mons. Giuseppe Mani – Commento al Vangelo di domenica 19 Marzo 2023

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La Luce

La creazione della luce è il primo atto della creazione per far uscire il mondo dal caos. La separazione della luce dalle tenebre permette di contare i giorni. Così appare il numero e la ragione comincia ad investire e a differenziare. La luce e le tenebre fanno già due. Ma queste due non sono della stessa qualità come lo sono il primo e il secondo giorno. Le tenebre in effetti mantengono quello che è legato al caos. La luce respinge le tenebre e le circoscrive dandogli un contorno. Il caos, avendo un posto assegnato, non è più il tutto, ma la notte resta il tempo in cui nessuno può agire.

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Quando Gesù si dichiara luce del mondo ci rimanda all’inizio e si presenta come Colui che dona al mondo la sua intelligibilità. Il Verbo è la Parola intelligibile e produttrice d’intelligenza che permette di “ritrovarsi”, Colui che dice: “Chi mi segue non cammina nelle tenebre”. Più che di scienza si tratta di intelligenza, cioè dell’arte di prendere l’atteggiamento giusto dinanzi alle cose e agli uomini. Si tratta della verità e della giustizia delle relazioni con le cose e gli uomini. Il Cristo ci permette di dare senso agli esseri, alle situazioni e di camminare in questo senso.

L’avventura del cieco nato è evidentemente tipica di tutta l’avventura umana. Ogni uomo è cieco dalla nascita, perché il suo inizio lo fa sorgere dal caos e anche dal niente. La nostra storia è quella di emergere verso la luce, verso la perfetta statura di Cristo “Adulto”. Il Cristo ci attira a sé, là dove Egli è e verso ciò che Egli è. Questo è un modo per dire la nostra creazione in divenire. La luce della fine, il Cristo (verso cui andiamo) è anche la luce dell’inizio (il Cristo per il quale noi esistiamo). Il Cristo luce non sta all’esterno delle nostre tenebre. È all’inizio, alla fine e al centro. Sorge dal seno delle nostre stesse tenebre. Nasce dalla posterità di Davide (seconda lettura). Attraversa dunque con noi la nostra oscurità che culmina con la nostra morte. È nel cuore della nostra notte che possiamo veder sorgere la luce e camminare verso di essa. Il nostro volto, il nostro male confrontato alla luce e illuminato da essa può diventare luce.

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Cosa vuol dire: “Sono venuto, perché coloro che vedono diventino ciechi”? Si può tradurre: “Perché coloro che credono di vedere prendano coscienza della loro cecità”. I farisei, che persistono nel credere nella loro buona vista, rifiutano questa rivelazione. Così rimangono nel loro peccato e nella loro oscurità. Prendere coscienza delle nostre tenebre ci fa entrare nella luce. Traducendo: la salvezza portata da Cristo ci fa prendere coscienza della nostra condizione di peccatori votati alla morte. Se noi accogliamo questa luce su noi stessi, accediamo alla vita e alla giustizia.

Gesù dirà: “Beati coloro che credono dopo aver veduto, ma più beati coloro che credono senza vedere”. La fede è anche tenebra. Dio, che riempie l’universo, appare, ma anche si nasconde, in particolare nell’uomo Gesù. E Gesù a sua volta, anche se è apparso è scomparso dai nostri occhi, per riconoscerlo non abbiamo sotto gli occhi che una comunità, la Chiesa che a sua volta è luce e tenebra. Ma attraverso lo Spirito possiamo trovare là la luce. “Beati coloro che credono senza vedere!” Straordinario capovolgimento: questo credere senza vedere ci fa vedere meglio che la vista: “Io sono venuto perché coloro che non vedono, vedano”.

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