mons. Giuseppe Mani – Commento al Vangelo di domenica 26 Marzo 2023

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La resurrezione di Lazzaro

La Scrittura ci riporta la reazione di coloro che avevano assistito alla resurrezione di Lazzaro “Essi credettero in Lui”. Eppure avevano ascoltato le Scritture, avevano avuto i profeti. L’affermazione ci stupisce: avevano ancora bisogno di questo per credere? Non avevano l’esperienza del popolo di Israele? Delle gesta di David, dei profeti, la liberazione del popolo dalla schiavitù? Sì. Ma bisognava che capissero che Dio non è Dio del passato, ma che agisce anche oggi.

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Come noi facilmente diciamo: i santi agivano così, come se la sorgente della santità fosse chiusa e il tempo dei santi passato. Bisogna unire il Dio della Bibbia e quello di Gesù. Il testo dice che la morte di Lazzaro era “per la gloria di Dio”, “perché attraverso di essa Dio sia glorificato”. Alla fine, si percepisce che ciò che dona gloria a Dio e a Gesù è la fede degli uomini. In effetti solo la fede e la totale fiducia riconosce Dio per ciò che è. La fiducia non è totale se non riconosce l’intervento liberatore di Dio nel mondo.

Gesù, si sa bene, rivela pienamente ciò che era fin dall’inizio, cioè che Dio lavora l’umanità come il fermento lavora la pasta, in segreto, ed è per questo che la Bibbia è piena di parole come morte e vita, luce e tenebre…; la gloria viene fuori, si libera. Anche la preghiera di Gesù ricopia certi salmi. Sono le parole dell’Esodo, della liberazione pasquale.

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Questo ci indica che la resurrezione di Lazzaro non è un aneddoto miracoloso “puntuale”, ma descrive l’avventura di ogni uomo, di tutti gli uomini. Ci ricorda la nostra avventura. Le prime due letture ci parlano di morte e di tutto ciò che la prepara e l’accompagna dinanzi al Dio che si presenta come il Dio della vita e della resurrezione, e noi dobbiamo diventare credenti, cioè passare dalla paura alla fede. Tommaso, al versetto 16, inverte il cammino di Cristo verso la vita di Lazzaro con quello della morte di Cristo, a cui sarebbe andato incontro tornando a Gerusalemme. Ma dice parole essenziali: sceglie di andare “con Lui” verso la morte, ignorando ancora che invece il viaggio sarà un cammino verso la vita.

È chiaro che la resurrezione di Lazzaro non è che un segno di quella di Cristo. È chiaro che il suo ritorno alla vita sarebbe stato provvisorio. Lazzaro dovrà ancora morire mentre Gesù risuscita alla vita di Dio. Il testo vuol dirci che la nostra resurrezione finale è preceduta da tante resurrezioni che l’annunciano e la rappresentano. Tutte le ripartenze, il rinnovarsi, tutte le irruzioni del nuovo nella nostra vita. La rinascita “dall’acqua e dallo Spirito” non si fa in una sola volta, ma ogni volta che si rompono i legami col passato morto che ci paralizza. Dio è tutti i giorni il Dio della liberazione. È per noi che ha detto: “Io sono la resurrezione e la vita”.

Il testo di oggi è pieno di contrasti: c’è un Gesù che sa tutto e che parlando viene a sapere che l’amico Lazzaro è malato, ama Lazzaro e lo lascia morire. Forte il contrasto tra Colui che è la resurrezione e la vita e la sua emozione, le sue lacrime. Ancora una volta Dio si mostra nel Cristo vulnerabile all’uomo, attento a ciò che accade all’uomo. Non autore della morte, ma sofferente della nostra morte. Non finiremo mai di scoprire la tenerezza di Dio. Ma potrà esserci tenerezza nell’uomo se non scopre la tenerezza di Dio?

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