Amate i vostri nemici
Abbiamo ascoltato nella prima lettura la narrazione di David che, trovandosi nella situazione di poter uccidere Saul che voleva la sua morte, non lo uccide e dimostra di averlo risparmiato restituendogli la lancia che gli aveva sottratto mentre dormiva. Nel vangelo Gesù fa l’annuncio più sconcertante della sua morale: “Amate i vostri nemici. Fate del bene a coloro che vi odiano”.
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L’amore per i nemici è il nodo dell’insegnamento nuovo. Anche la regola d’oro (“Fate agli altri ciò che vorreste fosse fatto a voi”) è comune ai precetti del Talmud di Babilonia. Sull’amore dei nemici non c’è nessun parallelo, nessuna somiglianza con i contemporanei di Gesù. Era inaudito quello che Gesù aveva detto. Ma come capire e soprattutto praticare queste prescrizioni?
A prima vista si legge la pericope di oggi alla luce della conclusione stessa: “Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro”, cioè siate come Dio. Ma come era Dio? Sul Sinai aveva detto: “Siate santi, perché io sono santo” e poteva essere interpretato in maniera esteriore, siate separati perché io sono separato. San Paolo ha molto parlato di questa separazione operata dalla Legge, ma che non è sufficiente per giustificare.
Nel suo discorso inaugurale Gesù dà un contenuto a questa santità cambiandola dal punto di vista della misericordia del Padre. Misericordia di Padre più che di giudice. Misericordia medicinale più che giudiziale. Misericordia sovrabbondante: “Date e vi sarà dato; una buona misura pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio” (Lc 6,38). Quella sovrabbondanza del dono è il perdono.
L’amore dei nemici è una espressione di questa sovrabbondanza della carità divina che non cerca il suo interesse. Queste parole “amate i vostri nemici, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano” crearono una reazione pesante tra gli uditori che rimasero sconvolti e presero le distanze e che più tardi reagirono, dicendo: “Questa parola è dura. Chi può ascoltarla?” (Gv 6,60). Di fatto questo insegnamento appare duro se lo si separa dalla vita di chi lo ha detto. Di fatto Gesù si lascia arrestare nel giardino del Getzemani, si lascia liberamente condannare, flagellare. Consente alla sua crocifissione. Tutto diventa epifania di questo insegnamento così difficile, ma chiaro nel mistero pasquale che diventa l’icona della misericordia del Padre. L’amore per i nemici incarnato.
La Passione aiuta a fissare il nostro sguardo interiore su questa misericordia di Dio. Nello sguardo sul primo dei discepoli che sta per tradirlo. La sguardo che suscita il pentimento e le lacrime in Pietro. Sulla Croce invoca il perdono del Padre sui suoi crocifissori e apre le porte del paradiso al suo prossimo.
Come dubitare di questa misericordia resa visibile?
Anche per noi l’amore dei nemici non è connaturale. I nemici si odiano, non si amano, altrimenti che nemici sono? Eppure nella fede pasquale l’esperienza di Cristo che perdona è proclamata dai tanti martiri di tutti i tempi, che con la loro vita hanno proclamato la verità dell’affermazione di Cristo e la possibilità di attuare il suo insegnamento. Penso al Card. Van Tuan che durante la sua durissima prigionia non soltanto era riuscito a perdonare i suoi carcerieri, ma anche a far loro del bene. Lo stesso comportamento con i loro carcerieri lo hanno tenuto.