Gesù viene informato dell’uccisione di Giovanni Battista. È una notizia di violenza, brutale, frutto di odio, di ambizioni, di orgoglio. Gli uomini di fronte alla violenza spesso hanno la rozza tentazione di allontanarsi dagli altri, di credersi sicuri se isolati, di chiudersi in un luogo protetto, di pensare solo a sé. Gesù non scappa, non si chiude in se stesso; si affida come un figlio. Potremmo dire che la folla aveva intuito che poteva affidarsi a Gesù. Per questo lo seguì a piedi per raggiungerlo.
Gesù si commosse al vedere quella gente e ne guarì molti. Il cuore di Gesù, come tante altre volte è accaduto, non resiste alla commozione: guarisce i malati che gli presentano e poi, com’è sua abitudine, si ferma con loro e si mette a parlare e a insegnare. Fino a sera. Tutti stanno a sentirlo. È utile notare che quella folla non era anzitutto priva di pane; era in verità priva di parole vere sulla propria vita, sul proprio destino, priva di qualcuno che si chinasse su di loro e sui propri malati. Per questo si è fermata tutto il giorno accanto a Gesù per ascoltarlo. Davvero, in questa scena, possiamo scorgere l’icona di quanto dice Gesù: “Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”. Tuttavia, il Signore sa bene che l’uomo vive anche di pane.
In altra parte del Vangelo aveva esortato: “Per la vostra vita non vi affannate di quello che mangerete o berrete…cercate prima di tutto il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta” (Mt 6,25-34). È appunto quello che accade in questo brano della moltiplicazione dei pani. I discepoli, invece, che pensano di essere più premurosi di Gesù, verso il tardo pomeriggio, lo interrompono: “Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare”. È un comportamento normale, anzi quasi premuroso. Ma Gesù ribatte: “Non c’è bisogno che vadano; voi stessi date loro da magiare”.
C’è qui un invito alla responsabilità di ognuno, contro la ben radicata abitudine a dire: “ognuno pensi a sé!” (è il pensiero dei discepoli in questo caso), oppure “ci pensino le autorità costituite!”. Il Signore chiede ai suoi discepoli un comportamento totalmente diverso. Quella folla non deve essere mandata via. Sono loro – i discepoli – che debbono aiutarla. Gesù non manda via nessuno. Gesù “resta con noi” anche quando non lo chiediamo! La sera è illuminata dal suo amore, dall’intimità di quel banchetto, dall’amicizia che non finisce. Gesù si prende cura in maniera concreta di tutta quella folla.
Tutta. Non una parte; non quelli che gli interessavano o che gli convenivano; non fin dove poteva; non solo i buoni o i meritevoli. Gesù chiede ai suoi di dare loro stessi da mangiare. Non è un ordine: è una vocazione, quella di vivere con lui la sua stessa compassione e di farsi carico delle domande degli uomini. L’amore non si compra: non si deve andare dai venditori del mondo. Ogni comunità, anche piccola, può moltiplicare quello che ha se ascolta il Signore e se mette il poco nelle sue mani; se crede nella forza della sua parola, che da cento volte tanto. I discepoli rispondono a Gesù ricordando l’esiguità dei loro mezzi. Il problema non è avere tutto, ma iniziare. L’amore cresce amando. Gesù offre da mangiare come ad un sola famiglia. La sua.
Gratuitamente, come si fa con i propri familiari. Così il deserto diventa già un giardino. Egli prese i cinque pani e, come nell’ultima cena, alza gli occhi al cielo, chiede la benedizione, spezza il pane e lo offre. L’amore moltiplica il poco; rende la folla una famiglia; il mondo una casa. Questo pane di amore è lo stesso dell’eucaristia, per noi affamati di amore. Il Vangelo dice che tutti mangiarono e furono saziati. Tutti. Non c’è un destino separato, una felicità per pochi, perché la gioia è vera solo se comune. È la pienezza dell’amore, che rende sazia e bella, interessante la vita di tutti. È il pane del cielo. Nutriamoci di questo e diventiamo noi stessi pane d’amicizia per gli altri. Diamo e troveremo. Saremo anche noi sazi e felici, di un pane e di una gioia che non finiscono.
Per gentile concessione di mons. Paglia. Commento tratto dal suo sito.
Qui tutti i commenti al Vangelo delle domeniche precedenti di mons. Vincenzo Paglia