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mons. Giuseppe Mani – Commento al Vangelo di domenica 26 Gennaio 2025

Domenica 22 Dicembre 2024 - IV DOMENICA DI AVVENTO - ANNO C
Commento al brano del Vangelo di: Lc 1, 39-45

Gesù e la Parola

Entriamo nella Sinagoga di Nazareth e assistiamo ad una scena unica: Gesù dinanzi alla Parola di Dio, Gesù dinanzi a sé stesso. È quanto avviene ogni domenica nelle nostre parrocchie: la Chiesa dinanzi al suo Dio per ascoltarlo, lasciar risuonare la sua Parola e parteciparla agli altri.

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L’evangelista Luca vuol rassicurarci fin dall’inizio dell’autenticità del suo messaggio dicendoci di aver intervistato i testimoni oculari “degli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi”. Peccato che non ne faccia i nomi! Sarebbe stato interessante sapere da chi ha saputo i “segreti che Maria portava nel suo cuore”. La nostra fede si fonda sulla loro testimonianza. Sono loro che hanno visto Gesù morto e risorto, fondamento della nostra fede. Luca ha conosciuto personalmente gli apostoli, i testimoni oculari, oltre che aver respirato il clima paolino. Una situazione, la sua, veramente invidiabile.

Gesù è nella sinagoga del suo paese nel giorno del Signore. Ha davanti a sé il rotolo del libro che si leggeva quel giorno: Isaia. Quel libro parla di Lui, della Sua missione. Avrei voluto essere tra i suoi compaesani quella mattina per vederlo, per imparare come si legge la Parola di Dio, come si commenta. Lo stupore di tutti, che “il figlio di Giuseppe” parlasse così, si trasformò nel desiderio di vedere anche i segni che aveva fatto altrove, ma Gesù non fece alcun segno al suo paese, doveva bastare la fede. Lo cacciarono minacciando di ucciderlo.

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Lasciamo perdere come andò a finire e soffermiamoci su Gesù che annuncia la Parola di Suo Padre, proclama il suo mistero.

Abbiamo anche noi nella Bibbia il rotolo che aveva davanti Gesù: è la Parola di Dio. Come conteneva la vita di Gesù, contiene anche la nostra, facciamo parte di quel popolo che Dio ha condotto attraverso il deserto e di quella folla che seguiva Gesù. Attraverso di essa siamo direttamente interpellati. Il terribile compito del sacerdote è quello di essere mediatore tra la Parola e l’ascoltatore ma la responsabilità è di colui che ascolta.

Una persona, che nella vita ha conosciuto il dolore attraverso prove pesantissime, mi confidava che ogni anno rilegge il libro di Giobbe, dove ritrova la sua storia e trova la sua consolazione nella fede. Dio parla a tutti per parlare di ciascuno e ci presenta nei personaggi del popolo la fattispecie della nostra storia e il modo con cui dobbiamo reagire.

Diventati fratelli in Cristo e fratelli di Cristo, Lui stesso rivive il suo mistero in noi continuando la sua opera di salvezza. Direbbe Paolo: “Per compiere in noi stessi ciò che manca alla passione di Cristo”. Per questo la conclusione della lettura col nostro “Amen” esprime l’impegno a realizzare quella Parola in modo da poter dire: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”. E’ il miracolo che il mondo attende: la Parola di Dio realizzata. Se la Parola non “si compie” rimane come la musica nello spartito e non viene eseguita.

Come a Gesù, anche a noi, uscendo dalla Messa domenicale, gli uomini chiedono i miracoli. Sta a noi, rispondere come Gesù, offrendo il miracolo di Giona, quello della morte e resurrezione delle nostre giornate.

Fonte

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