrà su tutti gli abitanti della terra come un laccio. Voi invece state svegli e pregate senza stancarvi”(Lc 21,35-36). Stare svegli e pregare: Gesù ci chiede di essere svegli, ma non di quella veglia stordita degli abitanti di Betlemme i quali, appunto, “intontiti da orge e ubriachezze”, non vollero aprire la porta. E non ci fu posto per Gesù nell’albergo.

Il tempo dell’Avvento è una grazia per restare svegli e per alzare i nostri occhi nella preghiera al Signore. La Liturgia di questa prima domenica di Avvento fa cantare al suo inizio: “A te, Signore, innalzo l’anima mia”. E la Comunità, come una madre buona, ci aiuta a dirigere i nostri occhi e il nostro cuore verso quel bambino. In verità, è il Signore stesso che ha rivolto su di noi il suo sguardo di misericordia e non cessa di donarci la sua parola. Potremmo dire che è lui stesso che ci prepara al suo Natale donandoci ogni giorno la sua parola. I giorni dell’Avvento sono infatti giorni di ascolto e di riflessione, giorni di preghiera e di amore.

La Parola di Dio sarà la lampada che guiderà i nostri passi illuminando e riscaldando il nostro cuore. Se persevereremo, forse sarà meno una grotta buia e una mangiatoia maleodorante e potrà divenire un luogo santo ove Gesù torna a rinascere. Sentiamo perciò rivolta anche a noi la benedizione dell’apostolo Paolo: “Il Signore vi faccia crescere e abbondare nell’amore vicendevole e verso tutti”(1 Ts 3,12). Sì, il tempo dell’Avvento è anche un tempo di amore rinnovato per gli altri, un amore meno concentrato su di sé, più largo per i fratelli e soprattutto per i poveri. Sì, care sorelle e cari fratelli, non ripetiamo le nostre abitudini di sempre, non inseguiamo i nostri soliti pensieri.

L’Avvento è un tempo nuovo, è un tempo donatoci dal Signore per rinnovare il nostro cuore, per andare con le braccia più aperte verso i nostri fratelli e soprattutto verso i più poveri. È su questa via che incontreremo il Signore. Mentre alziamo i nostri occhi verso l’alto e con insistenza diciamo: “Vieni, Signore Gesù!”.


Per gentile concessione di mons. Paglia. – FONTE