Il ritorno del padrone
Tutte le parabole del cap. 25 di San Matteo parlano della vita umana nel tempo dell’assenza. Lo sposo non è là e tarda a venire mentre si addormentano. Nella storia dei talenti il maestro è partito e non torna che dopo molto tempo. Durante la sua assenza i giovani sono liberi. Così siamo nel mondo Dio non si vede ed ha rimesso tutto nelle nostre mani. Sappiamo che Cristo tornerà ma non abbiamo che la sua Parola per certificare questa verità. Una parola lontana nel tempo, ripetuta dalla chiesa.
Fermiamoci sul caso del terzo uomo, quello che nascose i talenti : “sapevo che sei un uomo duro e che vuoi raccogliere anche dove non hai seminato….. “ Ecco il Dio avaro, il Dio che possiede gelosamente. E’ Dio che ha presentato il serpente nel paradiso terrestre, il contrario di Cristo presentato da San Paolo in Filippesi “Non ritenne gelosamente di essere come Dio”. Ecco Dio nemico dell’uomo, nemico della vita, Dio che punisce chi sbaglia e che spreme come un limone; un Dio fiscale.
E’ l’immagine contraria di Dio al negativo, come la presenta il principe della menzogna. La menzogna consiste nel farci vedere Dio sotto l’aspetto dell’avversario, dell’accusatore, del mentitore, rovina dell’uomo, radice del peccato contrario alla fede.. E’ così che Dio non può non conformarsi che all’immagine che ci si è fatta di lui.. “Volete un Dio di giustizia- diceva Tanta Teresa di Gesù Bambino- e avrete un Dio di giustizia”. “Non poté fare alcun miracolo” (Mc 6,5)
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Fede e fecondità. I due primi servitori sono qualificati “buoni e fedeli”, il terzo è “fannullone e cattivo”. Ma questi aggettivi non rappresentano che la parte emergente dell’iceberg. I primi sono buoni e fedeli perché credono nella bontà del maestro. Il terzo è cattivo e fannullone perché crede nella cattiveria doppiezza del maestro (vuol raccogliere dove non ha seminato).
E’ dunque la fede e la sua mancanza che sono in questione. La fede è risposta umana alla fedeltà di Dio. Così nasce un’alleanza il cui frutto è la fecondità: i talenti producono altri talenti. Si vede così il disegno di Dio: che l’uomo produca dei frutti e li produca in abbondanza. Dio è sorgente di vita, di vitalità. Si fa parola-seme e pane-vivificante. Se non guardiamo Dio così ci fabbrichiamo un idolo oppressivo ad immagine del mentitore. Noi viviamo sotto il regime dell’assenza di Dio, per gli occhi, ma è percepibile attraverso la nostra fecondità.
La fecondità senza credere in Dio. Ci sono uomini che portano frutti autentici senza credere in Dio. Non esiste soltanto la fede esplicita e la parola Dio è un nome che può ricoprire altre immagini. Credere alla vita è già credere in Dio. Ma ci sono anche uomini che moltiplicano i talenti per se stessi. Ci sono dei frutti malati e velenosi nella situazione che “non ama per Dio” (Lc 14,16-21)
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