Verso Emmaus
“il qui pro quo” dei due di Emmaus farebbe sorridere se l’itinerario di Emmaus non riconducesse al dono della fede e alle condizioni sacramentali di questo dono. Gesù è presentato come “il solo a Gerusalemme che non conosca gli avvenimenti di quei giorni” dei quali i due fanno una relazione esatta. Si tratta di ciò che è successo, visto dai loro occhi di carne.
Cleopa e l’altro discepolo hanno visto gli avvenimenti di Gerusalemme. Morte del Maestro, l’oscuramento del sole alla sesta ora, … ma non hanno visto la realtà profonda di quegli avvenimenti. Nella storia della salvezza il vero non coincide sempre con l’esatto. Gli eventi pasquali ci fanno passare dalla contemplazione della superfice alla grandezza dell’oceano, alla profondità di esso; la superfice agli occhi della carne e la profondità agli occhi della fede.
All’inizio dell’itinerario di Emmaus i due discepoli sono ciechi, dice San Luca: vedono e non vedono. “Non riconobbero Gesù”. Allora il Signore si occupa di aprire i loro occhi. Gesù non li rimprovera per la poca commozione dinanzi alla morte che Cristo avrebbe accettato, ma al contrario ciò che mette in causa è “il loro cuore lento a credere ciò che hanno detto i profeti” e soprattutto il riferimento al mistero di Gesù: “Non bisognava che il Messia soffrisse tutto questo per entrare nella sua gloria?”. Gesù rimprovera a questi due di non aver creduto alle testimonianze che potevano cambiare il loro sguardo. Dovevano passare dagli avvenimenti della sofferenza agli avvenimenti della gloria.
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Mentre i discepoli hanno davanti agli occhi soltanto la Passione, Gesù fa scoprire agli occhi di fede un altro evento: la Resurrezione. Ma attraverso un terzo mezzo: “la frazione del pane”. Non poteva essere manifestato meglio Gesù, “il solo di tutti quelli che erano a Gerusalemme” a conoscere alla perfezione tutti gli eventi del giorno di Pasqua. Gesù aggiunge un evento autentico al giorno di Pasqua che collega la Pasqua ai giorni precedenti per formare come un solido mistero pasquale. Questo evento è l’Eucarestia inaugurata la sera precedente alla passione.
L’insufficienza provvidenziale di Cleopa e del suo compagno, come l’esperienza di Tommaso, sono serviti al perfezionamento della nostra fede. Sarebbero anche potuti essere come le donne, riconoscendo immediatamente la Resurrezione del Signore, invece sono passati attraverso il Venerdì Santo, grazie a quella domenica di Pasqua. “Non bisognava che il Messia soffrisse tutto questo per entrare nella sua Gloria?”. Noi non abbiamo le apparizioni, perché i primi testimoni sono morti da tempo. Certamente possiamo ricorrere alle testimonianze del Vangelo, ma come i due di Emmaus. Abbiamo bisogno di Gesù che venga a spiegare. Senza l’omelia del Signore stesso la Scrittura può rimanere inefficace. Il Cristo solo ha il potere di aprire i cuori al dono della fede. Questo perché gli eventi del mattino di Pasqua illuminano gli eventi della Passione che avevano ancora bisogno dell’Eucarestia, affinché i misteri di Gesù potessero essere accolti nel cuore profondo di tutta la Chiesa e di ciascun cristiano di generazione in generazione.
Alla frazione del pane, dice Luca, i loro occhi si aprirono e lo riconobbero, ma Egli sparì al loro sguardo. Sparì agli occhi della carne, ma rimase presente a quelli della fede, cioè nel cuore. Ringraziamo Dio per il dono dell’Eucarestia e chiediamo la grazia di accettare che il Cristo in persona abbia voluto legare di un legame indissolubile la comprensione e l’efficacia della sua morte e della sua Resurrezione alla celebrazione dei “Santi Misteri” della Messa della sua unica Chiesa.
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