Il coraggio della speranza
ro in conversazione con un amico; mi disse che non poteva credere all’esistenza del demonio. Avevo la TV accesa con l’audio spento. Stavano trasmettendo un telegiornale con le immagini della guerra ad Hamas. “Eccolo là il demonio all’opera. Non dirmi se Israele o Hamas sono il demonio e neppure se lo sia Putin o l’Ucraina, ma certamente è lui all’opera attraverso di loro.
È il demonio in lotta con sé stesso perché, come ha detto Gesù, il suo regno è un regno diviso, e sarà nella desolazione”. Papa Francesco ripete che siamo in piena terza guerra mondiale; la guerra è in tutte le parti del mondo col pericolo di qualcosa di gravissimo, anche se il Papa spera nel buon senso dei governanti.
In questo clima la Chiesa “condivide le gioie, le tristezze, le angosce degli uomini di oggi, dei poveri soprattutto e di coloro che soffrono. Nulla c’è di genuinamente umano che non trovi eco nel cuore dei discepoli di Cristo” (G et Sp).
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In questo clima mondiale e con questi sentimenti la Chiesa si accinge a cominciare un nuovo anno liturgico come segno e profezia di speranza.
L’attesa è la trama della vita. La storia dell’umanità è segnata e animata da speranze che spesso si sono rivelate vere utopie. Per citarne alcune: hanno suscitato speranza di giustizia Marx, Hitler, perfino Mussolini; Napoleone è addirittura celebrato come il genio della guerra e milioni di persone hanno creduto in questi falsi profeti.
“Un tempo voi eravate senza Cristo, estranei alle promesse, senza speranza e senza Dio in questo mondo” (Ef 2,12), diceva San Paolo ai suoi tempi. Cristo è la garanzia di ogni speranza. Capisco che chi ascolta la Parola di Dio su questo argomento rischi smarrimento e per questo è necessario, in questo tempo di Avvento, precisare qual è la speranza con cui la Chiesa affronta la storia di oggi, entra nella storia contemporanea.
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Per riconoscere la fisionomia della speranza non serve mobilitare la fantasia; è indispensabile far riferimento all’unico “memoriale” possibile: Cristo morto e risorto. È inutile parlare di speranza al di fuori della luce della Pasqua. La Croce mantiene l’uomo sulle strade della terra e ridesta nell’uomo la fedeltà insieme all’impazienza. In questo modo la speranza è “il vigore e il tormento della storia” e la storia non è altro che il lento trasformarsi dell’uomo e della terra che trova la sua pienezza nel Cristo risorto.
Alcuni pensano che la speranza non possa compiersi senza un destino tragico; altri la confondono con una forma di ottimismo prolungato indefinitamente. La speranza è fatta di lunghe pazienze. Rassomiglia più ad un combattimento, ad una fatica continuamente ricominciata che ad una festa “senza fine”.
Come vivere la speranza cristiana? Con nel cuore la certezza della vittoria del bene che è Cristo: “Occhio non vide, orecchio non udì cosa ha prearato Dio per coloro che lo temono”. Il bene vincerà. Satana, che ha perduto sempre, perderà ancora. Ma nello stesso tempo la Chiesa deve mettere in cantiere la speranza che consente all’uomo di prendere possesso dell’universo e di dargli il giusto orientamento. Realizzare la “Città di Dio”. La politica, che è la prima forma di carità, deve fare la sua parte e ciascuno, nel suo piccolo, collaborare con Dio attraverso la preghiera alla lotta contro il demonio.
La Chiesa potrà essere “Profeta di Speranza” collaborando con la preghiera e il sacrificio alla vittoria di Cristo sul demonio, la vittoria del vangelo sui principi del mondo. La speranza cristiana è impegnativa, ma con la certezza che non è un’utopia e che non sarà smentita dal tempo.