Mons. Mario Meini – Introduzione ai lavori della sessione straordinaria del Consiglio Episcopale Permanente

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Carissimi confratelli,

questa breve introduzione, come già avvenuto nella sessione straordinaria dello scorso 3 novembre, è frutto di alcune riflessioni condivise nell’ultima riunione della Presidenza e ha come scopo soltanto quello di avviare un dialogo sul delicato momento che stiamo vivendo.

  1. Rivolgiamo subito il nostro pensiero e un abbraccio ideale al Cardinale Presidente Gualtiero Bassetti e rendiamo grazie al Signore per la sua felice guarigione. Esprimiamo gratitudine a tutto il personale sanitario dell’Azienda Ospedaliera di Perugia “Santa Maria della Misericordia” e del Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma, per l’amore e la professionalità con cui si sono presi cura di lui e di tutti gli ammalati. Continuiamo a pregare per tutti quelli che si trovano nella prova e nella sofferenza, con la certezza che Dio Padre non abbandona i suoi figli. Assicuriamo anche la nostra vicinanza e la nostra ammirazione a tutti i medici e agli operatori sanitari, che stanno vivendo appieno la loro vocazione nella custodia del fratello malato e sofferente.

Un particolare saluto all’Arcivescovo Renato Boccardo, che ha lungamente combattuto il virus e che oggi è nuovamente in riunione con noi. Ci rallegriamo con lui e con coloro che hanno potuto superare questa difficile prova.

I dati diffusi negli ultimi giorni sul fronte della pandemia rilevano sensibili miglioramenti, ma ci dicono che ancora non ne siamo fuori. Non devono venir meno pertanto la responsabilità e la prudenza, anzi dobbiamo rinnovare l’impegno verso “il valore unico dell’amore”, come ci ricorda Papa Francesco nell’Enciclica Fratelli tutti: «L’amore all’altro per quello che è ci spinge a cercare il meglio per la sua vita. Solo coltivando questo modo di relazionarci renderemo possibile l’amicizia sociale che non esclude nessuno e la fraternità aperta a tutti» (n.94).

  1. Nel brano di Vangelo della Messa di oggi (Lc10,21-24), rivolgendosi al Padre, Gesù dice: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli» (Lc 10,21). Queste parole del Signore non sono un plauso a chi è immaturo o irresponsabile dinanzi alle sfide della vita, ma piuttosto sono un invito a custodire un cuore gioioso e un atteggiamento positivo nei confronti delle novità che la storia presenta. Sono un invito anche per noi ad ascoltare oggi con animo libero e umile la voce dello Spirito che parla alla Chiesa. Non a caso, rivolgendosi specificamente ai suoi discepoli, Gesù aggiunge: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete» (Lc 10,23). È una parola che ci riguarda come credenti e come vescovi: siamo chiamati a “vedere” l’opera dello Spirito Santo che agisce nelle nostre comunità e a farne tesoro. Insieme riusciremo a “vedere”, a “riconoscere” i segni che Dio sta ponendo nel momento presente. Il nostro sguardo sia “convergente”, ispirato dall’unica fede in Cristo, che esprime la comunione nell’unica Chiesa e cerca una convinta unità nel compito che stiamo svolgendo.
  2. I tempi forti di Avvento e di Natale ci consegnano alcune parole chiave che, come gemme, impreziosiscono la nostra identità cristiana e indicano un percorso luminoso nel periodo caliginoso che stiamo attraversando: speranza, gratuità, povertà, rinascita, famiglia.

Anzitutto, speranza e gratuità. Il cristiano è chiamato a confidare nella “speranza certa” che scaturisce dal Vangelo e sostiene la fiducia. Una fiducia che si esprime nel discernimento e nell’impegno concreto di ogni giorno. Nonostante le fatiche di questa fase storica, abbiamo tanti esempi positivi di dedizione al prossimo: esperienze che spesso nascono nelle nostre parrocchie e si concretizzano in attenzioni educative, gesti di gratuità, iniziative solidali verso i più fragili, proposte culturali per leggere i segni dei tempi. Si moltiplicano i “semi di speranza” che, come comunità cristiana, siamo chiamati a saper vedere e valorizzare, collaborando a diffondere una cultura che chiede fiducia nel domani.

Ci sono, poi, povertà e rinascita. Soprattutto quest’anno l’Avvento e il Natale chiedono uno sguardo nuovo di cura nei confronti delle povertà materiali, psicologiche e spirituali diffuse nella società. Le povertà vecchie e nuove impongono un coinvolgimento attivo, scevro da ogni fatalismo, capace semmai di generare dedizione verso chi è nel bisogno. È necessario sostenere un’operosità generosa come segno vivo che il Buon Samaritano cammina ancora sulle nostre strade. È appello alla rinascita!

Mentre alcuni interventi di ordine socio-economico stanno maturando nelle sedi istituzionali, i cristiani sono chiamati, insieme a tutti i cittadini, a fare la propria parte: sul piano sanitario rispettando tutte le norme precauzionali anti-contagio; nell’ambito professionale compiendo il proprio dovere; nella sfera personale attendendo responsabilmente ai compiti che spettano a ogni membro della società. Papa Francesco ci ricorda che “siamo sulla stessa barca” e che solo insieme potremo uscire bene da questa impervia fase della storia. In questa linea si è avviata anche l’iniziativa “The Economy of Francesco”, aperta ad Assisi lo scorso 19 novembre. Sulla stessa barca dobbiamo remare insieme e gettare le reti con fiducia nella Parola del Signore.

Infine la famiglia: i tempi di Avvento e Natale costituiscono un’occasione favorevole per trovare spazi di preghiera, capaci di sostenere e dare senso alla vita quotidiana. Preghiera individuale e comunitaria, comunque intensa, eventualmente anche utilizzando alcune possibilità offerte dalle tecnologie digitali. Il confinamento ha fatto emergere l’opportunità della preghiera domestica, che si è inserita nelle case – talvolta gravate da preoccupazioni per la malattia, il lavoro, la scuola… – favorendo l’incontro tra i coniugi, tra i genitori e i figli, tra le diverse generazioni. Sarà importante dare continuità e moltiplicare queste esperienze, con la famiglia credente che esprime la sua vocazione nel trasmettere la fede.

  1. In questi giorni ha avuto notevole risonanza mediatica la questione degli orari delle celebrazioni natalizie, particolarmente l’ora della Messa nella notte di Natale. Come abbiamo scritto nel recente “Messaggio alle comunità cristiane in tempo di pandemia”, se «le liturgie e gli incontri comunitari sono soggetti a una cura particolare e alla prudenza», ciò «non deve scoraggiarci: in questi mesi è apparso chiaro come sia possibile celebrare nelle comunità in condizioni di sicurezza, nella piena osservanza delle norme». Siamo certi che sarà così anche nella prossima solennità del Natale e continuerà ad essere un bel segno di solidarietà con tutti.
  2. Abbiamo ricordato prima le parole del Signore: “Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete”. È uno dei pochi passi evangelici in cui si dichiara qualcuno “beato”. Nel tempo di Avvento, appena iniziato, guardiamo a Maria, Madre del Signore, “beata” perché ha creduto alla Parola (Lc 1,45; 11,28), facendole spazio nella vita, con la fiducia innocente dei bambini e la risolutezza matura degli adulti. Affidiamo alla sua materna intercessione questo nostro incontro e chiediamole di infonderci il coraggio della fede, un coraggio che si veste di speranza, “la speranza che non delude perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5,5).

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