Tornare al Signore
Giunti alla quarta domenica di Quaresima la liturgia è illuminata dal segno della gioia. Ovviamente della gioia cristiana, quella dei pellegrini che vedono da lontano il termine di un lungo viaggio: “Quale gioia quando mi dissero: – Andremo alla casa del Signore!-”, la gioia di coloro che si avvicinano al Signore.
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Nella prima lettura ci viene presentata la gioia della prima Pasqua celebrata dai giudei arrivati a Galgala, il primo accampamento dopo la dipartita dall’Egitto. Quella Pasqua è quindi piena di significato: la fine della schiavitù, la gioia di entrare nella Terra Santa, dove ormai Dio risiede. Gerusalemme è ancora lontana, ma si avvicina. Sorgente di gioia che rilancia il cammino. Il nuovo Giosuè è Gesù che ci fa passare con il battesimo, seguendo le parole dell’Alleanza e attraverso l’Eucarestia ci permette di gustare i “beni del regno” che, attraverso l’Eucarestia, per sua grazia ci offre.
La dimensione drammatica della parabola del figliol prodigo è nell’incapacità del figlio maggiore di sedersi a tavola col fratello. Cosi viene raffigurata la situazione del Giudaismo e dell’Islam che in certi aspetti sono simili, perché fondati su sistemi essenzialmente legali, fondati sulla logica dei rapporti contrattuali. Gesù ha cambiato tutto. San Paolo ha compiuto un atto rivoluzionario di rinnovamento: il tentativo di sostituire il rapporto “debito-crediti” con la dialettica della grazia e della fede, di sostituire la religione delle regole con la religione dell’amore.
“Amatevi l’un l’altro come io ho amato voi”: questo è l’unico comandamento di Gesù che esula totalmente da un sistema di ordini e divieti, da una rigida separazione tra ciò che è “puro” e ciò che è “impuro”. E’ un fatto rivoluzionario, anche perché si fonda esclusivamente sull’amore di Dio che è naturalmente “impenetrabile” e “irrazionale”, perché trascende la logica del diritto, è “folle”, e non può essere compreso dalla ragione, ma solo e unicamente dall’amore. La ragione (soprattutto la ragione del legalismo religioso) non è “compatibile” con Dio. Solo l’amore, che è per sua natura “carisma”, un dono della grazia, è compatibile con l’Amore. Per la ragione della legge questa è una follia.
Ecco perché, leggendo la parabola del figlio prodigo senza spirito buonista, ma pensando che è stata rivolta a noi, a te, si resta sconvolti e si pensa ad una utopia ed è facile schierarsi col fratello maggiore.
Aveva ragione San Tommaso quando diceva che ci sono molti cristiani “dell’Antico Testamento” e aggiungerei, su questo punto, oppure musulmani. Ci sono persone oneste che vogliono capire Dio, comprenderlo, svelare il suo mistero. Esistono però due vie radicalmente opposte per arrivare a capire Dio.
La via della conoscenza di Dio, nel senso di cercare di svelare il suo mistero, di raggiungere in prima persona la certezza di poter arrivare a decidere cos’è il bene e cos’è il male, oppure l’altra via: “essere come Dio”, imitando con le nostre stesse azioni la folle logica dell’amore che è piena di paradossi. La prima è quella indicata da Satana ad Adamo nel Paradiso terrestre (“Sarete come Dio, conoscendo il bene e il male”), l’altra è quella indicata da Gesù: “Siate come il Padre mio celeste che fa brillare il sole e fa cadere la pioggia sul buono o sul cattivo”. Questa seconda via “folle”, perché poteva portare difficilmente ad una via diversa dalla croce, è ben compresa dal Padre, che la spinge al punto estremo: dobbiamo essere folli in Dio. La causa folle di Dio è più forte degli uomini.
La logica divina è completamente diversa dalla logica umana e l’uomo può sperimentarla come paradosso. Di paradossi sono piene le parabole di Gesù e la teologia della Croce, della fede e della Grazia.
I due misteri principali della nostra fede sono l’Incarnazione e la Croce: il Dio nella mangiatoia e Dio sulla Croce. Per capire Dio bisogna prima fidarsi di Lui, fare quello che ci dice e poi misteriosamente ci troviamo nella convinzione che Lui ha ragione. Questa è la fede. Non può credere alla Resurrezione di Cristo se non colui che ha lasciato entrare questo evento con la sua forza di trasformazione nella sua vita, nella sua totalità, non basta soltanto inserirlo tra le nostre conoscenze sui celebri eventi di un lontano passato.
Per capire il messaggio della Parabola che oggi Gesù ci ha raccontato è necessario cominciare ad imitare il Padre nel Suo immenso amore verso tutti, per poter accogliere i fratelli e sedere a mensa con loro per far festa: è la Pasqua.