Verso Gerusalemme
Terminate le grandi celebrazioni pasquali, la chiesa ci invita a metterci alla sequela di Gesù e fino al 30 novembre lo seguiremo, domenica per domenica, condotti dall’evangelista Luca, nel cammino verso Gerusalemme.
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Colpisce l’atteggiamento di Gesù che si mette in viaggio verso Gerusalemme dove sa bene cosa lo attende. Luca sottolinea che non era per niente allegro, ma anzi “indurì il suo volto”. Altri traducono: “Prese la ferma decisone di mettersi in cammino”. Il volto ci rivela un Gesù tutto preso dalla sua missione, quella che aveva udito dal Padre e che doveva portare a termine. La volontà del Padre è sempre una cosa impegnativa per tutti e non può essere mai presa alla leggera.
Il suo viaggio era un’occasione di evangelizzazione e doveva essere preparato. Per questo manda due discepoli a sondare il terreno. Ma le cose si mettono male fin dall’inizio: i samaritani non vogliono accoglierlo. Interessante la reazione degli apostoli Giacomo e Giovanni, proprio quelli che desideravano i primi posti nel suo regno: “sterminare coloro che non ti ricevono con una pioggia di fuoco”. È la reazione più naturale di due dipendenti che conoscono la forza del loro padrone: “Ogni potere mi è stato dato in cielo e sulla terra”; ed è stata nei secoli la reazione di tanti che hanno fatto l’esperienza del rifiuto del Vangelo. È anche la nostra naturale reazione per risolvere i problemi: far morire il nemico o almeno spaventarlo con la forza.
La risposta di Gesù fu chiara: “si voltò e li rimproverò”. Lezione fondamentale per tutti gli evangelizzatori: il Vangelo è sempre proposta, mai imposizione. Più tardi Gesù preciserà che lui “sta alla porta e bussa” e aspetta che venga aperta la porta. In caso negativo non si abbatte la porta per entrare ma, come fecero loro, “si avviarono verso un altro villaggio”. Il mondo è grande e le attese del Vangelo numerose; non c’è tempo da perdere con chi non apre la porta, ma si va da chi, con gentilezza, invita a entrare.
C’è una differenza fondamentale tra la propaganda e l’evangelizzazione, tra la conversione e il proselitismo. Gesù non lascia spazio a nessuna forma di propaganda per convincere, sembra particolarmente preoccupato della pubblicità. Rimasi colpito dalla risposta che diede il neoeletto preposito generale P. Kolvembak circa il suo primo impegno come superiore di tutti i gesuiti: “Farò di tutto perché la stampa non parli mai né di me né della Compagnia di Gesù”. Siamo agli antipodi del mondo dove “se non ti vedono, non esisti!”.
La prima lezione di pastorale di Gesù fu molto dura, ma anche la sua attività vocazionale non ebbe grandi risultati, anzi direi che fu fallimentare. Nessuno dei tre che si presentarono fu accolto nel gruppo dei suoi, le condizioni erano dure: “Il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”; “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti”; “Nessuno che ha messo mano all’aratro e si volge indietro, è adatto per il Regno di Dio”.
Gesù va verso Gerusalemme ed è in questo contesto che invita a fare le scelte coloro che vogliono seguirlo.
Il volto di Gesù ci fa vedere come la nostra intelligenza è ottusa, semplicemente perché la nostra volontà ha i suoi desideri e le sue priorità che si oppongono a quelle di Gesù.
In questo brano emergono le resistenze che il discepolo pone al suo Signore.
Per seguire Gesù è necessaria una decisione che rompa con l’immagine della madre (il mondo dei bisogni e delle sicurezze materiali), con quella del padre (il mondo degli affetti, dei doveri e dei rapporti) e con i condizionamenti dell’io (sicurezza del solco e della propria identità da conservare). Più che le tre esigenze che il Signore ha verso chi vuol seguirlo, sono i tre doni che il Maestro fa al discepolo: la libertà dalle cose, dalle persone, dall’io, per amare Lui con tutto il cuore.